LA FEDE NEL GRANDE CINEMA: IO SONO CON TE
Regia: Guido Chiesa
Lettura del film di: Luciano Nicastro
Titolo del film: IO SONO CON TE - LA STORIA DELLA RAGAZZA CHE HA CAMBIATO IL MONDO
Titolo originale: IO SONO CON TE
Cast: regia: Guido Chiesa – sogg.: Nicoletta Micheli – scenegg.: Guido Chiesa, Nicoletta Micheli, Filippo Kalomenidis – fotogr.: Gherardo Gossi – mus.: Nicola Tescari – mont.: Luca Gasparini, Alberto Masi – scenogr.: Marta Maffucci – cost.: Valentina Taviani – suono: Andrea Sileo – interpr. princ.: Nadia Khlifi (Marta), Rabeb Srairi (Maria Adulta), Mustapha Benstiti (Giuseppe), Ahmed Hafiene (Mardocheo), Mohamed Idoudi (Gesù), Fadila Belkebla (Elisabetta), Djemel Barek (Zaccaria), Carlo Cecchi (Erode), Giorgio Colangeli (Sapiente), Fabrizio Gifuni (Sapiente), Denis Lavant (Sapiente), Robinson Stévenin (Sapiente), Jerzy Stuhr (Sapiente) – colore – durata: 103’ – produz.: Silvia Innocenzi, Giovanni Saulini, Maurizio Totti per Colorado Film, Magda Film e Rai Cinema – origine: ITALIA, 2010 – distrib.: Bolero Film (19.11.2010)
Sceneggiatura: Guido Chiesa, Nicoletta Micheli, Filippo Kalomenidis
Nazione: ITALIA
Anno: 2010
Presentato: FESTA DI ROMA 2010 IN CONCORSO
La "Lettura" del film IO SONO CON TE di Guido Chiesa è avvenuta nell'ambito della serie di incontri mensili dal titolo "LA FEDE...NEL GRANDE CINEMA" organizzati, dalla parrocchia S. Giuseppe Artigiano di Piombino, che propone pellicole, anche recenti, di argomento religioso.
L'intento, concordato con il sacerdote, è quello, oltre alla possibilità di affrontare certe tematiche, di introdurre nella discussione del film i criteri della Metodologia Taddei al fine di permettere, in prima istanza, il recupero dell'unitarietà dell'opera, cosa che invece si perde in una prospettiva puramente analitica e contemporaneamente avviare ai criteri base di "lettura" una platea, piuttosto ampia e anche varia, ma priva di strumenti adeguati all'approccio filmico. Si scoprono così i Modi di Rappresentazione del film in funzione di Significato, passando dalla Vicenda al Racconto. A questo proposito si nota come la stesura della Vicenda, già Strutturata, sia piuttosto ampia e dettagliata (anche di aspetti tecnici), questo serve sopratutto al relatore/coordinatore per tenere sotto controllo il materiale filmico (il quale può confondersi, anche per effetto dei vari interventi e la difficoltà di rivedere i passi del film durante la serata), serve comunque sempre in caso di ricordi "opinabili" (che non mancano mai). Il materiale in questione è naturalmente preparato dal realizzatore in precedenza; personalmente vedo il film su un lettore da 9 pollici e prendo direttamente appunti su un apposito file. La Lettura prosegue verso la formulazione di una Idea Centrale (o una Intenzione) e cerca di suggerire spunti per cogliere eventuali (ma sempre presenti) comunicazioni inavvertite.
Tornando al film IO SONO CON TE, una possibile formulazione di Idea centrale potrebbe essere:
Attraverso una educazione fatta di spontaneità e naturalezza basata sul rapporto di piena fiducia con la madre, si può crescere e formare anche un essere straordinario, sono comunque le scelte pedagogiche originali di una madre a fare la grandezza di un figlio (anche se questi è Gesù il Cristo?).
Il regista e sceneggiatore Guido Chiesa è nato a Torino nel 1959, dopo una importante esperienza negli USA, realizza varie pellicole, tra le quali IL PARTIGIANO JONNY (uscito il 17 novembre 2000 e presentato alla 57° Mostra del Cinema di Venezia; lettura strutturale di Nazareno Taddei in Edav n. 283/2000).
