DIE UNSICHTBARE (L'INVISIBILE)
Regia: Christian Schwochow –
Lettura del film di: Adelio Cola
Titolo del film: DIE UNSICHTBARE (L'INVISIBILE)
Titolo originale: DIE UNSICHTBARE (L'INVISIBILE)
Cast: regia: Christian Schwochow – scenegg.: Heide Schwochow, Christian Schwochow – fotogr.: Frank Lamm – mont.: Jens Kübler – scenogr.: Kobita Syed – cost.: Kristin Schuster – mus.: Can Erdogan Sus – suono: Rainer Heesch – interpr. e personaggi: Stine Fischer Christensen (Josephine Lorentz), Ulrich Noethen (Kaspar Friedmann), Dagmar Manzel (Susanne Lorentz), Christina Drechsler (Jule Lorentz), Ronald Zehrfeld (Joachim), Anna Maria Mühe (Irina), Ulrich Mathes (Ben Kästner) – durata: 113’ – colore – produtt.: Jochen Laube, Fabian Maubach – produz.: Teamworx Television & Film – coproduz.: Swr, Arte, Rbb, Berliner Union-Film, Media Factory Berlin, Sommerhaus Filmproduktionen
Sceneggiatura: Heide Schwochow, Christian Schwochow
Nazione: GERMANIA
Anno: 2011
Presentato: 29. Torino Film Festival 2011 – FESTA MOBILE: FIGURE NEL PAESAGGIO
Finalmente un film ‘grande’, un grande film.
La giovane tedesca Josephine vive in famiglia sentimentalmente frustrata: rimpiange il padre morto, l’unico che la coccolava, è in conflitto astioso con la madre che si preoccupa esclusivamente della sorella minore handicappata, non coltiva relazione stabile con un ragazzo (gli amici la compatiscono perché, su sua spontanea confidenza, “è ancora vergine”). Vorrebbe far l’attrice di teatro. Dopo ripetuti provini viene assunta da una compagnia. Il regista del gruppo le affida la parte d’un personaggio con un carattere apparentemente opposto al suo. Esigentissimo, vuole che esprima tutta la carica umana che egli intuisce essere repressa dentro di lei. Ella s’impegna al massimo e ci riesce. Per vincere la battaglia contro se stessa, approfitta della conoscenza casuale d’un giovane operaio, “costruttore di tunnel”, con il quale azzarda qualche avance con estrema difficoltà. Una certa intimità con il più che maturo suo regista la sbocca finalmente del tutto. “Ora è pronta per dare tutto di sé”. Siamo arrivati alla première del tragico dramma da interpretare davanti al pubblico. La conclusione del film, che non prevede la ripresa della recita, arriva con il crudo giudizio del regista sulla sua attività, ora che ha ottenuto tutto ciò che voleva. Dopo aver classificato la protagonista del suo lavoro teatrale “Pazza!”, perché ormai disposta a rinunciare a se stessa in vista della finzione, pronuncia per tre volte in modo dispregiativo l’imprecazione popolare: ”M..., m...m...!” Josephine è riuscita a recitare sul palcoscenico, ma purtroppo ha iniziato e continuato a recitare anche nella vita privata e in famiglia, rivolgendo alle persone incontrate battute e frasi della pièce. La confusione tra finzione e realtà (tema classico, vedi tra tutti I. Bergman) l’ha fatta gradatamente entrare in un tunnel oscuro, dove il successo professionale la imprigiona come personaggio impedendole di agire e vivere come persona normale. Il film è ricco di molti elementi degni di riflessione sui rapporti famigliari e sulla dipendenza delle persone nei rapporti di lavoro. Direzione, interpretazione, sceneggiatura, montaggio, musica, costumi, uso del colore... concorrono alla sopracitata “grandezza” del film, di eccezionale densità psicologica, emblema e simbolo del pericolo che tutti corriamo oggi in questo nostro mondo in cui i più bravi sono i migliori nell’arte di recitare.