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PRANZO DI FERRAGOSTO



Regia: Gianni Di Gregorio
Lettura del film di: Franco Sestini
Edav N: 363 - 2008
Titolo del film: PRANZO DI FERRAGOSTO
Cast: regia, scenegg.: Gianni Di Gregorio – sogg.: Gianni Di Gregorio e Simone Riccardini – fotogr.: Gian Enrico Bianchi – mus.: Ratchev & Carratello – mont.: Marco Spoletini – scenogr.: Susanna Cascella – cost.: Silvia Polidori – fonico di presa diretta: Filippo Porcari – interpr.: Valeria De Franciscis (Madre di Gianni), Gianni Di Gregorio (Gianni), Marina Cacciotti (Madre di Alfonso), Maria Calì (Zia Maria),‘Grazia Cesarini Sforza (Grazia),‘Alfonso Santagata (Alfonso) , Luigi Marchetti (Vichingo), Marcello Ottolenghi (Amico dottore), Petre Rosu (Barbone) – durata: 75’ – colore – produz.: Matteo Garrone per Archimede con Rai Cinema – realizzato col contributo del Ministero Beni e Attività Culturali che ha riconosciuto al progetto l’interesse Culturale Nazionale – origine: ITALIA, 2008 – distrib.: Fandango
Sceneggiatura: Gianni Di Gregorio
Nazione: ITALIA
Anno: 2008
Presentato: 65. Mostra Internazionale d'Arte Cinematografica di Venezia - 2008 - Settimana Internazionale della Critica - Premio LUIGI DE LAURENTIIS PER LA MIGLIORE OPERA PRIMA
È la storia di Gianni, un maturo “bamboccione”, scapolo, che di professione fa il badante della madre, una anziana nobildonna decaduta, bisbetica e tiranna nei confronti del figlio, il quale, nei giorni immediatamente precedenti il ferragosto, cerca di far quadrare i conti della spesa (il bottegaio avanza quasi 50 euro), ma si ingegna anche a non perdere la dignità e lo stile che una provenienza lontanamente nobiliare, gli impone. Proprio quel giorno riceve la visita di Alfonso, amico personale e amministratore condominiale che lo avverte come i coinquilini siano ormai decisi a denunciarlo per morosità e gli elenca tutte le cose che non ha pagato (ascensore, grondaie, ecc.); il debito ammonta al alcune migliaia di euro, ma Alfonso propone a Gianni di defalcare alcune voci, ma in cambio chiede un favore: ospitare l’anziana madre per la notte e la mattina di ferragosto; Gianni è sostanzialmente costretto ad accettare, quando – poche ore dopo – piomba in casa un altro amico (è il dottore di famiglia) che si presenta con la scusa di misurare la pressione a Gianni ed alla madre, ma in verità chiede all’amico di potergli affidare la madre che per la notte precedente al ferragosto è sola in casa perché la badante è in ferie e lui è di guardia all’ospedale.
Una per volta, le candide vecchiette cominciano ad arrivare: per prima la madre di Alfonso, che però arriva accompagnata da una zia, anch’essa anziana, di nome Maria; per ultima si presenta Grazia, madre del medico, che arriva piena di pasticche e di prescrizioni dietologiche.
La madre di Gianni non abbandona la propria stanza e quindi lascia che sia il figlio a organizzare tutta la permanenza delle arzille vecchiette; abbiamo la prima cena, consumate in cucina perché il salotto è “occupato” dalla madre di Alfonso che rifiuta di uscire da quella stanza; in un modo o nell’altro la cena viene consumata da tutti e si passa poi ad affrontare la notte: mentre Gianni controlla che tutte le signore siano comode si accorge che la madre di Alfonso è uscita di casa senza che nessuno se ne fosse accorto; preoccupatissimo, cerca di rintracciarla e la trova beatamente assisa presso un bar della zona mentre beve e fuma e, cosa più importante, che non vuol saperne di rientrare in casa.
