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LA COLONIZZAZIONE DEI CERVELLI


di MARIA PIA GIUDICI
Edav N: 351 - 2007

L’articolo ampliato e completo di foto, schemi si trova in Edav n. 351 giugno 2007

 
A un anno dalla morte del caro Padre Taddei, mi rendo sempre più conto dell’ importanza che hanno avuto i suoi insegnamenti nella mia vita di donna consacrata educatrice.
Anzitutto trovo sempre più attuale la sua intuizione circa una società (la nostra!) di donne e uomini “colonizzati nel cervello”. 
L’imperialismo economico che domina sempre più il pianeta si serve infatti della realtà mass-mediale per imporre, a livelli inconsci, modalità di vita, tipologia di uomini e donne che sembrano aitanti, audaci, scanzonatamente felici perché ottengono facilmente ciò che vogliono. In realtà il loro modo di pensare è impregnato di idee e modelli di comportamento del tutto indotti dal
 potere mass-mediale. 
Perché oggi c’è poca gente che si impegna a pensare e perciò pensa con la testa degli altri, ossia con quella di chi ha interesse a crescere enormemente nelle proprie ricchezze, proponendo ciò che è facile piacevole disimpegnato, come se la bellezza, la verità, la qualità della vita dipendessero da questo.
I cervelli vengono colonizzati dalla massificazione imperante. E la massificazione, come ho imparato da Padre Taddei, è prodotta dai grandi mezzi che “fabbricano” la comunicazione in modo da piacere alla massa nel suo disimpegno e basso gusto. D’altro canto la massa sempre più viene ‘confermata’ in questo suo gusto e disimpegno. La massificazione dunque, per opera della quale i cervelli vengono colonizzati, è fenomeno non indagato abbastanza, non abbastanza conosciuto né preso in mano con decisione politica ed educativa. È come un cane che si morde la coda. 
Questo fenomeno, per il domani della società, è di grave rischio. Infatti, mentre nelle epoche più antiche gli schiavi avevano consapevolezza di essere duramente strumentalizzati dai padroni, oggi gli uomini e le donne non si rendono conto di essere schiavizzati nel cervello. Presumono di avere idee proprie. In realtà pensano secondo gli stilemi di molti sceneggiati televisivi o di pagine e slogan da rotocalco.   E questo fenomeno si può riscontrare ai diversi livelli sociali. 
Carolina, una contadina acciaccata e sola che a volte vado a trovare, a proposito di qualcosa che le stavo dicendo, mi rispose in tono perentorio: “No. Non è così. L’ha detto la televisione!”. Ma capita anche di sentire persone con tanto di lauree e diplomi che “sentenziano” secondo i parametri di questa cultura prigioniera nell’ambito del desiderare a tutti i costi di “avere di più”.
 
Solo accenno a un'altra importante chiave di lettura dei “media”, ma anche di tutta la realtà. Si tratta delle tre domande di fondo sui cui si basa la metodologia Taddei che non può tramontare come tutto ciò che è vitale. 
Il: Che cosa? Come? Perché? mi ha aiutato a evitare facili trappole di interpretazioni superficiali e banali.
Mi fermo un attimo a un bel film che ho visto di recente: Il Cammello che piange di una regista cinese. È la storia di un cammello - madre a servizio di una famiglia di nomadi della Mongolia. Fortemente irritato da un parto molto difficoltoso, rifiuta il suo piccolo nel modo più assoluto. Dopo inutili tentativi degli uomini e delle donne, il cammello-madre perde finalmente il suo irrigidimento a causa di tanto tenero accarezzarlo da parte della donna-madre che a lungo e affettuosamente si dedica a ciò, anche con l’intervento di un suonatore di violino che produce soavissima musica. Il segno del passaggio dal rifiuto all’accettazione del piccolo cammello è il pianto del cammello-madre ripetutamente focalizzato con riprese magistrali.
Il che cosa mi è stato subito evidente: una vicenda presumibilmente avvenuta in Mongolia, in questo tempo.
Il come si è evidenziato nel ripetersi di certe inquadrature eloquenti, soprattutto circa l’estremo dolore del parto in contrasto con l’estrema dolcezza del consolare con tenere e prolungate carezze, in grande sintonia con la musica del violinista accorso in aiuto alla famiglia di pastori amici.
Il perché delle scelte di linguaggio filmico mi ha condotta a cogliere quella che mi pare l’idea centrale: ciò che vince il disperato irrigidimento nel dolore è l’amore nella sua espressione di tenerezza vera. E questo a livello universale: cosmico. 
A mio modesto avviso la metodologia Taddei potrà forse, in qualcosa, perfezionarsi ulteriormente valendosi dell’ enorme progresso tecnologico, ma, nella sua sostanza, è validissima per oggi e per sempre. 
Grazie dunque a Padre Taddei, che oggi che può assisterci dal regno che “solo amore e luce ha per confine”… e grazie a chi ne continua l’opera.
 


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