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THE CANYONS



Regia: Paul Schrader
Lettura del film di: Franco Sestini
Titolo del film: THE CANYONS
Titolo originale: THE CANYONS
Cast: regia: Paul Schrader – scenegg.: Bret Easton Ellis – mont.: Tim Silano – fotogr.: John DeFazio – mus.: Brendan Canning – scenogr.: Stephanie J. Gordon – cost.: Keely Crum – interpr. princ.: Lindsay Lohan, James Deen, Nolan Funk, Gus Van Sant – durata: 99’ – colore – produz.: Post Empire Films, PrettyBird Pictures, Sodium Fox, Filmworks FX – origine: USA 2013 – distrib.: Adler Entertainment
Sceneggiatura: Bret Easton Ellis
Nazione: USA
Anno: 2013
Presentato: 70. Mostra Internazionale d’Arte Cinematografica 2013 – FUORI CONCORSO

È la storia di un gruppo di attori e attrici che gravita nei dintorni del cinema Hollywoodiano di serie B; si sta trattando per la realizzazione di un film da girare in Messico e molti di questi giovani strisciano davanti al presunto produttore, un giovane debosciato dedito soprattutto alle orge con maschi e femmine e che per tacitare il ricco genitore sulla professione di produttore cinematografico che ha intrapreso e per avere il conto in banca copertissimo, accetta di sottoporsi a incontri – quasi quotidiani – di psicanalisi.

 

Il film inizia con una cena a quattro alla quale partecipa il produttore, con la fidanzata che sarà anche l’attrice principale nel futuro film e un’altra coppia – anch’essa destinata alle glorie cinematografiche – che si guardano e occhieggiano a vicenda intendendo tutti i paradisi possibili.

Il giovane produttore ha un atteggiamento misterioso e sospetto: dichiara amore eterno alla fidanzata, Tara, ma non disdegna di unirsi carnalmente con altre ragazze e organizzare serate di scambio di coppie.

E così la prima parte del film si sviluppa principalmente “a letto”, in lussuose ville all’americana, con piscina ed altri accessori e il numero dei partecipanti a questi incontri varia sempre.

In questa parte notiamo che il produttore – con la sua aria sempre più misteriosa che potrebbe preludere a qualche malattia mentale – è molto geloso della fidanzata, non perché nutra per lei un grande amore, ma per un fatto specifico di “proprietà”: sei mia e non mi puoi abbandonare finché non ti autorizzo.

Nella seconda parte si sviluppa un altro filone narrativo: il giovane produttore sta per subire un ricatto dalla ragazza che – oltre ad essere una delle sue amanti – è anche la sua insegnante di yoga; in preda ad un attacco di collera, la uccide in modo estremamente sanguinolento e cerca di organizzare le cose in modo da trovare un capro espiatorio e soprattutto qualcuno che gli fornisca un alibi.

Per il problema dell’alibi, ci riesce brillantemente, costringendo la fidanzata a testimoniare una cosa non vera, mentre per il problema del “capro espiatorio”, cerca in tutti i modi di investire il fidanzato con cui ha cenato nella prima scena, ma non ci riesca.

Il delitto della ragazza, evento a cui lo spettatore assiste completamente, rimarrà impunito e questo, se mi si permette, è una grossa novità nel campo cinematografico: il colpevole viene sempre smascherato e arrestato (o ucciso).

La vicenda che ho tratteggiato è ben delineata e realizzata in splendidi ambienti molto raffinati e interpretata da una serie di giovani – uomini e donne – che rubano gli occhi, come si dice dalle mie parti per alludere ad una bellezza notevole.

La tematica su cui poggia il film è basata sull’intreccio che si sta realizzando tra sesso e ambizione di potere; entrambe queste caratteristiche sono indispensabili per arrivare all’apice della scala dei valori; entrambe queste caratteristiche debbono essere presenti in caso si voglia arrivare alla vetta del potere.

Non a caso il nostro produttore/omicida è chiaramente un malato mentale (è in cura da uno psichiatra) ed il fatto che sia colui che riesce, accumulando sesso e potere, a raggiungere la vetta senza che nessuna autorità lo intercetti, sta proprio ad indicare che l’ossessione del potere è una autentica malattia che richiede l’intervento dello psichiatra.

Il film, che ha anche una tematica di un certo interesse, è realizzato con un’altra ossessione: quella del “bel nudo” esibito in tutte le sequenze; tale modo di rappresentare, al di là del manicheismo, a lungo andare stanca anche lo spettatore più “disponibile” e diventa una cosa assolutamente negativa.

Per concludere, a parte il già accennato esagerato uso della nudità e della esplicita rappresentazione degli atti sessuali, abbiamo una negatività che a mio giudizio è ben peggiore: il crudele uccisore di una ragazza indifesa viene salvato nel contesto della narrazione; questo, per me è assai grave. (Franco Sestini)

 


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