MARÉCAGES (Acquitrini)
Regia: Guy Édoin
Lettura del film di: Andrea Fagioli
Titolo del film: MARÉCAGES (ACQUITRINI)
Titolo originale: MARÉCAGES (ACQUITRINI)
Cast: Regia e sceneggiatura : Guy Édoin – Fotografia: Serge Desrosiers - Montaggio: Mathieu Bouchard-Malo – Scenografia: André-Line Beauparlant – Costumi: Julia Patkos – Musica: Nathalie Boileau e Pierre Desrochers - Produzione: Roger Frappier per Luc Vandal, Félize Frappier – Paese: Canada 2011 – colore – durata: 111’- interpreti: Pascale Bussières (Marie), Gabriel Maillé (Simon), Luc Picard (Jean), François Papineau (Pierre), Angèle Coutu (Thérèse), Denis Dubois (Réjeanne)
Sceneggiatura: Guy Édoin
Nazione: CANADA
Anno: 2011
Presentato: 68. Mostra Internazionale d'Arte Cinematografica di Venezia - 2011 – SETTIMANA DELLA CRITICA
Una coppia di allevatori canadesi, Marie e Simon Santerre, fatica, anche a causa della siccità, a mandare avanti la piccola azienda familiare basata soprattutto su qualche decina di mucche da latte. Alle difficoltà economiche si somma la recente perdita di un figlio (il più piccolo), che ha segnato i due genitori, mentre il maggiore Jean, adolescente inquieto, sta scoprendo la sua sessualità. Finché un nuovo dramma si abbatte sui Santerre: un incidente durante la riparazione del rimorchio del trattore, all’apparenza causato da Jean, costa la vita al padre, lasciando Marie (che nel frattempo ha scoperto anche di essere incinta) nello sconforto e riaprendo di colpo anche le vecchie ferite. E mentre lei diventa oggetto delle attenzioni insistenti di un vicino, il ragazzo si trova quasi abbandonato a se stesso.
Il film inizia, di fatto, con una serie di sequenze simboliche. Soprattutto la prima, quella che ci presenta Marie che vaga nuda nella palude (il titolo MARECAGES indica appunto i terreni che diventano acquitrinosi dopo una grande pioggia). La seconda è il parto di un vitello morto, di cui non ci viene risparmiato nessun particolare e che, a livello di vicenda, causa anche l’ulteriore disperazione di Simon. E mentre i genitori lottano nel tentativo di salvare il vitello invocando l’aiuto del figlio, lui, per tutti risposta, si è nascosto su un alberto a masturbarsi.
Alcuni elementi sono in questo senso già chiari dall’inizio: crudo realismo a livello stilistico e torbido dramma familiare a livello di contenuto. Ne sono conferma le sequenze successive con l’accurata descrizione del lavoro degli allevatori attraverso la macchina da presa che scruta da vicino, oltre al parto, la vita della stalla: dalla mungitura al concime. Così come a livello di vicenda il dramma si intensifica con la morte di Simon e Marie che di fatto ripudia il figlio lasciandolo a piedi in mezzo alla campagna dopo il funerale del padre. La vita non fa più sconti a nessuno e anche Marie pagherà un ulteriore prezzo accettando dapprima i corteggiamenti di un rozzo caw boy moderno e subendo poi uno stupro in piena regola per non essersi concessa a lui in preda all’alcol dopo una fiera agricola. Cacciato dalla donna, l’uomo le promette: «Tornerò!». Fatto sta che una notte qualcuno mette del veleno nell’abbeveratoio delle mucche. Muoiono tutte. Ma di fronte all’ennesimo spettacolo di desolazione e disperazione, Jean mette la mano sulla spalla della madre e dice: «Almeno loro erano assicurate». Il riferimento è al fatto che tempo primo il figlio aveva chiesto alla madre se il padre fosse assicurato: «Lui no, non ce lo potevamo permettere. Le mucche sì», era stata la risposta di Marie. Dunque, finale aperto: è stato Jean ad uccidere le mucche o è stato il caw boy? Più probabile la prima ipotesi.
In ogni caso le paludi o gli acquitrini del titolo sono lo stato d’animo dei protagonisti, incapaci di vivere in relazione con gli altri e tentati il più delle volte da un impulso di morte, di autodistruzione. Lo stesso paesaggio rurale, che cinematograficamente ha un ruolo importante, con la siccità e il suo contrario (marécages/acquitrinio), diventano territorio di vita e di morte.
A completare la complessità del quadro, l’istinto omosessuale di Jean, che in più circostanze cerca di spiare le nudità dell’amico allevatore più grande di lui, e la nonna lesbica, che vive con la compagna, felice anche lei di sentirsi una volta chiamare «nonna» da Jean.
MARÉCAGES, primo lungometraggio del trentenne Guy Édoin, cresciuto (manco a dirlo) in una famiglia di allevatori, è stato presentato a Venezia 68 all’interno della Settimana della critica. (Andrea Fagioli)