REN SHAN REN HAI
Regia: Cai Shangjun
Lettura del film di: Franco Sestini
Titolo del film: REN SHAN REN HAI
Titolo originale: REN SHAN REN HAI
Cast: regia: Cai Shangjun scenegg.: Gu Xiaobai, Cai Shangjun, Gu Zheng fotogr.: Dong Jinsong montagg.: Yang Hongyu scenogr.: Jia Lisha cost.: Laurence Xu, Jia Chuanwang mus.: Dong Wei, Zhou Jiaojiao suono: Yang Jiang, Fu Ling interpr. princ.: Chen Jianbin, Tao Hong, Wu Xiubo ญ durata: 90 colore produz.: Li Xudong origine: HONG KONG, 2011
Sceneggiatura: Gu Xiaobai, Cai Shangjun, Gu Zheng
Nazione: HONG KONG
Anno: 2011
Presentato: 68. Mostra Internazionale d'Arte Cinematografica di Venezia - 2011 Concorso FILM SORPRESA
Premi: LEONE D'ARGENTO per la migliore regia
È la storia di Lao Tie, un cinese di mezza età, al quale hanno ucciso il fratello per rapinarlo della motocicletta e che, nonostante i tanti problemi che ha personalmente, sente che è suo preciso dovere occuparsi di trovare l’uccisore del fratello.
Inizia da un ex poliziotto che lo conduce in luoghi malfamati della città e dove i due sono accolti in malo modo dai malviventi che vi soggiornano: nessuno riconosce la foto che indica l’omicida e alcuni di loro cercano addirittura di ucciderli. Sebbene la Polizia abbia dato un nome e un cognome all’assassino – Xiao Qiang, ex carcerato – non è però riuscita a evitarne la fuga e quindi è Lao Tie che si occupa della sua cattura.
Durante l’inseguimento – che va dalla città al villaggio per finire in una miniera “illegale” al Nord del Paese – Lao Tie trova il tempo anche di andare a trovare la ex moglie ed il figlioletto, il quale è stato dato in adozione ma non è contento della sistemazione ed è scappato; la moglie, che si è nel frattempo risposata, non ne vuole sapere e quindi il bambino viene “costretto” a ritornare dalla famiglia affidataria.
L’ultima speranza di Lao Tie è quella della miniera illegale ed è lì che l’uomo si dirige: il luogo è peggio di un lager di triste memoria; i minatori sono tenuti in una specie di schiavitù e vengono controllati nel lavoro, prima e durante: insomma una vita impossibile.
Lao Tie trova il fuggitivo omicida e in una lotta feroce, entrambi trovano la morte; intanto l’intera miniera subisce delle scosse telluriche che fanno crollare un grande capannone e che forse sono da imputare ad un vulcano che sta “svegliandosi”.
Il film, attraverso la vicenda della caccia di Lao Tie all’assassino del fratello, cerca di innescare delle tematiche riguardanti la Cina di oggi, con le sue moltitudini ammassate in piccoli e squallidi spazi e tutti in cerca di una sopravvivenza difficile da ottenere: la vita vale veramente poco ed è tolta per cifre insignificanti.
Inoltre l’autore, nel viaggio che Lao Tie compie all’inseguimento di Xiao Qiang, ci mostra alcune forti dissonanze: una Cina che va modernizzandosi (la città ricolma di infrastrutture grandiose) ma al tempo stesso grosse sacche di miseria, non solo materiale ma proprio antropologica, che continua la propria esistenza ai margini del cambiamento, continuando ad abitare in luridi abituri.
Due parole sui problemi che assillano Lao Tie: da una parte la mancanza di soldi nonostante i tanti anni di lavoro in città e dall’altra la situazione familiare – della quale pare interessarsene poco comunque – che vede una moglie abbandonata e risposatasi con un altro che però non vuole il bambino, il quale quindi viene “ceduto” in adozione ad un’altra coppia; ma, nonostante tutto questo, l’onore della famiglia – e quindi la vendetta – viene avanti a tutto e perciò Lao Tie non esita a mettersi in caccia dell’assassino del fratello e passare tutte quelle peripezie che poi lo porteranno alla morte insieme al ricercato.
Il film è girato con una tecnica abbastanza retrograda e senza una ben precisa sceneggiatura, cosicché il risultato è una narrazione non perfettamente felice ed una struttura assai carente; l’unico lato positivo possiamo trovarlo nella “documentaristica” della vecchia e della nuova Cina messe a confronto, ma questo lo avevamo visto in altri lavoro e quindi non è affatto una novità; per il resto, meglio cancellare i giudizi che mi verrebbero! (Franco Sestini)