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LA PASSIONE DI GIOVANNA D'ARCO



Regia: Carl Theodor Dreyer
Lettura del film di: Aldo Bernardini BER
Titolo del film: LA PASSIONE DI GIOVANNA D'ARCO
Titolo originale: LA PASSION DE JEANNE D'ARC
Cast: regia: Carl Theodor Dreyer - sogg., scenegg.: Joseph Delteil, Carl Theodor Dreyer; fonti romanzo "Vie de Jeanne D'Arc" e "Atti" del processo - fotogr.: Rudolph Maté - mus.: Richard Einhorn, Ole Schmidt - mont.:, Carl Theodor Dreyer aiuto Marguerite Beaugé - scenogr.: Jean Victor Hugo, Hermann Warm - cost.: Jean Victor e Valentine Hugo - interpr. princ.: Renée Maria Falconetti (Jeanne D'Arc), Eugène Sylvain (Pierre Cauchon, vescovo di Beauvais), Maurice Schutz (Nicolas Loyseleur, inquisitore), Michel Simon (il giudice Jean Lemaitre), Antonin Artaud (Massieu), André Berley (Jean d’Estivet, pubblico accusatore), Rayet (Jean Beaupère), André Lurville (un giudice) - durata: 114' - origine: Francia, 1928 - colore: bianco e nero - produz.: Société Genérale de Films - distrib.: Globe - Deltavideo
Sceneggiatura: Joseph Delteil, Carl Theodor Dreyer
Nazione: FRANCIA
Anno: 1928

da: "Schedario Cinematografico", alla voce, 2.5.1962, BER

 

 

Giovanna D'Arco, in un processo nel quale rifulge la sua semplicità e la sua fede in contrasto con la doppiezza astuta, arrogante e formalistica dei suoi giudici, e condannata al rogo e, nonostante qualche debolezza, affronta il sacrificio con vero spirito di dedizione alla sua missione, provocando nel popolo che assiste non dubbie reazioni contro gli artefici della sentenza.

Sotto l'aspetto cinematografico, il film costituisce la rivelazione, clamorosa e potente, della maturità stilistica, della straordinaria sensibilità cinematografica che Dreyer ha acquisito: tutte le caratteristiche della sua arte, che si erano andate approfondendo ed affinando, sia pure con qualche discontinuità, nei film precedenti (la rigorosa strutturazione tematica, la tendenza ad un'atmosfera pittorica, l'uso di dettagli pregnanti, la cura minuziosa della scenografia, il controllo rigoroso di interpreti scelti dalla vita, l'impiego funzionale dell'illuminazione, ecc.), giungono finalmente qui ad un altissimo grado di espressività. Permane in Dreyer una tendenza simbolica forse troppo accentuata e palese, ma nel complesso lo stile non ha cedimenti, il ritmo esterno e interno si fonde perfettamente con lo sviluppo progressivo delle situazioni e dei personaggi verso il culmine delle ultime sequenze, e attraverso il gioco serrato dei primi piani, di splendido risalto figurativo, il film giunge all'espressione dei sentimenti, dei moti più profondi dell'animo, dei conflitti più interiori dei personaggi.

Sotto l'aspetto tematico, Dreyer abbandona qui il filone dell'amore, che si era rivelato inconcludente, per appuntare ancora una volta la sua attenzione sui valori umani che possono risolvere il suo interrogativo, ma considerati questa volta in una nuova luce. Dreyer aggancia la sua ricerca al discorso sulla religione, che egli riprende al punto in cui l'aveva lasciato dopo PRASTANKAN, approfondendo il significato che essa può assumere in rapporto ai valori umani: se, da un lato, intesa formalisticamente come sovrastruttura ad una sensibilità materialistica legata a un determinato contesto storico, la religione spinge i giudici a perseguitare Giovanna fino a condannarla al rogo, dall'altro la debolezza tutta femminile della Pulzella trova la sua forza d'urto nella fede in un soprannaturale non ben definito, ma che le permette di affrontare coraggiosamente la strada della passione e del martirio. Il contrasto è drammatico.

Ma non è senza importanza la commozione di Dreyer di fronte all'Eucarestia e il parallelo che egli ripropone con insistenza con la Passione di Cristo. Se non si può dire che Dreyer aderisca, o anche solo veda nella loro esatta prospettiva, i valori religiosi, egli ne intuisce certamente tutta l'importanza; e se l'interrogativo resta aperto, la ricerca è tuttavia decisamente orientata verso l'investigazione del soprannaturale.

 


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