Regia: Jonathan Demme
Lettura del film di: Adelio Cola Titolo del film: RACHEL GETTING MARRIED Titolo originale: RACHEL GETTING MARRIED Cast: regia: Jonathan Demme - scenegg.: Jenny Lumet - scenogr.: Ford Wheeler - fotogr.: Declan Quinn ASC - mont.: Tim Squyres, A.C.E. - mus.: Zafer Tawil, Donald Harrison Jr. - cost.: Susan Lyall - suono: Jeff Pullman, C.A.S. - interpr.: Anne Hathaway, Rosemarie Dewitt, Bill Irwin, Tunde Adebimpe, Mather Zickel, Anna Deveare Smith, Anisa George, Debra Winger - durata: 113' - colore - produz.: Clinica Estetico - origine: Usa, 2008 - distrib.: Sony Pictures Releasing Italia S.r.l. Nazione: USA Anno: 2008 Presentato: 65. Mostra Internazionale d'Arte Cinematografica di Venezia - 2008 - Concorso
Non è la prima volta che il momento della verità, che porta in superficie sentimenti, rancori, istinti di vendetta lungamente tenuti “in cantina” ben controllati da chi li sperimenta tenendoli per sé con prudente pudore spesso farisaico, affiorano inaspettatamente alla vista provocando crisi, isterismi e perfino effetti di liberazione psicologica. Altre volte, è stata la circostanza del funerale duna persona ‘cara’ ad provocare nei parenti ed amici convenuti lo scoppio delle ‘mine’ seppellite nel segreto e mai disinnescate. E’ necessario, però, l’intervento d’un membro del gruppo particolarmente ‘’carico’’ di ‘esplosivo’ accumulato dopo esperienze negative, che ne provoca l’innesco e lo scoppio.
Nel caso del nostro film, in occasione del matrimonio di Rachele, è KIM, sua sorella, colei alla quale è stato affidato il compito sgradevole (e difficile!) del “guasta festa”. E’ stata per alcuni anni in cura disintossicante. Carattere e senso della misura sono scarsamente controllabili nelle sue sparate nella scelta dei bersagli dei colpi. Ora che si trova fra tanti parenti e amici, ha buon gioco nel colpire e ferire quanti le dànno fastidio. Non risparmia nessuno, neppure la sorella maggiore prossima sposa né l’anziana madre. Partecipa ai preparati ed allo svolgimento della festa nuziale, ma senza entusiasmo costante: un poco, sì e, poco dopo, no! Ne verremo a conoscere il motivo dal ricordo che costituisce il suo complesso di colpa: guidando distrattamente la macchina, nella quale era salito suo fratello minore, aveva sbandato provocando la morte del piccolo. Le reazioni a quanto le succede intorno durante le cerimonie festive la provocano in modo spesso irragionevole. Quando la madre le rinfaccia l’uccisione del fratello, si scatena il finimondo. Si difende singhiozzando disperata. Parla e offende tutti e non risparmia nessuno. Prima di allontanarsi dalla casa della sorella, tenta di riconciliarsi con i familiari. La sua battuta finale, diretta alla rappresentante d’una ditta che le offre il suo indirizzo con la possibilità d’un impiego remunerativo, suona auto accusa del suo modo di comportarsi con gli altri, che elle stessa disapprova: “La gente ha paura di me!”. Sembra rifiutare, ma forse ci ripenserà, perché, a suo padre che le chiede se sia contenta che il biglietto consegnatole dalla rappresentante della ditta glielo conservi lui, ella risponde: ”No. Lo tengo io”.
Il film si presenta come una commedia drammatica divisa in tre atti.
PROLOGO: l’arrivo degli invitati alla festa del matrimonio di Rachele.
PRIMO ATTO: con una metafora lo possiamo definire “Mare calmo”.
SECONDO ATTO: “Mare molto agitato”.
TERZO ATTO: ”Mare burrascoso”.
EPILOGO: ritorno a casa degli invitati.
Il film d’ambientazione sociale borghese, racconta LA STORIA DI KIM con protagonista ed interpreti professionalmente eccellenti. Negli episodi gioiosi come in quelli tristi e drammatici si mostrano tutti all’altezza dei ruoli loro assegnati. Manifestano, secondo i casi e le circostanze, sfumature psicologiche di portata universale. Lo sdegno per i negativi comportamenti di Kim ed il compiacimento per le affettuose attenzioni riservate a tutti dai suoi genitori, sono bene accompagnati dalle espressioni di meraviglia o di disapprovazione dei numerosi personaggi di contorno verso la protagonista. Alcuni episodi musicali con esibizioni solistiche, altri con danze sfrenate di carattere etnico e balli di società animati da giovanile partecipazione corale, sembrano piuttosto prolissi. Non c’è, tuttavia, nel film nessuna ripresa banale e, mi sembra, veramente superflua. Tutto concorre a comporre un dignitosissimo quadro d’autore, che ha scelto di dipingere campioni d’umanità carichi di problemi, spesso mantenuti irrisolti e potenzialmente pericolosi nelle loro future conseguenze. (Adelio Cola)
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