WELCOME HOME
Regia: Tom Heene
Lettura del film di: Adelio Cola
Titolo del film: WELCOME HOME
Titolo originale: WELCOME HOME
Cast: regia e scenegg.: Tom Heene – mont.: David Verdurme – fotogr.: Fred Noirhomme – mus.: Peter Lenaerts – durata: 72’ – colore – produz.: Mint Meet & La Parti – Alea Jacta & Stempel– origine: Belgio, 2012
Sceneggiatura: Tom Heene
Nazione: BELGIO
Anno: 2012
Presentato: 69 Mostra Internazionale d'Arte Cinematografica di Venezia 2012 – SETTIMANA DELLA CRITICA
Siamo a Bruxelles. Due personaggi, un sessantenne ed una giovane donna, cercano di tornare a casa aspettandosi la realizzazione augurale del titolo: benvenuti a casa. Ma, anticipiamo subito, rimarranno delusi: la folla della città appare come un insieme di fantasmi anonimi confusi dalle riprese nebbiose e quasi sfuocate.
Un gruppo di bontemponi scorazza con una macchina veloce tra il traffico cittadino e travolge a un certo punto un ciclista. Della vittima rimasta sulla strada nessuno s’interessa.
La cinepresa riprende ora la storia dei due personaggi. L’anziano si dice più confuso che frastornato: “qui tutto è cambiato, non riconosco più queste strade e qui dove c’era la mia casa sorgono immensi alveari anonimi”. “Sono tentato di tornare indietro”; la giovane Lila che per caso incrocia un autobus, gli consiglia di continuare la ricerca.
Il regista racconta ora la storia della giovane: ritrova la sua casa o meglio quella del “suo ragazzo” che la riceve con grandi rimproveri perché lo ha abbandonato tre mesi prima senza spiegazioni e senza mai telefonargli; lei cerca di difendersi e poi passa all’attacco e con arte sottile lo seduce, lo provoca e infine lo violenta sessualmente. Il ragazzo, Benge, resiste finché può, facendole capire che egli da Lila pretende amore non sesso. L’interessata lo vuole convincere che anche lui che l’accusa di essersi allontanata tre mesi prima per fare la vita del marciapiede, si comporta come una prostituta.
Dopo averlo offeso e umiliato se ne va definitivamente, lasciandolo solo e frustrato.
Nel film interviene un terzo personaggio, Bruno, che è un giovane che trova Lila sull’asfalto di una strada, ferita e della quale nessuno si interessa. Telefona all’ambulanza che la carica e la porta all’Ospedale e la Polizia che burocraticamente lo rassicura con un “indagheremo”. Bruno fa visita a Lila in Ospedale, dove la ragazza ferita lo incarica di chiamare per telefono Benge. Quando quest’ultimo arriva trova la sua Lila in fin di vita; non si da pace, e disperato la invoca inutilmente.
Bruno, rimanendo estraneo alla confusione che regna nel night club nel quale entra quasi per caso, rimanendo in disparte, viene trascinato dai ballerini nel bel mezzo del caos allegro e spensierato dove lo coinvolgono in un rumoroso ballo comune.
Vediamo alla fine l’anziano e la giovane soli e senza speranze in un futuro diverso.
A questo punto il regista non li individua più come personaggi singoli ma come emblemi e simboli di “tutti”: anziani, giovani, uomini, donne. A riprova della emblematicità che il regista fa assumere ai personaggi, la ragazza, Lila, la vediamo morire in Ospedale ma poi la ritroviamo viva, chiaro sintomo del mutato aspetto del personaggio femminile.
L’autore del film insiste, pur indulgendo a brevi riprese di sesso esplicito, nel voler distinguere nel comportamento umano sesso e amore. Il ruolo diciamo più convincente è quello di Benge in confronto con quello di Lila, provocante e tutt’altro che “innamorata”, come lei si definisce.