Il film esce nelle sale il 19 novembre 2010, un mese prima, il 19 ottobre su Avvenire una intervista di Chiesa intitolata «Io da ateo a credente e il mio film su Maria». Da questa e da altre interviste apprendiamo che: «Ispiratrice (del soggetto e non solo) una madre, Maeve Corbo che, parlando con la moglie del regista, Nicoletta Micheli (sposata nel 1996, vive con lei a Roma ed ha tre figli) le ha mostrato “un aspetto” di Maria diverso dal solito, legato all’essere genitori e all’essere figli». Dice ancora il regista «un tempo credevo che il cambiamento a cui aspirare fosse soprattutto politico e sociale, adesso invece sono convinto che bisogna cominciare dall’amore di una mamma per il figlio. Il padre viene dopo (…) oggi mi rendo conto che non tutto debba necessariamente essere spiegato (…), all’origine del film una conversazione tra due mamme, come un giorno quella di Maria ed Elisabetta; (…) Il Cristianesimo è l’unica religione a identificare in una donna il principio positivo della salvezza, a vedere nella madre il cardine dell’intera vicenda umana. (…) Abbiamo deciso di raccontare in questo film come la grazia di cui è piena Maria possa essere misurabile in termini terreni con una grande bontà una innata grazia con naturalezza e spontaneità, seguendo il corso naturale delle cose, (…) non abbiamo voluto rappresentare Gesù bambino come una sorta di mago (…). A nostro avviso i misteri possono riferirsi anche alla carne (…) Il film indaga più l’aspetto umano che quello divino e teologico, è una visione laica della natività; (…) la scelta di girare in arabo anche perchè è l’unica lingua che conosce Nadia Khlifi, figlia di pastori scoperta in un villaggio del sud della Tunisia, dove il film è girato (…) ci rendiamo conto che l’arabo è la lingua del Corano, ma attori e comparse del luogo non hanno mostrato particolari difficoltà, così abbiamo scelto l’arabo con alcune parti di greco antico (poi abbiamo scoperta che l’aramaico viene dallo stesso ceppo linguistico dell’arabo…) abbiamo preferito di trovare le similitudini tra le religioni non di sottolinearne le differenze».
Grotta vista dall’interno, dall’apertura si scorge un crinale di colline, nello spazio dell’apertura si staglia in controluce la silouette di una donna velata, seduta che, con una voce stanca da persona anziana, inizia una narrazione: «Sono stata cresciuta nell’amore, un amore che ho ricevuto senza chiedere, senza aspettare, a cominciare dal latte di mia madre». (diss) Prato con un gregge di pecore che brucano, in mezzo al gregge è presente una ragazzina che munge (sente un suono come di un cuore che batte), il latte si versa. (diss) dett occhio sinistro volto femminile che si socchiude come ad assentire (musica araba con strumenti a corda). (diss)
Titolo su fondo nero. Giuseppe e la sua famiglia
Riprende la narrazione di Maria vecchia «una creatura aveva iniziato a vivere in me» «fu straordinario, certo ma naturale, semplice, so che è impossibile da credere ed è per questo che ne serbammo il segreto». Anna, la madre di Maria, mette Giuseppe al corrente proponendo di anticipare il matrimonio, Giuseppe le crede ma è perplesso a causa della propria famiglia, Anna: «Accadono molte cose che non riusciamo a spiegarci, eppure le accettiamo senza troppe domande» dice ancora Anna «hai avuto molte disgrazie, cercavi una nuova moglie per crescere i tuoi figli». Maria guarda con espressione serena; «una creatura di donna, che vuoi che sia». Narrazione: «Giuseppe fu convinto dalle parole e onorò la promessa che li legava». Maria narra «Io sono andata a vivere a Nazaret, mi aspettavano i fratelli di Giuseppe e i suoi figli. Maria viene accolta da Mardocheo, capo della famiglia marito di Rachele. Dett. Ramo con gemme (similitudine). I numerosi bambini giocano e fanno rumore, Maria deve prendere contatto con i bambini di Giuseppe (Ruth non vuole farsi pettinare da lei). Maria vede degli ebrei frustati dai romani come ribelli mentre un uomo viene allontanato dal villaggio perché indemoniato. Alcune donne impastano la farina per il tempio, una Rachele dice «il Signore ha creato le donne perché non può essere dovunque», ridono. Ruth tocca l’impasto e viene schiaffeggiata, Maria l’accoglie ma viene ripresa da Mardocheo che chiama Giuseppe ad insegnare a Maria a stare al suo posto. Giuseppe ha sempre un atteggiamento dimesso. Replica Anna. Maria porta una focaccia all’indemoniato. Ora pettina la bambina che sta tranquilla. Lo zio Elia porta una stoffa come regalo di nozze a Maria. Avverte che Elisabetta è preoccupata perché sta per avere il primo figlio. Immagine drammatica del parto di Rachele. Maria deve assistere alla cerimonia della circoncisione (a otto giorni) del figlio di Mardocheo: immagini drammatiche. Maria ha abbandonato la cerimonia sconvolta; Mardocheo continua a dire a Giuseppe che deve «metterla in riga». Maria chiede di andare da Elisabetta anche per allontanarsi per un po’ e «calmare le acque», così parte ma lascia un fagottello per la bambina.
