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I CYBERBULLI


di EUGENIO BICOCCHI
Edav N: 357 - 2008

L’articolo ampliato e completo di foto, schemi si trova in Edav n. 357 febbraio 2008

Il neologismo «cyberbulli», nato in ambito massmediale (1) è la combinazione tra i preesistenti termini «cyber», che (prima parte di cybernetics, ossia cibernetica da cui cyberspazio) ha funzione di aggettivo, e «bullo» con funzione di sostantivo. Giova, pertanto, mettere a fuoco il significato di quest’ultima parola. Cosí alcuni dizionari a proposito di «bullo», etimo incerto (2). «Giovane prepotente e spavaldo, teppista», per estensione «Chi veste in modo vistoso e pacchiano; chi vuole apparire troppo sicuro di sé» (Dizionario Garzanti). «Giovane, prepotente, bellimbusto, teppista», per estensione «chi si mette in mostra» (Dizionario Zanichelli). «Teppista, giovane sfrontato. Chi ostenta spavalderia o veste in maniera vistosa; bellimbusto». L’Enciclopedia del Dizionario Italiano, diretta da Lucio Felici con la consulenza di Tullio De Mauro, opta per il concetto di «bullismo» – «(Sociol.) Comportamento di chi cerca di imporre la propria personalità con atteggiamenti prevaricatori o di sopraffazione; è diffuso soprattutto tra gli adolescenti maschi» –, mentre per il sostantivo «bullo» riporta gli aggettivi «Prepotente, spavaldo, teppista», e per estensione, la definizione: «Chi veste in modo vistoso e pacchiano». Il dizionario dell’editore D’Anna (v. nota n.2): «Giovane prepotente che ama mostrare la propria arroganza, vantandosene ed essere per ciò stesso temuto e stimato nel suo ambiente. È un atteggiamento universale ed esprime una sottocultura che cerca un compenso al desiderio frustrato di primeggiare».

Nel contesto di questo Convegno (tenuto da parte il significato assunto per estensione a proposito dell’abbigliamento), del «bullismo» interessa il comportamento e i fattori che lo determinano. Il Dizionario Italiano Ragionato, edizione D’Anna, toccando il risvolto psicologico intercetta, in modo molto interessante, «il desiderio frustrato di primeggiare»; il che è segno di assenza di maturità, e, in un certo senso – quello che ora si va precisando – di assenza di personalità. O, se si vuole, anche di personalità non in ordine e inautentica.
Dunque assumiamo «bullo» come fenomeno che riguarda il mondo giovanile e che nasce da una mancanza di un solido assetto della personalità.(3)
Anche se solo ci si fermasse al significato «tradizionale» si dovrebbe dire che il fenomeno è in rapida crescita. Lo si desume dalla quantità di notizie apparse sugli organi di informazione e dall’aumento delle pubblicazioni, con intenti pedagogici.(4)
Il neologismo «Cyberbullo» associa quanto or ora detto al mondo dei nuovi media, in particolare a internet e al cellulare. Può avere due significati. Da un lato, indicare i bulli che agiscono nello «spazio» informatico e in quello delle telecomunicazioni, dall’altro i bulli che sono «generati» da internet (navigazione in rete e frequentazione di chat) e dall’uso del telefonino (con le multifunzioni a esso collegate: sms, mms, realizzazione e scambio di immagini fotografiche e televisive, ascolto di musica).
Va aggiunto che i fenomeni caratteristici dei due significati interagiscono spesso tra di loro in una spirale sinergica dagli esiti sempre piú negativi o, addirittura, molto gravi: sono tuttavia quest’ultimi episodi percentualmente minoritari. Ma anche quelli maggioritari, e cioè senza le punte estreme di violenza, sono preoccupanti.
 
