STOCKHOLM ÖSTRA
Regia: Simon Kaijser da Silva
Lettura del film di: Andrea Fagioli
Titolo del film: STOCKHOLM ÖSTRA
Titolo originale: STOCKHOLM ÖSTRA
Cast: regia: Simon Kaijser da Silva – scenegg.: Pernilla Oljelund – fotogr.: Per Källberg – montagg.: Agneta Scherman – scenogr.: Jan Olof Agren – cost.: Nicolas Richard – mus.: Leif Jordansson – interpreti: Mikael Persbrandt (Johan), Iben Hjejle (Anna), Henrik Norlén (Anders), Liv Mjönes (Kattis) – durata: 95’ – colore – produz.: Filmlance International AB, Nordisk Film Distribution – origine: SVEZIA, 2011 – distribuz. internaz.: TrustNordisk
Sceneggiatura: Pernilla Oljelund
Nazione: SVEZIA
Anno: 2011
Presentato: 68. Mostra Internazionale d'Arte Cinematografica di Venezia - 2011 – SETTIMANA DELLA CRITICA – FILM APERTURA
Johan vive assieme alla compagna Kattis alla periferia orientale di Stoccolma, dove abita anche Anna con il marito Anders e la figlia di nove anni. Non si conoscono. Una mattina però, Johan, con la sua auto, investe e provoca la morte della bambina appena uscita di casa per andare a scuola in bicicletta. Al processo, al quale assiste solo Anders (Anna si rifiuta), Johan viene assolto. In preda comunque al senso di colpa, farà il possibile per incontrare Anna, ma quando ha l’occasione di parlarci a quattr’occhi non sarà capace di confessare la sua responsabilità, anzi: i due cominceranno a frequentarsi e finiranno per innamorarsi. Lei, tra l’altro, rimarrà di nuovo incinta proprio di Johan. Un giorno il marito trova Anna in casa con Johan e riconoscendo l’«omicida» della figlia lo caccerà fuori, ma soprattutto farà capire alla moglie chi si cela dietro all’uomo di cui si è innamorata. Da qui l’immediata decisione di abortire, mentre Johan, che ormai ha abbandonato anche la compagna, nella solitudine tenterà il suicidio. Solo all’ultimo momento Anna rinuncerà all’aborto e correrà da Johan, trovandolo esanime ma ancora vivo.
Che la vita possa cambiare in un attimo lo dimostrano le due sequenze iniziali: nella prima vediamo Johan e Kattis danzare allegri di prima mattina sulle note di una musica latino-americana. Poi, sarà ancora in qualche modo la musica (la ricerca di un cd nel cruscotto dell’auto) a causare la leggera distrazione e il tragico impatto con la bici e la bambina.
L’incidente sconvolge la vita dei singoli e delle coppie. La sofferenza finisce per dividere, per amplificare anche le minime incomprensioni. Anders fa il possibile per sostenere Anna, ma lei si chiude nel suo dolore. Kattis cerca di scuotere Johan, ma lui si chiude nel suo senso di colpa. Non rimane che la storia d’amore tra due presunti sconosciuti, legati da una tragedia che pesa sulle loro vite. Quando Johan e Anna si incontrano alla stazione che collega Stoccolma con la periferia Est dove entrambi abitano (da qui il titolo del film), inizia per loro un pericoloso viaggio di passione e menzogna. Morte e vita, vita e morte, amore e sangue. Il dolore è tale da avere la sensazione di non riuscire nemmeno a percepirsi. Quando a tratti ci si scopre ancora vivi si vorrebbe annegare nell’oblio, ma l’esistenza per quanto crudele prosegue. «Nella vita si può sopravvivere a tutto, o quasi», dice Johan a cui è affidata anche la voce narrante fuori campo. Quella di Anna e Johan è una scelta in ogni caso coraggiosa in una situazione in cui le scelte facili non esistono. Ne fanno le spese in primo luoghi i rispettivi marito e compagna, Anders e Kattis, che vengono abbandonati nonostante la loro disponibilità verso i rispettivi partners.
A livello di idea centrale, il regista sembra dire che l’amore è la forza della guarigione, ma anche della potenziale distruzione. L’amore è la più grande esperienza della vita, la può cambiare totalmente, ma può diventare anche la più grande fonte di dolore.
Il film di Simon Kaijser da Silva, al suo primo lungometraggio, ha aperto la ventiseiesima edizione della Settimana internazionale della Critica,sezione collaterale e competitiva di Venezia 68, fondata e gestita dal Sindacato nazionale critici cinematografici. (Andrea Fagioli)