COSE DELL’ALTRO MONDO
Regia: Francesco Patierno
Lettura del film di: Andrea Fagioli
Titolo del film: COSE DELL’ALTRO MONDO
Titolo originale: COSE DELL’ALTRO MONDO
Cast: regia: Francesco Patierno – scenegg.: Diego De Silva, Giovanna Kock, Francesco Patierno; liberamente ispirato a «A day without a mexican» – fotogr.: Mauro Marchetti – mont.: Cecilia Zanuso – mus.: Simone Scristicchi – scenogr.: Tonino Zera – cost.: Eva Coen – interpr. princ.: Diego Abatantuono (Golfetto), Valerio Mastandrea (Ariele), Valentina Lodovini (Laura), Sandra Collodel (Marta), Grazia Schiavo (Giornalista tg), Maurizio Donadoni (Sindaco), Vitaliano Trevisan (Tassista), Riccardo Bergo (Otello), Sergio Bustric (Mago Magic), Fulvio Molena (Questore), Laura Efrikian (Signora Verderame) – durata: 90’– colore – produz.: Marco Piccioni, Marco Valsania per Rodeo Drive in collaborazione con Medusa Film e Sky Cinema – film riconosciuto di interesse culturale dalla Direzione Cinema del MiBAC – origine: Italia, 2011 – distribuz.: Medusa (3.9.2011)
Sceneggiatura: Diego De Silva, Giovanna Kock, Francesco Patierno
Nazione: ITALIA
Anno: 2011
Presentato: 68. Mostra Internazionale d'Arte Cinematografica di Venezia - 2011 – CONTROCAMPO ITALIANO
LA VICENDA. In una cittadina del Veneto vive una numerosa comunità di stranieri, quasi tutti in regola e decisamente ben integrati: dagli operai alle badanti, dagli alunni alle prostitute (quest’ultime magari non in regola, ma integrate sì). Uno degli industriali del posto, tale Mariso Golfetto, oltre a condurre una fabbrica con numerosi extracomunitari alle dipendenze, si diverte a mettere quotidianamente in scena, sulla propria tv locale, un teatrino razzista con insulti d’ogni genere fino ad invocare uno «tsunami purificatore» (testualmente lo chiama «sunami») che si porti via gli immigrati. Parallelamente, Ariele Verderame, poliziotto da molti anni trapiantato a Roma (ma originario del Veneto dove ancora vive l’anziana madre accudita da una premurosa badante straniera), cerca di ricucire la relazione con l’ex fidanzata, Laura, un’insegnante elementare nel frattempo rimasta incinta del nuovo compagno, uno straniero di colore, dipendente della ditta di Golfetto. Ma una notte, dopo una sorta di violento temporale (lo «tsunami purificatore»?), tutti gli stranieri scompaiono e di fatto, dal mattino dopo, la vita si ferma. E non solo nella cittadina del Nord Est, ma in tutta Italia. Le fabbriche chiudono, le classi scolastiche si dimezzano, in molti non possono andare al lavoro per badare agli anziani…. I Tg seguono l’evolversi della situazione dando notizie di tutti i problemi che si sono venuti a creare con la scomparsa degli stranieri: dagli ospedali che non sono più in grado di far fronte alle urgenze, ai pescherecci che rimangono in porto. Gli stessi notiziari danno conto degli incidenti sul lavoro causati dagli improvvisati lavoratori italiani chiamati a sostituire gli stranieri ed anche dell’incidente causato da un minorenne alla guida di un furgone per il trasporto degli animali. Si fa il possibile per far tornare gli stranieri, si ricorre anche ad un mago, ma non sembra esserci niente da fare, a parte la ricomparsa di Palla, il coniglio della scuola, che era stato affidato per un giorno ad una alunna di colore. Non rimane che, come fa Golfetto, di mettersi in viaggio per andare a ricercarli in Africa.
IL RACCONTO. Il film, realizzato con un lungo flashback, inizia con il ragazzino minorenne alla guida del furgone per il trasporto degli animali. Si vede chiaramente dalla tappezzeria e dalle calcomanie che si tratta del furgone di un extracomunitario. Ad un certo punto, per scansare un cane, l’automezzo finisce fuori strada provocando l’apertura del portellone posteriore dal quale fugge un toro. A questo punto le immagini diventano meno nitide (più che amatoriali, si potrebbe dire) e ci mostrano il panico tra la gente provocato dal toro al galoppo nel bel mezzo di un mercato rionale. Ad un certo punto il toro si ferma. Di fronte a lui Golfetto con un fucile di precisione. Parte lo sparo. Il regista non ci fa vedere gli effetti, ma si presume che il toro sia stato abbattuto. Poi, dopo la didascalia «Qualche tempo prima», inizia la grossa parte centrale (durante la quale rivedremo anche la scena del toro e del fucile e vedremo che il colpo era a salve). Lo stesso ragazzo alla guida dello stesso furgone, dopo un’altra didascalia, «Qualche tempo dopo», chiuderà il film. Ma questa volta anziché il toro nel retro, accanto a lui sul sedile del furgone c’è Mariso Golfetto. «Quanto manca a Nairobi», domanda il ragazzino. «Svegliami quando vedi le dune», risponde l’industriale, mentre le immagini esterne ci vanno vedere che siamo ancora in Italia, probabilmente appena all’uscita dalla cittadina veneta.