Il viaggio a piedi di Maria con una carovana che poi lascia per andare da Zaccaria. Maria incontra Elisabetta e le fa capire che anche lei aspetta. Una levatrice «visita» Elisabetta e la istruisce sul futuro evento. Elisabetta parla a Maria dei suoi incubi circa il bambino, Zaccaria le dice che è il Signore che li vuole punire «è un segno del Cielo, lo so». Zaccaria invita Maria a restare più che può, la sua presenza fa bene alla moglie. Ancora aspetti cerimoniali. Elisabetta è sconvolta per il male che possono fare al figlio. Maria consiglia di non circoncidere il bambino. «Ma Zaccaria è un sacerdote», dice Elisabetta. Sguardo severo nei confronti di Maria, poi Zaccaria la riconduce alla sua casa.
Appena Maria torna la avvertono che la mamma sta male, l’ha morsa un serpente. Maria la cura ma Anna muore. Maria assiste alla nascita di un capretto. Porta ancora delle focacce all’indemoniato. Si parla del Censimento e di segnarsi dove si è nati. «per i romani siamo bestiame da contare». La tosatura, mentre Maria sta imparando come si sta in famiglia. I ribelli assaltano il magazzino aggredendo le guardie e chiedono alla popolazione di aiutarli, Giuseppe, che ha sempre un atteggiamento passivo, viene invitato dallo zio Elia a Betlemme in Giudea dopo il parto per il censimento, Mardocheo dice di aver bisogno di braccia. Lo zio porta la notizia che ad Elisabetta è nato un maschio e lei lo vuole chiamare Giovanni. Passa una fila di ribelli in ceppi, sono stati catturati. Maria è vicina al parto è preoccupata per la circoncisione (vede tutta una serie di violenze e sangue). Porta ancora il cibo a Hillel, l’indemoniato e lo saluta perché starà via per qualche tempo, poi parla con Giuseppe affinché vada lui a Betlemme per segnare sé i fratelli, Giuseppe dice «dopo il parto» ma lei «la rivolta è giunta sin qui», lo convince, Giuseppe appare succube.
I due partono con un carretto in una carovana, Mardocheo li guarda contrariato. La carovana arriva in un caravanserraglio ma non ci sono più stanze. Giuseppe chiede ogni singola cosa a Maria che lo guida: procedono per Betlemme da soli. Maria dice di fermarsi, sono in un complesso di grotte unite da porte. Maria comincia ad avere le doglie, Giuseppe si agita, poi capisce che era questo che aveva in mente: «restare sola», va a cercare aiuto. Il bambino nasce, quando Giuseppe ritorna con la levatrice Maria già lo allatta e lo informa che si chiamerà Gesù. La levatrice dice al pastore, giunto insieme ad altri proprietari della grotta, che sono nomadi, «impuri», non si può offrire loro acqua. I due figli di Giuseppe (Ruth e Giuseppe) guardano il Bambino. Giuseppe dice a Maria di tornare a casa , lei gli risponde «ti dirò quando mi sento di partire» Giuseppe le ricorda le regole, lei gli risponde «adesso ho altre regole da rispettare». Rimangono nella grotta, poi Giuseppe le dice che mancano tre giorni e sottolinea che è per questo che è voluta restare lì. Ora Giuseppe dice che il bambino dovrà essere circonciso «ti ho seguito sin qui ma adesso è troppo» Maria gli dice «Anche Zaccaria pensava che la legge non si può trasgredire» e rivede le immagini quando Elisabetta e il marito discutevano sulla circoncisione una violenza su «una creatura indifesa», poi il suo dialogo con Zaccaria al quale dice «ma cosa ti dice il tuo cuore?» e poi sostiene che non lo ha fatto. Giuseppe va per parlare con Zaccaria ma una donna gli dice che se ne sono andati, Zaccaria non era più accettato. Un nomade parla con Maria e dice che loro possono non rispettare tutte le regole Maria dice «Io voglio fare solo quello che mi chiede il Signore». Vanno al tempio per l’offerta, Giuseppe ha due colombe, una voce salmodiante ricorda l’impurità della donna partoriente. Anche Maria viene segnata ma si deterge incupita.
