PLAY
Regia: Ruben Östlund
Lettura del film di: Adelio Cola
Titolo del film: PLAY
Titolo originale: PLAY
Cast: regia, scenegg.: Ruben Östlund – fotogr.: Marius Dybward Brandrud – mont.: Ruben Östlund, Jacob Schulsinger – scenogr.: Pia Aleborg – suono: Jan Alvermark – interpr. princ.: Anas Abdirahman, Sebastian Blyckert, Yannick Diakité, Sebastian Hegmar, Abdiaziz Hilowle, Nana Manu, John Ortiz, Kevin Vaz – durata: 113’– colore – produz.: Plattform Produktion – origine: SVEZIA / FRANCIA / DANIMARCA, 2011 – distribuz. internaz.: Coproduction Office
Sceneggiatura: Ruben Östlund
Nazione: SVEZIA / FRANCIA / DANIMARCA
Anno: 2011
Presentato: 68. Mostra Internazionale d'Arte Cinematografica di Venezia - 2011 – Giornate degli autori – EVENTI Collaterali Premio LUX 2011
Il giovane regista presenta il suo film definendolo “politico”: è un aggettivo di indefiniti contenuti. Dopo due ore di proiezione mi chiedo quale potrebbe essere l’attribuzione di simile connotazione al film visto.
È la storia del dodicenne Sebastian, che viene alleggerito del telefonino da un gruppetto di cinque preadolescenti africani immigrati in Svezia, con i quali passerà la giornata nella speranza di riavere il suo ‘giocattolo’ (secondo loro “rubato al fratello del maggiore del gruppo!”) e intanto assiste malvolentieri con altri due amici di scuola e un cinesino studente di musica ai loro pesanti scherzi e giochi a danno di ingenui clienti. Deciso infine di farsi fare giustizia, chiede aiuto a due adulti bianchi, che non riescono a recuperare l’oggetto rubato e per di più vengono accusati di “razzismo” per aver maltrattato un ragazzo nero. Il film termina facendoci assistere alla esibizione musicale del cinesino che ‘soffia’ ingenuamente nel suo clarinetto. Se questa storia voleva essere una parabola, il suo significato andrebbe cercato nell’insieme del racconto ma non nei suoi particolari; se voleva essere, invece, una specie di specchio e termine di confronto indiretto, anche se inadeguato, con quanto succede oggi in questo nostro mondo “razzista” in campo politico nelle relazioni attuali o almeno recenti tra bianchi (‘ingenui benestanti’) e neri (‘scaltri profittatori’) ”, mi sembra che l’intento dell’autore del film non sia stato realizzato. Il motivo unico ma fondamentale del giudizio negativo va trovato nella completa mancanza all’interno del film di elementi universalizzanti che permettano di arrivare a quella conclusione. I ‘Giochi’, chiamiamoli così, dei ragazzi sono organizzati sempre dai neri e i perdenti sono sempre i bianchi. Anche l’amichetto di colore, che altre volte aveva difeso il diritto di Sebastian, in fine è solidale con i suoi contro di lui. “La culla” vuota di legno che vediamo abusivamente caricata sul tram cittadino e che procura fastidio e disagio ai passeggeri, è stata, ma lo sapremo alla fine!, un’invenzione dei neri. Dentro di essa, coperta da stracci, il ragazzo che sulla strada chiede l’elemosina a chi passa, dovrebbe essere il suo fratellino. Sebastian vigila, chiede l’intervento di due adulti e sappiamo come la cosa, o meglio il film, andrà a finire. Bravi e spontanei nella recitazione tutti i ragazzi, anche il timidissimo e imbranato protagonista, inutilmente prolisso è lo spettacolo che aveva l’ambizione di presentarsi come “politico”. (Adelio Cola)