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IL PRIMO GIORNO D'INVERNO



Regia: Mirko Locatelli
Lettura del film di: Franco Sestini
Titolo del film: IL PRIMO GIORNO D'INVERNO
Cast: Mattia De Gasperis (Valerio), Michela Cova (Michela), Andrea Semeghini (Matteo),Teresa Patrignani (Madre di Valerio), Alberto Gerundo (Daniele), Giuseppe Cederna (Allenatore), Lorenzo Pedrotti (Lorenzo).
Sceneggiatura: Mirko Locatelli e Giuditta Tarantelli
Nazione: ITALIA
Anno: 2008
Presentato: 65. Mostra Internazionale d'Arte Cinematografica di Venezia - 2008 - Orizzonti

È la storia di Valerio, un giovane introverso, cupo, malinconico, che vive con la madre (dov’è il padre? Nessuno ce lo dice) e con una sorellina, Michela, il cui unico interesse sembra essere un piccolo coniglio che accudisce con amore e con cui parla come se fosse un amico.

A scuola e in piscina è un solitario: guarda i compagni e desidererebbe entrare nei loro gruppi, imitarli, essere come loro, ma non ha il coraggio di farlo e si rintana nella solitudine; quando rientra a casa si esercita in quello che ha visto fare a loro – ginnastica per aumentare i pettorali e diventare così “un fusto” – o si rifugia nella lettura di giornalini a fumetti.

Improvvisamente si accorge che due compagni di classe, che sembravano essere dei seduttori, si scambiano effusioni sotto la doccia e, avuta la certezza di questo, concepisce un piano che lo porterà a diventare dominatore, da succube come è sempre stato.

Intanto in famiglia le cose non mutano: la sorellina è sempre dedicata al coniglio che ha ricevuto un “regolare” battesimo durante il quale gli è stato imposto il nome di Francesco, mentre la madre sembra a momenti assente e appare interessata soltanto alla cura della tomba della madre, nella quale alcuni sconosciuti gli rubano la pila della lampada votiva.

Il piano di Valerio prende corpo: avvicina uno dei due compagni e, con la minaccia di rivelare all’intera classe quello che lui ha visto, pretende l’uso del motorino del ragazzo; lo ottiene, ma non gli basta: la volta successiva chiede la motocicletta da cross dell’altro compagno, ma – anche se gli viene promessa – di fatto non gli verrà consegnata.

Una mattina, arriva a scuola e trova l’intera classe in lacrime: uno dei due ragazzi sotto ricatto da parte di Valerio, ha avuto un incidente ed è morto, affogato nel bacino di una diga (è suicidio o disgrazia?); sconvolto dalla notizia, si allontana sul suo motorino scassato, ma viene raggiunto – o meglio inseguito – dall’altro compagno, l’amico del morto, che lo aggredisce violentemente accusandolo di essere responsabile, sia pure indirettamente, della morte del giovane.

Tra i due nasce una colluttazione che sembra risolversi a sfavore di Valerio, il quale però ha un ultimo guizzo, sferra un violento cazzotto all’altro, il quale cade in un rigagnolo rimanendo immobile; sembra morto, ma Valerio fa di tutto per rianimarlo, finché non vede che il ragazzo è ancora vivo ed allora si lancia in un grido acutissimo che è al tempo stesso di liberazione e di ricerca di aiuto.

In questo film, dedicato al passaggio di età, a quel periodo della vita nel quale non siamo ancora adulti ma non siamo ancora bambini, possiamo rilevare alcuni blocchi narrativi che seguono l’intera narrazione: il primo è quello che si riferisce alla famiglia di Valerio, nel quale vediamo l’estrema solitudine dei tre componenti; Valerio è solo con se stesso, non riesce a comunicare con la madre e quando tenta un pur timido approccio, l’altra sembra chiusa in se stessa come in preda ad un dolore così violento da non permetterle di comunicare con gli altri, neppure con i suoi figli (il film non ci fornisce alcun elemento sulla madre e su quello che può esserle capitato); Michela, la sorellina, ha trovato la valvola di sfogo in questo assurdo rapporto con Francesco, il coniglietto, al quale parla e svela tutti i suoi segreti: forse perché è l’unico che la stia a sentire?

Anche nella scuola e nella piscina che frequenta con scarso profitto, Valerio non è inserito in nessuna compagnia e risulta, di fatto, un solitario: “lo sfigato” viene chiamato dagli altri, e questo appellativo è usato dai compagni in senso fortemente dispregiativo.

Quando Valerio riesce a trovare l’elemento che lo pone al di sopra degli altri – il ricatto – si sente in qualche modo realizzato e cerca di approfittare di questa situazione per ripagarsi dei tanti torti subiti.

L’evento tragico della morte del “ricattato” e della condizione dell’altro che appare bisognoso di aiuto immediato, lo colpiscono come una mazzata: dovrà scegliere se tacere su tutto e lasciare il ragazzo gravemente ferito sul bordo del fiumiciattolo (è probabile che morirebbe!!) oppure affrontare la situazione, assumersi le sue responsabilità e da questo prendere slancio per ripartire e costruire la sua vita di uomo.

Valerio, con il grido che lancia verso l’alto – grido che, ripeto, per me è al tempo stesso liberazione e richiesta di aiuto – sceglie la seconda strada e quindi si può ragionevolmente prevedere per il giovane un futuro da grande, da adulto, quello che mancherebbe – a ben guardare – nella sua famiglia.

Detto così il film parrebbe interessante e fornito di una tematica quanto mai attuale, ma c’è da aggiungere che la narrazione – che in questo scritto è ricostruita in forma strutturata – nella realtà filmica non è così: l’autore privilegia alcuni aspetti formali della vicenda (l’uso incessante del motorino con il suo rumore assordante, la ricerca del miglioramento del proprio corpo) rispetto ad una costruzione logica e trasparente della vicenda; peccato perché l’idea sarebbe stata interessante e questa viene un po’ mutilata dal modo come l’autore ce la presenta.

Gli attori, tutti alle prime armi, fanno quello che possono, ma in molte parti della narrazione non sono all’altezza; l’uso del sonoro in presa diretta per dei “quasi dilettanti” non li aiuta e in molte parti del film, il parlato di Valerio in particolare, è praticamente incomprensibile.

L’autore, che è anche sceneggiatore, è al suo primo film e quindi avrà tempo – se i produttori glielo daranno – di correggere gli sbagli di questo lavoro; comunque le idee ci sono ed anche una buona mano come scrittore di cinema ce l’ha mostrata. (Franco Sestini)

 


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