Un anno dopo. Il Bambino gioca davanti alla bottega da falegname (carpentiere) di Giuseppe che lo avverte di non farsi male, il Bambino si colpisce, arriva di corsa Maria, Giuseppe dice di averlo avvertito lei replica, abbracciando il bambino, «tu non dirgli niente, vedrai che non succede». Alcuni personaggi importanti si presentano a Erode, sono studiosi e si presentano al villaggio. Uno dice «sono qui per la profezia di Michea?» Erode ammonisce dai falsi profeti (parla in greco antico) e poi continua, «quando avrete visto i prodigi troveremo il modo di annunciare a tutti la sua venuta» (la scena di Erode è con montaggio alternato rispetto all’arrivo al villaggio) I sapienti assicurano Erode. Ma lui manda con loro una sua spia. I sapienti arrivano da Giuseppe per vedere il bambino. Vengono accolti, poi Giuseppe porta loro Gesù, loro cercano un segno, Maria osserva sorridente, fanno fare al bambino dei test (!). Poi si riuniscono, sembrano discutere, il Bambino cammina, uno dei saggi lo segue, poi il piccolo cammina sui bordi del pozzo, il saggio dà l’allarme corrono per prenderlo, arriva per prima Maria lo prende in collo e lo sottrae. Uno dei saggi incontra il bambino che sorride, poi riprende a camminare sul bordo del pozzo. Il gruppo dei saggi gli si fa appresso. Giuseppe è preoccupato delle attenzioni dei «forestieri», Maria è tranquilla. Giuseppe riflette sul ruolo dell’uomo «è sempre stato l’uomo a comandare» e sul comportamento di Maria, poi conclude «non lo so più» Maria gli dice «tu hai fatto grandi cose». Il gruppo dei saggi (una diecina) parla a Giuseppe e Maria. I saggi hanno notato che la madre non ha mai paura, «il pozzo è profondo più di venti spanne, se la madre non sapesse che ha doti prodigiose, non lo farebbe» Maria sorride, anche Giuseppe e spiega che anche la madre di Maria ha sempre fatto così, ora non si preoccupa più neppure lui. Maria dice «poi si è sentito sicuro, come fanno i cuccioli degli animali, le cose che non conosce, quelle possono fargli paura» I saggi concludono che hanno capito qualcosa di importante sulla natura dell’uomo. Con montaggio parallelo si segue l’incontro dei saggi con Giuseppe e la loro discussione successiva, il fatto che stanno cercando «il soccorritore divino» ma se lo erano immaginato dotato di poteri soprannaturali e «se fosse un bambino qualunque?» «e se fosse il modo in cui sta crescendo a renderlo speciale un giorno?» «Allora non dipende solo da Dio?» «Dio non è un burattinaio» se la madre avesse limitato la sua libertà, la sua sana libertà, avrebbe compromesso la sua fiducia in se stesso, lasciandolo libero, l’ha favorita, potrebbe essere questo il prodigio: «una madre che crede fino in fondo nel suo bambino, tutti e due agiscono secondo le leggi che Dio ha inscritto in noi». Uno poi riflette «noi affannati coi nostri stupidi giochetti». L’incontro con la famiglia si conclude e i sapienti decidono di non ripassare da Erode e uno riflette «Quella ragazza è una meraviglia con il suo bambino, porta in sé una tale saggezza..» (Diss) La tenda con i saggi non c’è più Maria con il bambino sorride.
Da Erode la spia gli dice che i calcoli dei saggi erano sbagliati, ma Erode lo invia per una missione. Maria sente qualcosa nella notte (si ode come il pianto di un bambino) Giuseppe esce a vedere, incontra donne che gridano di bambini uccisi «come agnelli» «sono i sicari di Erode», alcuni si armano, Giuseppe torna indietro, cerca Maria (ritmo della musica incalzante) una donna lo avverte di prendere la strada degli orti. Giuseppe con un carretto con Maria e il bambino fugge chiedendo pietà a Dio per aver lasciato fare troppo a lei.
Undici anni dopo. Dett. Occhio sinistro attento ad una voce salmodiante che parla di istruzione, è un bambino, la voce continua «la stoltezza è legata al cuore del fanciullo» e parla del «bastone della correzione» è insieme a molti altri che ascoltano un sacerdote maestro. Con montaggio parallelo si mostra, mentre gli alunni (tra i quali Gesù) ripetono le parole e il gruppo (lo stesso) corre tra gli alberi, il maestro parla di lapidazione, Gesù ripete ma si ferma col volto serio, il maestro guarda con volto severo. Gesù parla con Hillel, l’indemoniato, che confessa di non andare al tempio, Gesù gli risponde «Isaia dice: il Signore è come una madre che consiglia il figlio», Hillel replica «ma non tutti hanno avuto una madre come la tua» Gesù è con il cugino Mardocheo che viene sfidato da un altro ragazzo con un compagno, i due si battono, Gesù cerca di separarli, poi viene aggredito dal secondo, interviene la madre di Mardocheo che rimprovera e strattona, poi dice a Gesù «ora vediamo cosa dirà tua madre», da una tenda esce una donna con il pane (l’attrice è cambiata), è Maria, l’altra madre le dice «cosa deve succedere perchè ti decida a dargli una lezione?» , lei replica «me ne parlerà se ne ha voglia». Gesù chiede alla madre se le scritture possono sbagliare, lei replica che quelle regole sono state scritte da degli uomini «qualcosa va bene e qualcosa no» «una donna può fare tanto ma oltre i confini di una casa è difficile che qualcuno la ascolti». Ancora un maestro salmodiante, saluta tutti i ragazzi che per la prima volta, in occasione della Pasqua, potranno andare a Gerusalemme ed entrare nel «cortile degli uomini», poi passa all’appello. Tutti i bambini hanno lo stesso nome del padre, entra nella sinagoga anche Hillel, vogliono mandarlo via, Gesù lo difende, Giuseppe chiede che sia il saggio Baruch a decidere. Questi nota che di sabato non si possono percorrere gli stadi (più di sei) che portano dalla capanna di Hillel alla sinagoga. Lo rimanda alla sua casa. PP di Maria, poi Gesù fa per seguirlo, Giuseppe lo trattiene.
