UN GIORNO SPECIALE
Regia: Francesca Comencini
Lettura del film di: Franco Sestini
Titolo del film: UN GIORNO SPECIALE
Titolo originale: UN GIORNO SPECIALE
Cast: regia.: Francesca Comencini scenegg.: Francesca Comencini, Giulia Calende, Davide Lantieri - mont.: Massimo Fiocchie, Chiara Vullo fotogr.: Luca Bigazzi scenogr.: Paola Comencini cost.: Ursula Patzak mus.: Ratchev e Carratello interpr. princ.: Filippo Scicchitano (Marco), Giulia Valentini (Gina) durata: 90 colore produz.: Carlo degli Esposti origine: Italia, 2012 distrib.: Lucky Red
Sceneggiatura: Francesca Comencini, Giulia Calende, Davide Lantieri
Nazione: ITALIA
Anno: 2012
Presentato: 69 Mostra Internazionale d'Arte Cinematografica di Venezia 2012 CONCORSO VE69
È la storia di due giovani, Marco e Gina, che un giorno s’incontrano – per caso – e trascorrono l’intera giornata insieme; lei è una diciannovenne che ha aspirazioni artistiche che per ora sono rimaste disattese, anche se è già fornita di un “agente” che la dovrebbe indirizzare nei luoghi preposti; in questo giorno, lei ha un appuntamento con un uomo politico che dovrebbe farla entrare nel mondo delle televisioni e, da lì, spiccare il volo verso il successo. Marco, invece un lavoro l’ha trovato, tramite il prete che conosce la madre, ed anzi, quello è il suo primo giorno di lavoro: è un autista presso una azienda che fornisce auto lussuose con autista a persone danarose; e infatti il senatore ha incaricato l’azienda di noleggio di recarsi a casa della ragazza e trasportarla presso il Parlamento dove si trova l’uomo politico.
Ma le cose non vanno come dovrebbero andare: poco dopo essere entrat0 in contatto con Gina, Marco riceve una telefonata dalla segretaria del politico che lo informa che per improvvisi impegni parlamentari (prosecuzione oltre il previsto di una votazione), l’appuntamento con Gina è rinviato a quando il senatore si sarà liberato; telefonerà lei per confermare l’orario.
I due giovani, rimasti senza impegni, si dedicano a conoscersi meglio e ad andare in luoghi segreti di Roma che uno dei due conosce: le rovine romane, il bowling, ecc.; comunque la telefonata non arriva e i due cominciano a spazientirsi ed allo stesso tempo a familiarizzare sempre più.
Gina si toglie tutti gli orpelli che la mamma le aveva messo addosso – scarpe tacco 13 – per migliorarne l’immagine e resta la ragazzina che è, con le sue scarpe da ginnastica vecchie e sformate e con queste cominciano a girare per Roma; entrano in un negozio di abiti di lusso e la ragazza, per gioco, ruba un vestito del valore di 5/mila euro; inseguiti dai vigilantes, vengono raggiunti e costretti con la forza a tornare nella boutique dove li aspetta una brutta sorpresa: o rifondono il costo della merce oppure chiamano la Polizia; sarà l’intervento dell’agente di Gina che risolverà la situazione. Intanto i due giovani sono stati a pranzo insieme e hanno cominciato a familiare, forse anche qualcosa di più; finalmente arriva la telefonata e l’auto – che nel frattempo ha avuto un lieve incidente e ha subito un piccolo graffio – si dirige verso il Parlamento dove vengono introdotti nella stanza del senatore; Marco che segue Gina come un ombra, viene messo alla porta e la ragazza rimane sola con l’uomo politico che prende a toccarla sulle cosce e poi, dopo aver annunciato la propria stanchezza, si accascia su una poltrona e invita la ragazza a raggiungerlo; lei capisce l’antifona e gli sbottona i pantaloni….con quel che ne consegue.
Gina si accorge del baratro che sta imboccando nel momento in cui, nel bagno del senatore, si sciacqua la bocca e si lava la faccia; risale sull’auto dove Marco non proferisce verbo, finché non arriva casa e lei scende senza neppure salutare; il giovane riporta l’auto in garage e litiga ferocemente con il padrone per il graffio sulla macchina e se ne va sbattendo la porta; giunto a casa sua, si mette ad accomodare le scarpe della ragazzo e poi si dirige verso il palazzo dove abita Gina e comincia a chiamarla a voce sempre più alta, ma lei non lo sente perché sta guardando la televisione.
Il film è diviso in tre parti: la prima ci presenta i due giovani, simili a tanti altri della loro età che sono alla ricerca di una strada per arrivare a essere qualcuno nel mondo dei “grandi”; entrambi si avvalgono dell’italico sistema delle raccomandazioni, lui utilizzando il prete della madre e lei avvalendosi delle prestazioni che fornisce al senatore in cambio dell’entrata nel mondo televisivo; la seconda parte è quella che ci mostra i due giovani fuori dagli schemi della ricerca spasmodica di un posto di lavoro, ma semplici ragazzi che, tenendosi per mano, si guardano intorno e scoprono le bellezze della città e le attrattive che può riservare a loro (negozi, strutture sportive, ecc.); la terza è la conclusione del film: entrambi hanno conosciuto le delusioni del mercanteggiare il proprio futuro e, schifati, si rifiutano di continuare in questa realtà sporca e maleolente; ma la voce di Marco che chiama Gina è coperta dal sonoro della televisione, chiaro simbolo che ci riporta alla massificazione che questa generazione deve subire dall’invadenza del mezzi di comunicazione di massa.
Se quanto sopra esposto fosse strutturato con precisione e con maggiore “mestiere”, la tematica che potrebbe scaturire sarebbe di sicuro interesse, specie nel momento attuale in cui i giovani che si trovano nelle condizioni dei due protagonisti sono una quantità altissima; il problema è che il film anziché una struttura narrativa decorosa, si avvale quasi esclusivamente di stereotipi presi dalle fiction o dai serial televisivi e allora la tematica che dianzi accennavo, non viene fuori neppure con la maggiore buona volontà che possiamo impiegare.
Peccato, perché come detto, il tema è di un interesse stringente in questo scorcio di secolo, con i giovani che cercano invano un posto di lavoro e con i “potenti” che usano il loro potere per trarre solo benefici a loro uso e consumo e mai nessuno che pensi a questa generazione che si dibatte, spesso invano, alla ricerca di un futuro decoroso.
Anche i due attori, mostrano poca incisività espressiva ed anzi fanno scendere il livello dell’opera al di sotto di una sufficienza; sembrano estratti pari pari da qualche sceneggiato televisivo, con gli stessi ritmi e le stesse modalità espressive che vediamo sul piccolo schermo.