Il «cyberbullo».
Per quanto attiene al primo significato si può dire che l’attenzione riguarda il fattore ambiente. In questo primo senso, dunque, il termine «cyberbulli» va utilizzato se si vuole fare un elenco di eventi, statistiche, ricerche. «La piú amata delle forme di prevaricazione tra i ragazzi è basata sull’uso di Internet e del cellulare. E proprio il telefonino, con il 71,4% è lo strumento piú utilizzato per inviare materiale offensivo. Sul web si può (o si deve) introdurre di tutto, senza tabú. Anche perché al piú appariscente dei risultati – diffusione globale del materiale che scotta – fa da contraltare un rischio minimo per chi, celandosi dietro l’anonimato, mette in rete immagini denigratorie».(5)
In chiusura di questo paragrafo a scopo simbolico si pensi, per esempio, al titolo: «Ricatti via sms al liceo. Bulli in arresto».(6).
Ma l’ambizione di questa relazione vorrebbe fare un po’ di luce sul secondo significato del termine «cyberbullo», vale a dire sull’«origine», sull’individuazione di uno dei fattori piú significativi dell’attuale fenomeno del bullismo, sull’ipotesi che i nuovi media, assieme ai massmedia tradizionali (televisione e cinema) siano causa.
Qualcuno potrebbe dire che piú che la causa conta il rimedio e il rimedio è da molti indicato nell’«educazione». Si provi a seguire questo suggerimento.
Una delle teorizzazioni piú affascinanti di educazione è data da Vittorino Andreoli in Lettera a un adolescente, BUR saggi, RCS Libri, Milano, 2004, pp. 20-21: «È bellissimo educare, significa tirar fuori e non imporre, come spesso si crede. […]. “Educare” vuol dire “venire educati”. Quella educativa è una relazione a due dove chi educa e chi è educato non sono distinguibili, e addirittura si possono cambiare i termini, anche se non i ruoli, che devono invece restare ben differenziati: semplicemente, talora il figlio apprende dal padre e talora il padre impara dal figlio e quindi ne viene educato.
«Educare non richiede atteggiamenti particolari, e fare lezioni educative e istituire «l’ora di educazione familiare» sarebbe semplicemente ridicolo. Educare significa vivere insieme conoscendo bene i bisogni dell’altro e approfittare di ogni occasione per aiutare, condividendo. Nel rapporto educativo lo spazio e il tempo sono sempre adeguati e non ci sono né luoghi, né tempi inadatti. […]. Certo, bisogna che il televisore non si trovi vicino alla tavola da pranzo e non si insinui, intrigante, tra le poltrone in cui ci si può sedere per parlare insieme, altrimenti la sua voce metallica e la sua vacuità colorata si imporranno sull’atmosfera di casa, sullo stato d’animo con cui si dovrebbero affrontare i problemi, e nessuno racconterà nulla. Cosí, la dinamica dell’educazione si bloccherà e né i padri saranno utili ai figli e né i figli ai padri».(7)
Ecco che nel momento in cui viene affrontato il tema dell’educazione, oggi entra prepotentemente a interferire la televisione, cioè i mass media, quegli strumenti di comunicazione di massa costantemente presenti nella nostra (e futura) società, anzi in aumento per il diffondersi dei nuovi media. Che cosa hanno questi media da costituire un ostacolo alla «educazione»?
Vittorino Andreoli, nel passo citato, ne individua l’invadenza. E l’invadenza c’è. Diffusissima. Nei treni, nei mezzi pubblici noto molti giovani con le cuffie alle orecchie (sentono musica; se vuoi rivolgerti a loro devi farti vedere: dal movimento delle labbra capiscono che qualcuno si rivolge a loro. Per ascoltarlo si devono togliere almeno una cuffia dall’orecchio. Poi, finita la comunicazione, rimettono la cuffia dove era prima). Invadenza a scuola. A scuola durante le lezioni. Le ragazze, nascondendo la cuffia sotto i capelli. I maschi, indossando il cappuccio della felpa per occultare i fili (i docenti, tante volte, stanchi di ripetere gli stessi inutili richiami, lasciano correre sul copricapo. A me capita di avere studenti che nell’arco di una lezione – 50 minuti – reindossano il copricapo in classe fino a tre, quattro volte). Invadenza. In un istituto scolastico secondario superiore, pochi giorni fa – mi diceva una professoressa – uno studente negava di stare giocando con un game sul telefonino; negava e insisteva a negare «mentre contemporaneamente azionava i tasti, tenendo le mani sotto il banco», senza accorgessi che, essendo il banco aperto sotto il piano d’appoggio, l’insegnante vedeva le dita pigiare i tasti. Invadenza. Durante le proiezioni cinematografiche organizzate per gli studenti in sala pubblica, se si accede alla cabina di proiezione, che è ovviamente posta in alto, si nota giú in platea un «paesaggio da presepe»: nel buio, decine di display dei telefonini si accendono e si spengono, in ogni parte della sala. Nel frattempo sul grande schermo il film sembra scorrere per proprio conto.