La carovana parte per Gerusalemme con Giuseppe, Maria e Gesù. I bambini entrano per la prima volta nel tempio, vengono portate le offerte, agnellini che vengono sgozzati e il sangue versato sul muro, Gesù guarda. Alla sera si spezza il pane azzimo della Pasqua pronunciando la frase «l’anno prossimo saremo in terra di Israele». Tutti festeggiano, Maria e Gesù, che è in disparte, si abbracciano. La carovana si rimette in marcia, Giuseppe cerca Gesù, Maria lo tranquillizza, ma più tardi Giuseppe ed altri non lo trovano, Maria procede, non sembra preoccuparsi. Giuseppe si agita «è sparito, non ha detto nulla neanche a te», lei «avrà avuto le sue buone ragioni». Giuseppe dice «domattina torneremo a Gerusalemme a cercarlo». Maria è impassibile. Mardocheo padre si lamenta, Maria in silenzio rivede i momenti della sua vita con il figlio e la sua domanda su come correggere le scritture. Il giorno dopo a Gerusalemme Giuseppe e tutta la sua famiglia cercano Gesù (in montaggio parallelo con i ricordi di Maria dove Gesù dice «perché se sono giusti, Salomone e Giobbe raccomandano di picchiare i figli?» poi chiede «potrà venire un tempo in cui si benediranno le donne per non aver fatto figli o non avere allattato?» «perché è permesso di uccidere i pagani?» «a chi serve tutto quel sangue al tempio?»). Maria ha sempre un volto imperscrutabile. Maria compone ancora i tre cerchi con le pietre e pensa «è al tempio». Gesù è in mezzo ai dottori della legge e chiede «è concesso ad un uomo che lo aveva perduto ritrovare il Signore di sabato? Anche se per farlo deve camminare più di sei stadi?», i dottori lo ascoltano in silenzio senza particolari segni di assenzo. Poi giunge a Maria la voce «è nel tempio», lei sorride compiaciuta, è un ragazzo che avverte anche Giuseppe, questi difende Gesù dalle accuse di Mardocheo, che parla di rispetto; Maria replica «la paura non porta al rispetto (...) solo al Signore dobbiamo obbedienza». Mardocheo replica «ecco la fonte della sua stoltezza». La famiglia di Mardocheo riparte. Maria e Giuseppe si incontrano con Gesù con ripresa dall’alto che li fa apparire piccoli nella grande piazza dove si riuniscono senza parole, poi Gesù prende a camminare, gli altri gli vanno dietro.
Su Maria si sente di nuovo la voce f.c. della stessa Maria anziana che dice «quel giorno cominciai a capire quale sarebbe stata la sua strada». Di nuovo nella grotta dell’inizio con la sagoma in controluce di una donna seduta e velata «riprendemmo la vita di sempre», poi le chiedono «cosa accadde, cosa fece prima che lo conoscessimo?» (un discepolo che la interroga?) «il frutto doveva solo maturare», il discepolo: «nessuno dà tutta questa importanza all’infanzia di un uomo, non bastano i suoi insegnamenti e il martirio?», Maria «per comprenderne una vita bisogna conoscerne il principio», si volta è il volto di una vecchia (magrebina) che sorride, si alza, esce dalla grotta e si incammina nel sole (suoni di strumenti a corda), diss. al nero. Titoli di coda.
Il Racconto è strutturato con un Prologo ed un Epilogo, tra i due un lungo flash back nel quale è rappresentata la storia. Prologo ed Epilogo presentano una Maria, ormai vecchia, che racconta a qualcuno – si capirà solo alla fine che si tratta di un discepolo – la sua storia in rapporto a quella di Gesù, nei primi anni di vita di lui. È quindi una sorta di Vangelo di Maria (secondo Guido Chiesa) dell’infanzia di Gesù; le fonti, più o meno dichiarate sono: il Vangelo di Luca – «che rivela (…) in base anche all’osservazione personale e ripetuta con cui si conclude (2, 19 e 51), la testimonianza di Maria, che Luca, greco di Antiochia, poté interrogare ad Efeso», come argomenta Andrea Tornielli (op.cit. in margine) –, il Vangelo di Matteo – «dipendente chiaramente dall’ambiente familiare di Giuseppe» , sempre Tornielli – ed i Vangeli apocrifi – con un Giuseppe più anziano (ma nel film non pare) vedovo e con alcuni figli (nel film due).
