THE WEIGHT
Regia: Jeon Kyu-hwan
Lettura del film di: Andrea Fagioli
Titolo del film: THE WEIGHT
Titolo originale: THE WEIGHT
Cast: regia, sogg.: Jeon Kyu-hwan fotogr.: Kim Nam-kyun mont.: Kim Mi-young, Park Hae-oh mus.: Choo Dae-kwan scenogr.: Chang Seok-jin interpr. princ.: Cho Jea-hyun (Jung), Zia (Dong-bae) durata: 107 colore produz.: Treefilm origine: COREA DEL SUD, 2012
Sceneggiatura: Jeon Kyu-hwan
Nazione: COREA DEL SUD
Anno: 2012
Presentato: 69 Mostra Internazionale d'Arte Cinematografica di Venezia 2012 GIORNATE DEGLI AUTORI
È la storia di Jung, deforme dalla nascita, malato di artrite e tubercolosi, che passa le sue giornate e le sue nottate nella cupa sala di un obitorio dove lavora, lavando e ricomponendo i cadaveri. Le storie dei morti che finiscono sui suoi tavoli, come quello della giovane diva del cinema infedele al marito, che la uccide dopo averla colta sul fatto e poi si suicida, si fondono a quelle, spesso anche più disperate, dei vivi: a partire dal fratello adottivo, Dong-bae, transessuale, che vorrebbe a tutti i costi diventare donna.
Il film, che inizia con l'immagine di una città moderna e luminosa, con la didascalia che spiega "lui non vive qui", è quasi interamente girato all'obitorio o comunque in luoghi chiusi e bui, con pochi movimenti di macchina. L'inquadratura è quasi sempre tagliata appena sopra le teste degli attori. Il tutto dà al film un senso claustrofobico che contribuisce all'idea di quel peso (weight) di cui parla il titolo, anche se nello specifico si tratta del peso di sopportare il proprio corpo: nel caso di Jung, ma anche del fratello o del personaggio con un casco a coprire la deformità del volto e che consumerà un rapporto sessuale con il cadavere dell'attrice in quanto rifiutato pure dalle prostitute. Insomma, deformità fisica e morale. "Forse nella prossima vita nasceremo con corpi migliori - dice Dong-bae a Jung -. In questa siamo come scarafaggi, il mondo ci vede cosi".
"Con la figura di un gobbo fin dalla nascita gravato dal peso del dolore e quella dei vari personaggi che lo circondano, ognuno con i propri traumi, ho voluto raccontare il fardello della vita che gli uomini si trascinano dietro, in forma di fantasia grottesca - spiega il regista nelle note di produzione -. Mostrando i desideri repressi e i traumi delle persone attraverso gli occhi belli e sofferenti di Jung volevo riempire il film di una nuova energia cinematografica".
Nonostante il clima asfissiante, le scene macabre e il sesso vissuto in modo animalesco, Jeon Kyu-hwan propone nel finale una sorta di riscatto, sia pure attraverso la morte: Jung, che già rifugge dalla realtà attraverso i suoi disegni, evirerà il corpo del fratello, nel frattempo ucciso, rendendolo così "donna". Ma non solo: si lascerà morire con lui chiudendosi nella stessa bara e tagliandosi i polsi.
Altri elementi simbolici, come gli uccellini bianchi o le farfalle che alla fine invadono la scena, testimoniano questa estrema forma di riscatto da parte di questi personaggi emarginati dalla società. Personaggi che vivono esistenze lontanissime dagli standard comuni, condannati dalla nascita a non far mai parte di quel mondo libero e solare che ci viene mostrato all’inizio del film.