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COCHOCHI



Regia: Laura Ameli Guzmán, Israel Cárdenas
Lettura del film di: Antonio Sancamillo
Titolo del film: COCHOCHI
Titolo originale: COCHOCHI
Cast: regia, scenegg., scenogr.: Laura Ameli Guzmán, Israel Cárdenas - fotogr.: Laura Amelia Guzmán, Israel Cárdenas - mont.: Israel Cárdenas, Laura Guzmán, Yibran Asuad - mus.: Israel Cárdenas - cost.: Gabriela Roiz - suono: Alejandro De Icaza - interpr.: Luis Antonio Lerma Torres, Evaristo Corpus Lerma Torres, Jose Angel Torres Rodriguez, Luis Alfredo Villalobos Nevares - durata: 87' - colore - produz.: Canana Buena Onda Americas - origine: Messico, 2007 - distrib.: Ondamax
Nazione: MESSICO
Anno: 2007
Presentato: 64. Mostra Internazionale d'Arte Cinematografica di Venezia - 2007 - Orizzonti

È la storia di due ragazzi; si snoda tra la fine della scuola e l’inizio del nuovo anno scolastico. Tony vuole abbandonare gli studi e non si reca neanche a ricevere il diploma, anzi butterà via lo zainetto che resterà appeso sulle fronde degli alberi mentre Evaristo pensa di continuare l’anno successivo.

Nella Tarahumara le comunicazioni alle comunità sparse nella Sierra vengono date via radio ad orari ben precisi. Coloro che sono destinatari di questi avvisi si danno da fare per eseguire quanto richiesto. Tony ed Evaristo vengono così coinvolti per portare una medicina a una parente malata in un canyon lontano e di cui l’uno non conosce il sentiero mentre l’altro dice di sapere come arrivarci.
Chiedono al nonno il cavallo; egli non lo concede, ma lo prendono lo stesso; arrivati a un torrente perdono il sentiero; il cavallo non vuole attraversare, allora lo legano e proseguono a piedi. Si imbattono in un gruppo sotto una cascata, nessuno di questi può dare loro delle indicazioni; ritornano al cavallo ma non lo trovano, lo ritengono rubato da uno del gruppo incontrato e si mettono alla ricerca; litigano e le strade si separano, l’uno arriva a consegnare le medicine, l’altro invece, accettando l’invito di una giovane indigena, si reca alla festa per il suo compleanno. Dopo un annuncio radiofonico che indica dove incontrarsi, nella scuola deserta, i due si ritrovano ma senza cavallo. Nel ritornare cercano tante possibili motivazioni da dare al nonno che li accoglie rimproverandoli di aver preso il cavallo, il quale più intelligente di loro è a casa da due giorni.
La scenografia è l’immenso e splendido paesaggio della Tarahumara. Le riprese sono “documentaristiche” ma è un film. Paesaggi stupendi, inquadrature cinematografiche ampie, che ripropongono prati fioriti, boschi di conifere, torrenti, cascate, ma anche rocce scolpite dal vento e dall’ acqua. Primissimi piani di volti solcati da rughe profonde e bruciati dal sole.
I ragazzi protagonisti insieme agli altri principali interpreti sono indigeni, vestiti nel loro tipico abbigliamento molto colorito, sicuramente guidati nella recitazione, ma assolutamente spontanei nel loro modo di essere e nel loro muoversi.
Il parlato quasi esclusivamente in lingua raramuri (eccetto nelle occasioni formali, radio, scuola…), lega i protagonisti alla natura e fa sì che si sentano un’unica comunità nonostante siano dispersi tra boschi e rocce. I Raramuri, abitanti della regione, ci sono e non ci sono, solo “improvvisamente” appaiono dietro una roccia o tra gli alberi di conifere, e si scopre così la presenza e un legame umano molto forte e che mette in evidenza un’integrazione tra natura e popolazione straordinaria che appartiene sicuramente a quel popolo ma che il film non spezza in nessun modo. 
La dimensione di comunità unite tra di loro e alla natura è evidenziata dalle feste; qualsiasi occasione è buona per bere il “tesquino” e fraternizzare fino all’ubriacatura, e questo senza far riferimento alla località o alla famiglia di appartenenza.
Il regista ha sicuramente “fotocopiato” questa realtà e poi ha costruito il film. I paesaggi non sono “rubati” ma solo ripresi. Tutto questo connubio tra persone e habitat fa emergere l’idea che c’è una scuola della natura che non può essere abbandonata rispetto ad una scuola che dà sicuramente un sapere valido, ma non sempre utile, per cui all’inizio del nuovo anno Evaristo lo ritroviamo seduto nel banco che risponde all’appello mentre il fratello, benché abbia recuperato lo zainetto con i libri e il diploma, se ne va attraversando una radura fiorita verso un luogo non ben definito, ma tra gente che comunque lo accoglierà. (Antonio Sancamillo)
 


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