Io insegno anche, in un istituto secondario superiore milanese per periti in comunicazione multimediale, «Linguaggio cinematografico e televisivo». Durante la proiezione di film in aula, vedo, dalla mia posizione a fianco della cattedra, il mento degli studenti riflettere la luce azzurrina (direi, anzi, cianotica) dei display dei loro telefonini.(8) Una volta o due interrompo la proiezione per invocare l’attenzione verso lo schermo. Poi sono giocoforza costretto alla resa. Per non usare tutto il tempo a richiamare; per sfinimento, anche.
Ho scoperto studenti che, durante la proiezione di un film, tengono in un orecchio una cuffia da cui ascoltano musica. Musica, durante la proiezione di un film? Di un film che ha già per conto suo una colonna sonora, con voci, rumori e musica? A questa obiezione mi è stato risposto che l’ascolto di una ulteriore sorgente sonora non comporta un disturbo durante la visione del film… Invadenza. Si sa che i titoli dei giornali a volte sono «caricati» in funzione spettacolare, ma in quello qui sotto riportato, anche con una scrematura, «qualcosa» di grave resta. Occhiello: «Verifica sanitaria allarma gli USA». Titolo: «Il cervello dei giovani non va come dovrebbe». Sommario: «In calo memoria, volontà, capacità di concentrarsi. Il fenomeno, chiamato multitasking, dipende dall’eccesso di input elettronici che si sovrappongono nella mente degli adolescenti».(9)
È facile capire che se in famiglia la televisione blocca il dialogo—– come afferma Vittorino Andreoli – se a scuola i nuovi media si frappongono nella relazione discente/docente, ai giovani arrivano solo frammenti di proposte educative.
Che cosa allora arriva ai giovani? Francesco Alberoni, sociologo: «Penso che sia utile che i genitori e gli insegnanti leggano il libro di Marida Lombardo Pijola Ho 12 anni, faccio la cubista, mi chiamano principessa (Bompiani). Perché mostra come gli adolescenti comunicano fra di loro attraverso un circuito completamente diverso da quello adulto. Un circuito costituito da blog, chat e mail, messaggi sui cellulari, che funziona ininterrottamente a casa come a scuola, con codici spesso difficilmente comprensibili.»(10)
Ma c’è dell’altro. In un ancora validissima relazione del compianto prof. Luciano Tagliavini su «Aspetti psicologici e intellettivi dell’esperienza mass mediale»(11) si legge: «I mass media [al tempo si parlava di televisione e cinema e non ancora allo sviluppo dei nuovi media, ndr.] sono necessariamente indifferenti alle differenze dei singoli, essi si rivolgono ad un pubblico il piú vasto possibile, e per questa ragione sono spesso generici e semplicistici; il loro scopo non è formare ed educare, ma avere audience. Ed ecco allora cartoni animati, telefilms, telenovelas, ripetitivi nella vicenda, d’evasione nel racconto, banali nel linguaggio verbale. I programmi semplicistici e d’evasione inducono un utilizzo volto a rilassare, scaricare, calmare (ed ecco il successo della TV come baby sitter), ma il rilassamento è l’opposto della attività, e la TV diventa pausa celebrale per l’emisfero sinistro, stimolo emotivo per l’emisfero opposto. (12) I cartoni animati e i film di fantascienza, ma anche i film dell’orrore (13) o piú in generale spettacolari, sviluppano risposte di tipo emotivo e rendono visibile e quindi esistente l’impossibile, il magico, l’irreale.
Per ottenere questi effetti non è necessario il rispetto del principio di causalità e infatti spesso questi spettacoli sono privi di logica interna.
Questa logica dell’incoerenza trova una struttura encefalica pronta a recepirla e renderla plausibile nell’emisfero destro.
La comunicazione tradizionale tra genitori e figli è ciclica, il bambino può far domande e chiedere spiegazioni, il genitore è forzato a tener conto delle esigenze e delle capacità del figlio, la comunicazione risulta, quindi, di facile comprensione e l’interazione conveniente allo sviluppo intellettivo. (...) I nostri giovani manifestano infatti gravi difficoltà a comunicare tramite la parola, la parola è sempre meno usata come mezzo di comunicazione, la musica è diventata il miglior mezzo di espressione, il sistema del consumo sfocia nell’irrazionale consumismo. Il parlare, il discutere è noioso, oltre che difficoltoso, molto meglio entrare in contatto emotivo con l’aiuto della musica, del sesso o della droga.
Se l’analisi e le ipotesi che qui ho avanzato sono corrette, viene da sé che i mass media devono venire affrontati urgentemente e in modo valido e corretto. La metodologia della lettura strutturale di Nazareno Taddei credo risponda a questi requisiti.»
 
