Regia: Emily Tang Xiaobai
Lettura del film di: Andrea Fagioli Titolo del film: WANMEI SHENHUO Titolo originale: WANMEI SHENHUO Cast: regia, scenegg.: Emily Tang Xiaobai – scenogr.: Lam Ching – fotogr.: Lai Yiu-fai – mont.: Keung Chow – interpr.: Yao Oian Yu, Cheng Taisheng – durata: 97’ . origine: Cina, Hong Kong – produz.: Xstream Pictures, Chow Keung, Beijing Twin Co. Nazione: CINA, HONG KONG Anno: 2008 Presentato: 65. Mostra Internazionale d'Arte Cinematografica di Venezia - 2008 - Orizzonti
La giovane Li, ventunenne cinese, vive, in condizioni misere, con il fratello minore (Jin) e la madre in una triste cittadina del nordest della Cina. Dapprima occupata in un laboratorio di arti artificiali, trova poi lavoro, grazie alla sorella dell’ex fidanzato, come inserviente in un albergo di lusso. Qui incontra e accetta, dopo una fase di diffidenza, il corteggiamento di un trentacinquenne, a sua insaputa trafficante di quadri, che, prima di morire ucciso da un killer, le chiederà di consegnare una borsa ad un ipotetico cliente di Shenzhen, nel sud del Paese, dove la ragazza potrà rimanere e iscriversi all’università, sostenuta dall’amico (tra l’altro disabile con una protesi ad una gamba del tipo di quelle a suo tempo fabbricate dalla ragazza). Ma una volta perse le tracce dell’uomo (nel frattempo, come detto, assassinato), finirà per sposare un altro diventando poi l’amante di un terzo.
Con la storia di Li s’intreccia, ma solo da un certo punto, quella di Jenny, donna un po’ più matura, con due figlie, alle prese con la causa di divorzio. Anche Jenny finirà a Shenzhen ma dopo avere abbandonato Hong Kong e una vita molto più agiata di quella della povera Li.
Il film è sostanzialmente diviso in tre parti: una sequenza iniziale prima dei titoli di testa; il grosso corpo centrale con la storia delle due donne (preminente quella di Li); la parte finale introdotta da una didascalia che ci dice che sono passati cinque anni dai fatti precedenti.
All’inizio vediamo Li presentarsi ad una sorta di audizione dove, non sapendo né ballare né cantare come richiesto dagli esaminatori, dice di essersi presentata per suonare l’armonica a bocca. Gliela avrebbe lasciata il padre prima di morire. In realtà Li dimostra di non avere nemmeno grande confidenza con lo strumento. Inoltre il padre non è morto ma se n’è andato di casa. Lo scopriremo, dopo i titoli di testa, quando Li incontra la presunta amante del padre (cuoca su un treno) e quando litiga con la madre (autista di autobus) che porta in casa altri uomini. Li è costretta ad occuparsi anche del fratello, pessimo studente, che a scuola anziché portare i libri porta riviste pornografiche da rivendere ai compagni così come le scarpe Nike regalategli, non senza sacrifici, dalla sorella.
Nella storia di Li si inserisce, come detto, quella di Jenny, che si scopre aver fatto la ballerina ad Hong Kong all’insaputa del marito e adesso è alle prese oltre che con il divorzio con questioni di eredità.
Le due donne si incroceranno, nella terza e ultima parte del film dopo la didascalia dei “5 anni dopo”, a Shenzhen dove Li ha un’attività commerciale e dove Jenny si ferma per chiedere se hanno delle forbicine. Qui la regista inquadra dall’interno del negozio Jenny che chiede l’oggetto, senza farci vedere chi risponde (fra l’altro in modo negativo), per poi staccare su un telefono del negozio al quale, dopo prolungati squilli, risponde una donna incinta che scopriamo essere Li. Dopo di che la giovane donna esce dal negozio e sale su un’auto dove riceve in dono un anello dal presunto amante. Ma il film si chiude con Li (senza più la pancia) che si fotografa con l’autoscatto accanto alla grande foto delle sue nozze. E non è il solo autoscatto del film: in precedenza si era autofotografato, poco prima di essere ucciso, il trafficante d’arte, mentre Li più volte nel corso del film si reca da un fotografo per essere fotografata con sfondi di fantasia tra cui New York.
Quello che accomuna le due donne è la ricerca della felicità, o quanto meno di una vita migliore perché quella attuale e concreta non corrisponde a quella delle foto. Quanto meno ogni situazione ha due facce: il vero e il falso, il passato e il futuro. Le cose non sono mai lineari, ma sono spesso contraddittorie. Tutto è collegato, le cose si influenzano a vicenda e sono legate da un destino comune in cui il ruolo degli uomini, a giudizio della regista, è quasi sempre negativo o comunque marginale tanto da non essere nemmeno degno di rappresentazione: il padre di Li, più volte evocato e cercato, non si vede mai così come il marito di Jenny di cui al massimo sentiamo la voce attraverso il telefono. Insomma, in un gioco tra finzione e realtà, la vita, a giudizio della regista, è bella solo nelle foto: quella è la vita perfetta evocata nel titolo.
Emily Tang Xiaobai è nata nel 1970 nella provincia di Sichuan e cresciuta a Pechino dove si è laureata in Lingua e letteratura francese. Ha proseguito gli studi con un master in recitazione presso l’Istituto d’arte cinese, e nel 1997 ha prodotto e diretto una serie di documentari per la CCTV. Nel 1998 ha frequentato la Central Academy of Drama che le ha aperto la carriera da regista. Nel 2001 ha diretto il suo primo film, il rammentato DONGCI BIANWEI, presentandolo al Festival di Locarno dove ha ottenuto la menzione speciale per la regia. Lo stesso anno Tang Xiaobai si è trasferita a Hong Kong. (ANDREA FAGIOLI)
Il film, secondo a sorpresa presentato nella sezione Orizzonti alla Mostra internazionale d’arte cinematografica, è l’opera seconda della regista cinese Emily Tang Xiaobai, che aveva già firmato DONGCI BIANWEI (Coniugazione), il più importante film cinese che analizza il clima successivo ai fatti di Piazza Tiananmen (giugno 1989).
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