All’interno del flash back il racconto è lineare (senso cronologico), anche se spesso con montaggio parallelo, e si può dividere in grossi blocchi narrativi (già evidenziati tracciando la Vicenda). Il film si propone, in modo abbastanza evidente, di mettere in scena e rappresentare l’intuizione originale di Maeve Corbo, che tanto aveva colpito Nicoletta Micheli, moglie del regista fino a provocare la conversione di entrambe. Il film intende quindi sviluppare e «dimostrare» una teoria.
Già nel Prologo la chiave di lettura del film nella frase pronunciata da Maria, ormai vecchia, con un chiaro riferimento: «sono stata cresciuta nell’amore, un amore che ho ricevuto senza chiedere, senza aspettare, a cominciare dal latte di mia madre». Poi, sulla voce narrante le immagini del Concepimento di Maria ragazzina (non c’è traccia di Annunciazione) e, col dett. dell’occhio che si socchiude un segno di Accettazione. La voce narrante definisce l’evento «straordinario, certo, ma naturale» e il fatto che fosse «impossibile da credere» fa sì che venga tenuto nascosto. Ma non a Giuseppe, è la madre di Maria a metterlo al corrente, Giuseppe è perplesso ma Anna è perentoria «Accadono molte cose che non riusciamo a spiegarci eppure le accettiamo senza troppe domande» (non c’è nessun intervento dell’Angelo). Nel Primo blocco viene infatti presentata la figura e la famiglia di Giuseppe, questa dominata dal fratello maggiore Mardocheo che rappresenta la tradizione e il richiamo alla rigorosa osservanza della Legge. Maria narra «io sono andata a vivere a Nazaret (nel racconto dei Vangeli c’era già), mi aspettavano i fratelli di Giuseppe e i suoi figli». Il rapporto con i figli è rappresentato dall’iniziale rifiuto di Ruth a farsi pettinare da lei ma successivamente a rifugiarsi da lei sotto le punizioni minacciate da Mardocheo (sempre riguardo alle regole della Legge). Inizia a delinearsi l’atteggiamento di Maria che sembra affidarsi, via, via sempre di più al proprio sentire, al proprio istinto esaltato dalla condizione di madre, anche quando il suo agire appare socialmente scandaloso; sarà oggetto così di richiamo da parte di Mardocheo che imporrà a Giuseppe di «metterla in riga». Particolarmente traumatica sarà per Maria l’esperienza della circoncisione (rappresentata con molto realismo e crudezza) del neonato figlio di Mardocheo e Rachele, tanto che sarà la difficoltà dei rapporti nella famiglia che farà decidere Maria di allontanarsi per un po’ e «calmare le acque», approfittando della maternità di Elisabetta. Giuseppe ha invece sempre un atteggiamento dimesso, appare a tratti come estraneo, poco espressivo (in questo favorito anche dalla recitazione dell’attore), sembra farsi da parte (qualcuno ha sottolineato l’etimologia del nome: «che aggiunge») rinunciando a quello che era il primato maschile. Nell’episodio di Elisabetta si precisano ancora questi aspetti, Maria si prende cura della donna ma, di fronte alla paure di lei, mette ancora più apertamente in discussione la circoncisione e sfida caparbiamente lo status quo sociale e religioso del suo tempo sovvertendo molte regole della società patriarcale. Al ritorno in famiglia Maria prosegue con le sue azioni generose (aiuto all’indemoniato allontanato dal villaggio), affettuosa con i bambini (nasconde sempre alla loro vista le scene di violenza e occulterà anche il Bambino di fronte a certe affermazioni della tradizione o della Legge), ma la preoccupazione per la prossima maternità la spinge a forzare Giuseppe a partire per Betlemme (invitato dallo zio Elia) prima e non dopo il parto. Giuseppe appare anche succube di lei e non si cura di scontentare il fratello. Le differenze sin qui accennate, ma «sentite» da quella che è la narrazione evangelica toccano il loro apice nella scena della Natività, spogliata di qualunque enfasi e di ogni aspetto che superi la dimensione umana «naturale». Il parto avviene in solitudine secondo l’insegnamento che Maria ha avuto osservando una capretta partorire il suo cucciolo. Giuseppe appare sempre frastornato, agitato superato dagli eventi; alla Nascita è assente (il particolare che vada a cercare una levatrice è presente nei vangeli apocrifi), Maria si limita a comunicagli il nome del Bambino; l’uomo, solo allora, incomincia ad intuire «era questo che avevi in mente: restare sola» e, più avanti, quando Maria si rifiuta di tornare a casa benché siano in una grotta e «non ci sia neppure l’acqua» replicando al marito «ti dirò quando mi sento di partire», lui capisce che è voluta restare lì per evitare la circoncisione al bambino. Il rifiuto della circoncisione diventa emblematico del rifiuto di Maria di quella società patriarcale. La discussione tra i due coniugi si conclude con la rivelazione di Maria che anche Zaccaria, che pure era sacerdote, ha rifiutato l’atto rituale sul proprio bambino. Maria mostra anche insofferenza al tempio dove viene presentata per la purificazione (cerimonia peraltro prescritta dal Levitico – 12, 1-8).