La donna viene convinta e, salvo alcune audaci “avancés” della donna a Gianni, tutti si addormentano (Gianni su una sedia a sdraio); al mattino, le quattro donne sono di tutt’altro umore e fanno conversazione tra loro, raccontandosi la loro vita e chiacchierando amichevolmente; mentre la mattina va avanti, Gianni annuncia che tra poco i loro figli verranno a riprendersele e quindi chiede loro di prepararsi: la risposta di tutte, anche di sua madre, è che vogliono fare insieme il pranzo di ferragosto e quindi, pagano Gianni perché vada fuori a cercare del pesce da cucinare.
Andrà tutto bene, il pranzo sarà ottimo e le quattro vecchiette ricorderanno per molto tempo quella “sortita” così divertente.
Il film è diviso in tre parti: la prima è la descrizione del personaggio Gianni, con i suoi vizi (beve abbondantemente vino e liquori) e degli amici che frequenta: i vari commercianti della zona ed un tipo strano – “Il Vichingo” – che lo incontriamo sempre allo stesso posto, cioè vicino ad una botte mentre si scola bicchieri di vino; questo stesso personaggio verrà invitato da Gianni a partecipare al pranzo di Ferragosto.
La seconda parte comprende l’arrivo delle tre signore e la loro sistemazione: in questo blocco – che si svolge interamente dentro l’appartamento – viene privilegiato l’aspetto descrittivo e, in quasi tutti i casi, comico degli atteggiamenti delle vecchiette; una cosa traspare lucidamente e cioè il grande buon senso che ognuna di loro ha verso la vita e la realtà che le circonda. In questa seconda parte si rilevano anche alcuni screzi, alcune gelosie (la madre di Gianni che non vuol concedere il televisore alla madre di Alfonso) e la voglia di esaudire alcuni desideri repressi (dal figlio o dalla badante), tipo il mangiare la pasta al forno oppure l’uscire di casa da sola.
La terza parte riguarda il pranzo vero e proprio e quello che lo ha preceduto, cioè la grande familiarità che va instaurandosi tra le quattro anziane: nel pranzo e, soprattutto, nel dopo pranzo, si vede la grande voglia di tutte loro di avere una vita indipendente e di affiancare “i giovani” nella lotta contro le difficoltà quotidiane: daranno a Gianni dei soldi perché paghi quanto comperato per il pranzo; ed anche la madre, un tempo scorbutica ed egocentrica, si è dedicata al rapporto con le altre “signore” con sincera volontà di fare amicizia e di comunicare.
Il film quindi, al di là di uno sguardo dolcissimo che l’autore rivolge all’universo anziani, con tutte le loro problematiche che il cinema non ha mai frequentato con intelligenza, vive esclusivamente sulla vicenda e, in particolare, sulle interpretazioni dei singoli soggetti, tutti dilettanti, ad esclusione di Alfonso l’amministratore condominiale; e risente anche in modo assai palese del fatto che Gianni di Gregorio – regista sceneggiatore e interprete del film – sembra abbia avuto in gioventù una vita molto simile a quella del protagonista, quando venne abbandonato da moglie e figlie e fu costretto ad occuparsi della madre; anche l’episodio dell’amministratore che si rivolge a lui in quanto “moroso”, sembra realmente accaduto all’autore che, però, nella realtà rifiutò, ma il personaggio che viene disegnato nel film non appare in grado di scegliere se accettare o meno, tanto appare grande l’ammontare dei debiti.
L’opera si vede molto bene, è accattivante per giovani ed anziani, ma è soprattutto una galleria di personaggi interamente presi dalla vita reale che rendono le scene che interpretano come qualcosa di assolutamente naturale e mai forzato dall’obbligo di recitare.
Del resto anche Di Gregorio è alla sua prima apparizione in un film, dopo avere partecipato a varie sceneggiature, l’ultima delle quali è quella del famoso “Gomorra”; una domanda che mi sono posto è: adesso cosa farà Di Gregorio, alla soglia dei sessanta anni, con il successo di questo film, successo sia di pubblico che di critica? Tornerà a scrivere per il cinema o continuerà a porsi dietro (ma anche davanti) alla macchina da presa? (Franco Sestini)
 


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