PARKLAND
Regia: Peter Landesman
Lettura del film di: Olinto Brugnoli
Titolo del film: PARKLAND
Titolo originale: PARKLAND
Cast: regia, scenegg.: Peter Landesman fotogr.: Barry Ackroyd, BSC mont.: Leo Trombetta, A.C.E, Mark Czyewski scenogr.: Bruce Curtis cost.: Kari Perkins mus.: James Newton Howard suono: John Pritchett interpr. princ.: Tom Welling (Roy Kellerman), Zac Efron (Jim Carrico), Marcia Gay Harden (Doris Nelson), Paul Giamatti (Abraham Zapruder), Jackie Earle Haley, Colin Hanks, David Harbour, James Badge Dale durata: 92 colore produz.: Playtone, Exclusive Media origine: USA, 2013 distrib.: Rai Cinema
Sceneggiatura: Peter Landesman
Nazione: USA
Anno: 2013
Presentato: 70. Mostra Internazionale dArte Cinematografica 2013 CONCORSO
Il 22 novembre 1963, a Dallas, veniva assassinato il 35esimo Presidente degli Stati Uniti, John Fitzgerald Kennedy. Il film è basato sul romanzo Four Days in November di Vincent Bugliosi e ricostruisce gli eventi drammatici di quel fatidico giorno.
La struttura del film è lineare e mette in risalto, da un lato, il susseguirsi dei fatti, e, dall'altro, i comportamenti delle persone coinvolte a vario titolo. Le prime immagini del film mostrano il Parkland Memorial Hospital, dove in seguito il Presidente verrà ricoverato. Ci sono poi immagini di repertorio che illustrano i preparativi per la visita del Presidente a Dallas fino al momento dell'attentato che viene ripreso per caso, con un cinepresa super 8, dal sarto Abraham Zapruder, un entusiasta sostenitore di Kennedy. Un certo peso acquista poi il medico specializzando che per primo deve prendersi cura del ferito e che manifesta tutta la sua disperazione quando si rende conto che ormai non c'è più niente da fare. È poi la volta del prete che interviene a benedire la salma e che deposita un crocifisso sul corpo del defunto.
Nel frattempo le notizie si diffondono in tutto il Paese creando sconforto e panico. La prima cosa da fare è mettere al sicuro il vicepresidente Johnson che viene portato via in tutta fretta e che dovrà giurare sulla Costituzione per non lasciare l'America senza una guida in un momento che potrebbe essere cruciale. Iniziano poi le indagini. Ma bisogna anche risolvere un problema non da poco: il conflitto tra l'FBI, che vorrebbe immediatamente portare a Washington il corpo del Presidente, e la polizia di Dallas che rivendica il diritto di eseguire l'autopsia e di prendersi cura del caso. Dopo un forte litigio prevale la linea dell'FBI: la bara del Presidente viene caricata su un aereo cui vengono asportati dei sedili per far posto al feretro.
Si incomincia a fare il nome di Lee Harvey Oswald, che viene catturato e incolpato del delitto. Si viene anche a scoprire che Oswald aveva già ucciso un poliziotto e che aveva minacciato un dirigente dei Servizi segreti. Naturalmente c'è grande rammarico per avere sottovalutato la cosa e non essere così riusciti a salvare l'uomo che i Servizi avevano il compito di proteggere.
Nel frattempo vene visionato il filmato del sig. Zapruder e incomincia la caccia al documento da parte dei vari giornali e delle televisioni che cercano l'esclusiva. Ma il film si sofferma anche a descrivere il dramma dei familiari di Oswald (e dello stesso Oswald che in seguito, com'è noto, verrà colpito a morte e sarà ricoverato nello stesso Parkland Hospital). Soprattutto il fratello di Oswald si rende conto che il suo nome resterà macchiato per sempre e, a differenza della madre un po' svampita, che si ostina a sostenere che suo figlio aveva un incarico da parte del governo, vive un proprio dramma personale e dovrà prendersi cura del corpo del fratello.
La parte finale del film, con un felice montaggio parallelo, mostra le immagini del funerale del Presidente, quelle del funerale di Oswald e quelle della distruzione, da parte dei Servizi segreti, del documento scottante che riguardava l'assassino del Presidente.
Particolarmente significative le immagini del fratello di Oswald che seppellisce, inizialmente da solo, il corpo del fratello, ma che poi trova un prete disposto a benedirlo e delle persone che comprendono il suo dramma e lo aiutano nel triste compito.
Il film termina con le parole dell'Ave Maria e con la considerazione, che esprime bene l'idea dell'autore, che la morte di Kennedy ha provocato un tale sgomento e ha innescato una serie di riflessioni nell'opinione pubblica, per cui si può dire che il Presidente “non è morto invano”. (Olinto Brugnoli)