Cosí Tagliavini venti anni fa. Oggi la situazione si è «arricchita», come si è detto, con la diffusione dei nuovi media.
Come prima affermato famiglia e scuola arrivano parzialmente ai giovani. Ma allora che cosa arriva ai giovani? Arrivano i mass media, come venti anni fa, ma non arrivano solo loro. Ai giovani d’oggi «arrivano… i giovani d’oggi (e, per un certo numero di casi, gli adulti occulti dietro di loro, con intenzioni tutt’altro che educative)».
 
Chi sono allora i «cyberbulli» – nel secondo significato? Sono i giovani che famiglia e scuola hanno perduto. Sono i giovani che dobbiamo cercare. Gli osservatori del fenomeno piú ottimisti dicono che dovranno succedersi almeno tre o quattro generazioni.
 
 
NOTE
(1) Vedi il titolo «Dilagano i cyberbulli su telefonini e computer», apparso su QN-Quotidiano nazionale (Il Resto del Carlino - La Nazione -Il Giorno) di venerdí 16 nov. 2007.
(2) Per il Dizionario Italiano Ragionato, edizione D’Anna (1998) è una «voce di origine settentrionale di etimo oscuro, una forma da collegare col tedesco “Buble”, amico, amante».
Ipotesi simile è quella del Dizionario Dardano: «Forse dall’alto ted. medio “Bule” amico, intimo».
In tutta Italia il termine divenne noto quando a un film americano fu attribuito, dal distributore cinematografico italiano, il titolo Bulli e pupe.
(3) Il «Thesaurus» del programma di videoscrittura Microsoft Word indica di «bullo» i seguenti sinonimi: «sfrontato», «giovane spavaldo e prepotente», «bellimbusto», «bravaccio», «smargiasso», «spaccone».
(4) Dal 2000 a oggi si riscontra la piú alta percentuale di testi, inerenti il bullismo, usciti sul mercato. La ricerca è semplice. Basta scegliere una biblioteca pubblica di una certa grandezza e notare le date di stampa dei libri. Per esempio in questi ultimi sette anni si registrano piú libri che nel decennio 1980-1990.
(5) Vedi nota 1.
(6) E il sommario: «In manette un ragazzo di 18 anni e uno di 16. Estorcevano denaro con minacce», Libero, 24.11.2007, p.22.
(7) All’inizio del proprio saggio, Andreoli, dopo aver affermato che sono «i sentimenti a guidare e persino a condizionare il procedere della ragione» e aver precisato che va capovolta la «convinzione per sui la ragione rappresenta il “freno inibitore” della nostra “irrazionalità”», scrive che nei giovani d’oggi si può vedere «una crescita della ragione rapidissima e quella dei sentimenti, invece, molto piú lenta che nel passato. Di certo, tra loro ragione e sentimenti, pur distinti, sono però in correlazione» (p.9).