Blocco particolarmente importante è quello che riguarda l’educazione del Bambino intercalato e sottolineato dalla visita dei Sapienti; siamo ad un anno dalla nascita, nella cittadina di Nazaret. Maria riprende Giuseppe perché mostra scarsa fiducia nel bambino avvertendolo di non farsi male, lei replica «tu non dirgli niente, vedrai che non succede». È rappresentato l’episodio dei Sapienti in colloquio con Erode e questi fa in modo che una sua spia li segua. Risibile è poi l’episodio in cui i Saggi sottopongono a test Gesù, per vedere se è lui l’oggetto della profezia (stanno testando tutti i bambini della cittadina); poi l’episodio chiave: il bambino che cammina sul bordo di un pozzo profondo con la madre che continua a lavorare nell’orto tranquilla, questo porta i sapienti a fare una prima considerazione: «la madre sa che il bambino ha doti prodigiose», alla quale segue la spiegazione di Giuseppe «anche la madre di Maria ha sempre fatto così, ora non mi preoccupo neanche io» e la «lezione» di Maria, «si è sentito sicuro come fanno i cuccioli degli animali, solo le cose che non conosce possono fargli paura». Segue la conclusione dei saggi: si erano immaginati il «soccorritore divino» dotato di poteri sovrannaturali, ora si chiedono: «e se fosse un bambino qualunque?», «e se fosse il modo in cui sta crescendo a renderlo speciale un giorno?», la madre non ha limitato la sua libertà, ha favorito la fiducia in se stesso, quindi «potrebbe essere questo il prodigio: una madre che crede fino in fondo nel suo bambino, tutti e due agiscono secondo le leggi che Dio ha inscritto in noi». I saggi hanno ancora il tempo di ridere dei propri «test», poi se ne vanno sottolineando «quella ragazza è una meraviglia con il suo bambino». Accennato l’episodio della strage e della fuga durante la quale Giuseppe appare sempre confuso con un senso di colpa per «lasciar fare troppo a lei».
Nuovo salto di tempo, il bambino ha dodici anni e riceve gli insegnamenti nella sinagoga, li ascolta con spirito critico e chiederà alla madre se «le scritture possono sbagliare», la madre mette in evidenza che le regole sono state scritte da degli uomini «qualcosa va bene, qualcosa no» e poi aggiunge che una donna può fare tanto, ma fuori i confini di una casa «è difficile che qualcuno l’ascolti» (in quest’ultima parte Maria appare più «passiva», l’iniziativa passa al Bambino). Gesù ha proseguito il suo rapporto di amicizia con Hillel ma questo (che dimostra un grande miglioramento) continua ad essere respinto: nella sinagoga si richiama la proibizione del sabato contro la sua presenza, Gesù vuole reagire, Giuseppe lo trattiene; è la riunione dei bambini dell’età di Gesù che dovranno essere presentati al tempio di Gerusalemme per la prossima Pasqua. Nell’ultimo blocco Gesù è a Gerusalemme, ancora messa in evidenza la sua sensibilità – rifiuto del sangue versato degli agnelli – sempre sottolineato lo stretto rapporto con Maria. Infine la partenza della carovana che fa ritorno a Nazaret e la scomparsa di Gesù, con Giuseppe che si agita e Maria che resta impassibile (forse anche troppo nella recitazione della nuova attrice; ma dobbiamo vederci l’espressione di Luca: «serbava tutte queste cose meditandole nel suo cuore»?) e rivede scene in cui Gesù argomenta in modo critico circa le scritture, poi disegna con pietruzze tre cerchi collegati (un accenno a una realtà divina? Ma forse è solo un modo di riflettere) e capisce dove si trova il bambino. Al tempio Gesù è tra i dottori della legge, pone loro le domande che gli suggerisce la sua esperienza e che, in parte, abbiamo già sentito, gli uomini lo ascoltano in silenzio ma senza particolari segni di assenso. L’incontro tra Maria, Giuseppe e Gesù è con ripresa dall’alto (uno sguardo superiore?), poi Gesù va avanti, gli altri seguono.
Infine l’Epilogo con il dialogo tra Maria, ormai vecchia, ed un discepolo (forse lo stesso evangelista Luca dice Tornielli) il quale obietta «nessuno dà tutta questa importanza all’infanzia di un uomo, non bastano i suoi insegnamenti ed il suo martirio? (non si fa cenno alla resurrezione)», Maria replica «per conoscere una vita bisogna conoscerne il principio».
