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NOWHERE MAN



Regia: Patrice Toye
Lettura del film di: Adelio Cola
Titolo del film: NOWHERE MAN
Titolo originale: NOWHERE MAN
Cast: regia: Patrice Toye - scenegg.: Bjorn Olaf Johannessen, Patrice Toye - scenogr.: Vincent de Pater - fotogr.: Richard Van Oosterhout - mont.: Nico Leunen - mus.: John Parish - cost.: Margriet Procee - suono: Jan Deca, Fred Demolder, Manu de Boissieu - interpr.: Frank Vercruyssen (Tomas), Sara De Roo (Sara), Muzaffer Ozdemir (Muzo) - durata: 96' - colore - produz.: La Parti Production - origine: Belgio/Olanda/Norvegia/Lussemburgo, 2008
Nazione: BELGIO/OLANDA/NORVEGIA/LUSSEMBURGO
Anno: 2008
Presentato: 65. Mostra Internazionale d'Arte Cinematografica di Venezia - 2008 - Giornate degli autori

La struttura narrativa del film si divide in tre parti: il protagonista quarantenne nella vita in famiglia e al lavoro, la vita ‘altrove’ dopo aver abbandonato la moglie, il ritorno a casa. E’, dunque, la vicenda d’una persona che, insoddisfatta della vita, decide di cambiar vita abbandonando tutto per vivere esperienze nuove e lontane, e del suo ritorno alle condizioni precedenti, convinto dalla grande nostalgia di quanto aveva abbandonato.

PRIMA PARTE. Veniamo a conoscere il suo intimo disagio esistenziale dalle scarne confidenze che Tomas, è il suo nome, fa ad un collega di lavoro che gli dimostra comprensione e simpatia. Soffre perché teme di perdere l’affezionata moglie Sara, che però lo ama sinceramente. Il rimedio, secondo lui, è lasciarla e andarsene da casa prima che sia lei a fare tale scelta.
SECONDA PARTE. Vuole cambiare vita e parte per un paese lontano. Vicende piuttosto romanzesche lo attendono, dalla scoperta casuale d’una casa abbandonata, che egli trasforma bellamente in un bar, che non attirerà alcun cliente, all’accettazione d’un misero stipendio per sopravvivere facendo un lavoro quasi da schiavo, occupando la giornata lavorativa nel ‘dipingere’ con calce la base degli alti fusti d’una piantagione di palme. Il ricordo della prima esperienza di lavoro autonomo non lo lascerà più: ne fa fede il quadro d’un paesaggio popolare di mare trovato nel locale trasformato in bar, che porterà sempre con sé.
TERZA PARTE. La nostalgia di casa, di SARA in particolare, lo tormenta. Lo spettatore del film prevede facilmente che il protagonista tornerà sui suoi passi. Infatti, dopo vicende e circostanze nelle quali il ricordo della moglie lo salva dal cedere in occasioni realistiche, alternate ad altre di natura onirica che si potrebbero definire di origine freudiana, (vedi l’offerta presentatagli da una lussuriosa pianista, che gli suscita simpatia ma che egli non accetta). La decisione di tornare a lei matura gradatamente, man mano che il presente non lo soddisfa e gli fa rimpiangere il passato. L’incontro dei due si svolge attraverso tappe che la sceneggiatura denuncia come faticose non soltanto nella fantasia di chi le ha immaginate ma anche abbastanza lontane da credibilità di circostanze e coincidenze casuali. Questa terza parte, insomma, sa molto di costruito a tavolino al fine di dimostrare…puntini…
Ed è qui l’origine della mancanza di chiarezza dell’autrice del film nel manifestare il suo giudizio sulla decisione finale presentata dal medesimo. Sembra, infatti, che alla fine, dopo la difficile riaccettazione del marito da parte di Sara che, credendolo morto, s’era intanto accompagnata con un altro uomo, dopo aver punito severamente Tomas, che confessa di non aver mai dimenticato e sempre rimpianto, sembra dicevo che la soluzione proposta dalla regista consista in un affettuoso embrasson nous iniziando un esplicito ma segreto ménage à trois.
Molta parte di questa terza parte è dedicata all’illustrazione della vendetta/giusta punizione di Sara verso Tomas, prima di riaccettarlo in casa a buon diritto, e viceversa di quest’ultimo verso la moglie, ch’egli minaccia di ripagare con la medesima moneta, dal momento che al presente, ma da tempo, vive con un suo contendente che gli fa concorrenza. La regista illustra l’imbarazzante incontro tra i due uomini, durante il quale il secondo marito parla di Sara in modo tale da convincere inconsapevolmente il primo che la moglie lo ama ancora e che, ecco la sorpresa!, malgrado la reazione, pur controllata, del primo, il secondo non avverte neppure per necessità, ancora una volta!, di sceneggiatura.
La struttura semiologica è chiaramente distinguibile in due filoni: lo stato d’animo dell’uno e dell’altro personaggio. Da questo punto di vista, il film è classificabile d’indagine psicologica.
 I nuclei narrativi sono legati tra di loro da rare dissolvenze incrociate, quasi sempre da stacchi improvvisi, intercalati talvolta da fotogrammi neri significativi.
Due motivi musicali caratterizzano le varie situazioni: uno ritmico melodico quando ‘non succede niente’, intendo dire nei momenti silenziosi nel dialogo e nei passaggi del protagonista da una situazione e da un luogo ad un altro, mentre una specie di minaccioso rombo oscuro accompagna Tomas quando sta per prendere decisioni dense di conseguenze.
L’interpretazione dei due personaggi principali ed in particolare del protagonista è professionale; quella di Tomas appare ‘convinta’ e sofferta nel tentativo di calarsi credibilmente in un ruolo difficile (e bergmaniano!)
 In quanto alla verosimiglianza della vicenda del film in confronto con i casi della vita, forse meno rari di quanto si pensa, lo spettatore adulto è in grado di verificarne la realtà.
 Il giudizio sulla moralità dell’idea centrale, che oscilla tra la positività d’un ritorno a migliori consigli da parte di chi aveva inizialmente fatto scelte sbagliate, e la conclusione del film che dice e non dice circa la moralità d’una decisione discutibile in partenza, è difficilmente esprimibile, se non altro per la sua ambiguità, addirittura a livello narrativo. (Adelio Cola)
  
 
 


 


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