(8) Il Ministero per l’Istruzione ha emanato disposizioni che vietano il telefonino in classe. La situazione «reale» è che i telefonini continuano ad essere in aula durante le lezioni, vuoi perché certi docenti, infatuati dal principio che «la trasgressione giovanile è un valore sociale», si mostrano tolleranti, vuoi perché altri docenti non riescono ad attuare le disposizioni (secondo una certa interpretazione della discutibilissima legge sulla «privacy» bisognerebbe ritirare l’apparecchio, ma togliere da questo la schedina «sim», perché contenente la rubrica con i nomi, vale a dire dati «sensibili». Si riesce ad immaginare il tempo perduto ogni giorno per questa operazione moltiplicata per il numero di studenti in classe?). Le madri dei miei studenti alle quali avevo chiesto di ritirare il telefonino al proprio figlio, a casa, prima della partenza per la scuola, mi hanno risposto di non poterlo fare, pena l’insorgere della «guerra in famiglia». Invadenza.
(9) Autore, Gianluca Grossi, servizio da Sacramento, in Libero, 6.6.2007, p.31. Nota nella nota: spero che nessun lettore di Edav valuti le argomentazioni dalle posizioni politiche attribuibili ai singoli organi di informazione.
(10) In chiusura Alberoni scrive: «[…] quando i ragazzi vengono lasciati completamente soli, corrono sempre il pericolo di finire vittime di branchi dominati dagli individui piú spregiudicati e violenti. A volte vere organizzazioni delinquenziali» (in Corriere della Sera, 4.6.2007, rubrica «Pubblico & Privato», titolo «Il nuovo volto delle “cattive compagnie”», p.1).
(11) Atti del Convegno «Scuola, educazione e mentalità massmediale» 7-8 maggio 1988, S. Terenzio di Lerici (SP), Edizioni Edav, Roma, 1989, pp.48-49.
(12) L’emisfero sinistro: Ha dominanza per: l’attività verbale, il ragionamento matematico, l’attività di categorizzazione, l’individuazione delle somiglianze concettuali, l’analisi dei dettagli. Ha le seguenti funzioni: logiche, razionali, astrattive. Gli vengono attribuiti i seguenti procedimenti di elaborazione: analitico, sequenziale, metodologico; e rispettoso del principio di non contraddizione e di causalità.
L’emisfero destro. Ha dominanza per: la percezione della forma, il riconoscimento di immagini figurative, il riconoscimento dei volti, il riconoscimento di figure non semantiche irregolari, la coordinazione spaziale, il disegno geometrico e prospettico, il riconoscimento di melodie, la scansione del ritmo del canto; e nelle risposte emotive. Ha le seguenti funzioni: coordinamento spaziale e tutti i processi della percezione o della memoria basati essenzialmente sulle caratteristiche fisiche, anziché sul valore semantico degli stimoli percepiti. Gli vengono attribuiti i seguenti procedimenti di elaborazione: procedimento sintetico, intuitivo, rituale, fantastico, non razionale, magico. (cfr. Atti del Convegno «Scuola, educazione e mentalità massmediale», cit., p. 46).
13) Negli ultimi anni i film dell’orrore sono in testa alle preferenze anche delle ragazze, i film cosiddetti romantici non essendo piú i preferiti. Traggo queste osservazioni dall’analisi dei questionari che annualmente sottopongo ai miei studenti che ammontano a piú di cento.
 


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