ANDARILHO
Regia: Cao Guimarães
Lettura del film di: Antonio Sancamillo
Titolo del film: ANDARILHO
Titolo originale: ANDARILHO
Cast: regia: Cao Guimarães - fotogr.: Cao Guimarães - mont.: Cao Guimarães - mus.: O Grivo - suono: O Grivo - durata: 80' - colore - produz.: Cinco em Ponto - origine: Brasile, 2007 - distrib.: 88 Filmes
Nazione: BRASILE
Anno: 2007
Presentato: 64. Mostra Internazionale d'Arte Cinematografica di Venezia - 2007 - Orizzonti
Tre personaggi, vagabondi barboni, senza nome né riferimenti comunitari, si mettono in cammino percorrendo chilometri e chilometri, senza meta e senza fissa dimora. La foresta è il loro giaciglio e la strada la loro casa.
Il film si apre con un lungo monologo fatto da un clochard, che ha come contenuto, un discorso religioso delirante; si parla di Dio, del cielo, della terra, dello spirito, del bene e del male, degli angeli; tutte frasi e pensieri senza logica consequenziale, ma che hanno la loro ragionevolezza in se stesse. È un dialogo nel monologo. Fa domande, dà risposte e “fa dare risposte”.
Finito questo lungo soliloquio il film parte presentando una lunghissima strada rettilinea che squarcia a metà la foresta. I tempi cinematografici sono lunghissimi in molte sequenze, sono tempi lenti di chi va a piedi senza meta precisa. Ad un certo momento e lentamente sbuca da un cespuglio un altro barbone. Lo seguiamo nel suo incedere incerto, claudicante, nel suo farfugliare. Attraversa la strada in tempi biblici, lo ritroviamo davanti un casotto stradale abbandonato, innaffia l’erba e comincia a farneticare con frasi senza senso. Dopo aver scritto “1981” su un foglio, riprende a camminare, sorretto dal suo bastone, con il suo sacco di cenci sulle spalle e spingendo a calci una lattina di coca cola. Si lamenta sempre di qualcuno di cui non ci viene svelato nulla, finché non lo perdiamo di vista quando una lunga sequenza onirica (delirio?) ci fa vedere camion e camion che passano inghiottiti dal caldo dell’asfalto ed un carretto spinto da un terzo vagabondo che poi ritroveremo accampato intento a prepararsi il pasto, cotto su un fornello.
Intanto ritroviamo il primo dei tre intento a far asciugare la biancheria e a stirarla e piegarla. Riparte, si lava in un posto di ristoro e poi attraversando la strada si ferma sulla linea spartitraffico, dove una sequenza bellissima, porta in primissimo piano, con una macro stupenda, una cavalletta che nel ripetuto tentativo di attraversare viene schiacciata. Lui la prende e …
Nel prosieguo si incontra con l’uomo del carro ed assistiamo ad un dialogo “ tra sordi”. Alle domande esistenziali dell’uno, l’altro risponde sempre con il suo solito monologo. (Dio è nel cielo, lascia la terra a se stessa, la terra è piena di spiriti, …), fa riferimenti alla NASA, alla tecnologia, alla Cina, ai pianeti, alla bomba atomica …
Finito questo lungo dialogo/monologo, riprende il cammino, l’uno spingendo il carro a mano e facendo una fatica immane, l’altro sempre con il suo incedere lento e senza meta.
Il film si chiude con un’ampia e lunga inquadratura dall’alto. La strada non è più dritta, è sempre percorsa da macchine e camion mentre lontano vediamo il carretto spinto che si allontana lentamente.
Un film lento, al limite della sopportazione in una sala buia. Sicuramente suggerisce che oggi non si ha più tempo per poter pensare e riflettere. Gli unici che riescono ancora a farlo vivono emarginati ai bordi di questa strada che squarcia il mondo in due parti uguali. In questi bordi però il modo di pensare o di riflettere non è lo stesso, percorrono piste diverse; nella strada ciò che differenzia è il modo di spostarsi, gli uni a piedi vivendo la fatica e godendo del poco, (un barbone che si industria per far asciugare i suoi cenci e che poi stira in terra con le mani, li piega e li arrotola in telo trasformato in sacco che si porta sempre dietro, l’altro che innaffia l’erba, l’altro che si fa da mangiare con un fornello …) degli altri non sappiamo proprio nulla se non che viaggiano veloci, non si sa chi sono, da dove vengono e dove vanno. Anzi non ci viene detto neanche quali siano i pensieri che si portano dietro, incapsulati dentro i loro camion. Mai viene inquadrato un autista.
Il film sicuramente è un attacco alla tecnologia moderna, che si chiude in se stessa senza passioni, senza sognare, senza sentimenti, senza riflettere. Ha tolto all’uomo la capacità di pensare e di godere della natura, ed è per questo che “Dio se ne sta in cielo, se c’è, e non si interessa della terra”. (Sancamillo Antonio)