La scenografia è minimale, uno scarno naturalismo – la scelta della Tunisia e un cast in maggioranza di non professionisti con l’originale girato in dialetto locale;
il montaggio è rapido e secco, i vari episodi del «morbido ribellismo di Maria» e i modi e le forme dell’eccezionalità e della straordinaria bontà e sensibilità di quel bambino, rappresentati in sequenza reiterata, rischiano di dare dinamiche un po’ semplicistiche al racconto e rendere manifesto un certo intento didascalico.
In merito alle figure e al ruolo dei due genitori, qualcosa abbiamo sottolineato, ricordiamo solo quanto scrive in merito Vittorio Messori «in una società come quella antica sia pagana che soprattutto giudea, (…) la famiglia e l’obbedienza filiale erano valori sacri...» e ancora Tornielli: «Da questo primo brano evangelico – sta citando Matteo – dunque, entrambi i genitori svolgono un ruolo nel fare di Gesù quello che è (…) Giuseppe è colui attraverso il quale Cristo è generato come figlio di Davide, mentre Maria è colei attraverso la quale Cristo è generato come figlio di Dio (…) il Messia atteso da Israele e, al contempo, un Messia che partecipa della divinità».
L’educazione del Bambino è l’elemento centrale della narrazione, le scelte singolari, irrituali, pedagogiche di una madre, messe sempre a confronto con quelle dei maestri, degli uomini di quella società, un rapporto basato sulla fiducia reciproca madre figlio, quasi in una tradizione matrilineare (così faceva la madre di Maria), il tutto ricondotto ad un estremo «naturalismo» (Maria impara dalla capretta, il Bambino fa come i cuccioli) se non proprio «animalismo». È evidente come in tutto il racconto la questione del Divino sia in secondo piano, tutte le scelte sono fatte partire dalla propria coscienza e dalla propria sensibilità, dalla capacità di esistere con «naturalezza»… e poi c’è quel «bambino qualunque».
Protagonisti del film sono: Maria, che è anche la voce narrante e quindi racconta la propria storia, ma anche il Bambino, in quanto lei agisce in sua funzione, mentre il piccolo cresce ed «è» in funzione di lei. Il titolo è quindi corretto nell’interpretazione: Io, Maria, sono con te, il Figlio.
Ultimo passaggio consiste nel chiedersi: PERCHE l’Autore ha raccontato questo COSA (la storia narrata) con questi COME (modi di rappresentazione)? La storia di Maria è resa emblematica (anche per questo, forse, viene attenuato l’aspetto del trascendente) del fatto che una madre che riveli tali doti, peraltro «naturali», attraverso una educazione fatta di spontaneità e naturalezza, può crescere e formare un essere straordinario; sono le scelte, abbiamo detto singolari, irrituali, pedagogiche di una madre, a fare la grandezza di un figlio e questo (sembra ammiccare il film) può cambiare la storia anche oggi.
Il principio enunciato, «dimostrato» nel film è, in buona parte, indubbiamente valido, il rapporto madre-figlio è effettivamente un «prototipo» delle esperienze che il bambino farà nel mondo. Questo tema riporta alla memoria una poesia di Pascoli intitolata, per l’appunto, «Fides» (nel senso di «Fede», «Fiducia») nella quale la possibilità stessa che il bambino possa incontrare nel mondo la felicità è determinata da questo incontro-rapporto, «prototipo» appunto, anche di conoscenza del fenomeno fino al livello della «Fides» nel senso più alto. Naturalmente questo è riferito dal poeta ad una storia puramente «umana». Comunque tutto ciò fa riflettere anche sul grande ascendente che la madre esercita e sulla enorme responsabilità che comporta.
Ma i MODI rivelano anche qualcosa del substrato di idee presenti nell’autore (nella coppia degli Autori), quelli che il Prof. Taddei ha definito i Fondi Mentali e che costituiscono anche Comunicazioni più o meno inavvertite (in quanto date per «dimostrate», ma nella realtà, fuori dalla «finzione cinematografica» non è proprio così). Si può iniziare dal ruolo dei genitori con la condizione assolutamente subalterna del padre, che nel film assume tratti da stereotipo di spot tv (lo stesso regista ha detto: «il padre viene dopo», ma abbiamo visto quale è il senso da dare alla cosa); e poi il «naturalismo educativo», figlio di un certo pensiero pedagogico che vede in uno «stato di natura originario» l’essere perfetto, felice e buono (il «buon selvaggio» di Rousseau), e che conduce ad un «lasciar fare» pedagogico e ad un pieno permissivismo, mentre la degenerazione, la decadenza è sempre frutto e portato di una organizzazione sociale (in questo caso la forte sottolineatura è per quella determinata dall’uomo, dal maschio: la società «maschilista»); ancora, ma non ultimo il sentimento del sacro, che risulta volontariamente bandito dal copione (la volontà di fare un film «laico»), e che alla fine, anche sotto il profilo del «dire» di quella particolare storia, fa senz’altro sentire la mancanza della sua forza ispiratrice.