Il lungo flashback inizia con Ariele (nome «impossibile» quanto Mariso, nonostante il primo sia addirittura di origine biblica) all’arrivo all’aeroporto dove, nel bagno, dà vita alla prima scena comica indicando, di fatto, che il film si muoverà sul duplice piano dell’immaginario (l’immagini non nitide della sequenza del toro in fuga) e del comico. E lo farà narrando in parallelo due storie. Infatti, subito dopo la scena dell’aeroporto, il regista ci propone Mariso al telefono mentre parla con toni affettuosi con una donna che sentiamo chiamare «Ciccia». Scopriremo dopo che si tratta di una prostituta di colore, che ritroveremo in macchina con Mariso in effusioni amorose anziché in scene di sesso. Il loro rapporto rappresenta un elemento importante del film. Mariso in tv inveisce contro la prostituzione delle donne africane, ma poi, di una di esse, è forse persino innamorato. In ogni caso, l’elemento fondamentale resta la favola, una favola moderna venata di umorismo. Una volta spariti tutti gli stranieri, a scuola ci si chiede che fine hanno fatto i compagni non italiani, compresa la ragazzina nera a cui era stato affidato il coniglio mascotte della classe. Le fabbriche, come detto, si fermano. Gli anziani rimangono senza accompagnamento e vengono ammanettati. Resta vuota persino la sacrestia dove il giovane parroco si intuisce abbia dato ospitalità a numerosi immigrati (questi sicuramente clandestini). Ma solo dopo lo spettacolo di un mago (Mago Magic) sul fiume del paese, da un cunicolo dove i ragazzi avevano cercato la compagna di classe, spunta vivo e vegeto il coniglio Palla. Intanto Laura, che solo verso la fine scopriamo essere la figlia di Mariso, si riavvicina ad Ariele, disposto a crescere il figlio mulatto, che poi non sarà altro che il nipote di Mariso, ancora ignaro di chi sia il padre. Da qui la battuta della moglie: «Pensa a quando ti chiamerà nonno!». Ma intanto gli stranieri non tornano e Mariso si mette in viaggio.
«Cose dell’altro mondo», quindi, intese come cose del mondo degli stranieri oppure come cose senza senso, follie: quelle che ad esempio urla Mariso in tv e che vengono puntualmente contraddette non solo dai fatti, ma dai suoi stessi sentimenti. Per cui anche a livello di significazione il regista ci dice che sugli stranieri ci sono spesso dei luoghi comuni, a volte sostenuti più per facciata che per altro. Insomma, certe cose si dicono perché vanno ipocritamente e meschinamente dette, ma forse nemmeno si pensano (vedi Mariso, che oltre a non pensare quello che dice non è capace nemmeno di uccidere un toro). E poi, stando al film, gli stranieri si integrano facilmente, sono portatori di valori (si veda in particolare la figura della prostituta) e soprattutto sono loro che mandano avanti il Paese. Da qui l’IDEA CENTRALE, sostanzialmente già formulata: senza gli stranieri tutto si ferma; l’Italia se va avanti è grazie a loro.
Il film di Francesco Patierno, presentato a Venezia nella sezione «Controcampo italiano», esplora questo paradosso con l’ironia al posto della drammaticità, la tenerezza dove si vorrebbe lo scontro ideologico. Insomma, una favola moderna, con qualche debito verso altri testi e altri film, persino nei confronti di Fellini, in particolare per la sequenza del mago sul fiume che brucia la «Vecia», un rito che realmente in alcune località del Veneto avviene a metà Quaresima, ma che qui rappresenta una sorta di cerimonia purificatrice da chi ce l’ha con gli stranieri.
Film, insomma, senza particolari pretese, in ogni caso piacevole e divertente, con il limite strutturale, se vogliamo, di due film in uno: quello di Mariso Golfetto (Diego Abatantuono) e quello di Ariele Verderame (Valerio Mastrandrea), che nemmeno si incontrano nella finzione filmica. Oltre a qualche semplificazione buonista sul piano tematico che taglia completamente fuori gli aspetti non facili (purtroppo ci sono anche questi) nel rapporto con gli immigrati. Ma questa di Patierno, come detto, è una favola e come tale va presa, convinti che possa dare un contributo positivo all’integrazione. (Andrea Fagioli)