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L’INTREPIDO



Regia: Gianni Amelio
Lettura del film di: Franco Sestini
Titolo del film: L’INTREPIDO
Titolo originale: L’INTREPIDO
Cast: regia: Gianni Amelio – scenegg.: Gianni Amelio, Davide Lantieri – mont.: Simona Paggi – fotogr.: Luca Bigazzi – mus.: Franco Piersanti – scenogr.: Giancarlo Basili – cost.: Cristina Francioni – interpr. princ.: Antonio Albanese (Antonio Pane), Livia Rossi, Gabriele Rendina, Alfonso Santagata, Sandra Ceccarelli – durata: 104’ – colore – produz.: Palomar e Rai Cinema – origine: ITALIA, 2013 distrib.: 01 Distribution
Sceneggiatura: Gianni Amelio, Davide Lantieri
Nazione: ITALIA
Anno: 2013
Presentato: 70. Mostra Internazionale d’Arte Cinematografica 2013 – CONCORSO

È la storia di Antonio, Antonio Pane per la precisione, che in questo momento di crisi economica che si riflette principalmente sul mondo del lavoro, si è inventata una nuova occupazione: il “rimpiazzo”, colui cioè che sostituisce coloro che hanno un lavoro normale e che hanno bisogno di essere rimpiazzati per qualche ora in modo da poter sbrigare le proprie necessità; il nostro rimpiazzo si accontenta di poco, sembra quasi che si accontenti di mantenersi impegnato, perché quando ritornerà il lavoro, bisogna farsi trovare pronti.

 

Lo vediamo all’inizio su un cantiere edile nella periferia milanese e in quella occasione pronuncia una bella frase ad un collega: “beato chi ha un lavoro, perché solo così può scioperare”; dal cantiere edile si sposta ad una festa di bambini dove interpreta il ruolo di animatore, dopo lo incontriamo nelle cucine di un ristirante dove sostituisce uno sguattero; del suo disinteresse per il denaro ne abbiamo una prova nella sequenza delle pizze: un reparto di cucitrici ordina delle pizze e Antonio è incaricato di recapitarle; l’ammontare delle pizze sarebbe di euro 78,60, ma ne bastano 78, e tra una chiacchiera e l’altra con le donne cucitrici, si ha la sensazione che i soldi ce li rimetta il nostro Antonio; lo incontriamo poi ad un concorso, dove termina i quiz velocemente e copia le risposte per una ragazza che gli è vicina di posto; la ragazza farà un ottimo posto, ma come era presumibile, nessuno dei due entrerà in graduatoria: per accedervi occorre ben altro che le conoscenze delle materie!

Diciamo due parole su Antonio: è separato dalla moglie ed ha un figlio di circa venti anni che suona il sax molto bene e fa parte di una band che si esibisce; il giovane ha un problema: è soggetto ad attacchi di panico che lo mettono KO.

Con la ragazza del concorso, Lucia, si rivede e cerca di stringere una bella amicizia; la giovane è chiaramente in crisi, non avendo lavoro e neppure una famiglia che la possa supportare; Antonio si offre di aiutarla ma lei rifiuta. Dopo un po’ di tempo verrà a sapere che si è suicidata.

Antonio arriva a sostituire un venditore di rose ai clienti dei ristoranti e in questa occasione incontra la moglie, Adriana, con il nuovo compagno, un tipo chiaramente di successo; viene chiamato da questi – sicuramente su richiesta della moglie – e gli viene assegnato un incarico in un negozio di scarpe dove…non ci sono scarpe ma solo le scatole di queste: chiaramente si tratta di un bidone ai danni dell’erario e di qualche sprovveduto, messo in piedi dal bellimbusto che convive con Adriana.

Ritroviamo Antonio in una miniera in Albania, dove svolge un umile lavoro; come nelle altre situazioni, non si lamenta di niente e continua il suo compito; rientrato in Italia, si reca ad assistere ad un concerto della band del figlio, ma in un primo tempo viene annunciato che il concerto non ci sarà per l’indisposizione del sassofonista, ma poi – dopo che Antonio avrà visitato il figlio e scoperto che si tratta del solito attacco di panico al quale c’è solo da reagire con la volontà – l’esecuzione si svolge regolarmente dopo che il ragazzo ha visto il suo posto preso inopinatamente dal padre, il quale dopo l’ingresso del figlio, va tra il pubblico plaudente con un notevole orgoglio di genitore.

Il film è diviso in tre grosse parti che a volte si intersecano tra loro: la prima riguarda le varie “sostituzioni” che Antonio pone in essere e le modalità con cui realizza questi compiti; egli volteggia da un compito all’altro, disinteressato del compenso, ma desideroso solo di “lavorare” per rimanere in forma, come dice lui esplicitamente; sorvoliamo su alcune incongruenze che nascono da questo disinteresse: ad esempio, come farà a spiegare ai pizzaioli che non ha incassato? Con tutta probabilità dovrà rifondere in proprio i soldi.

In questo filone si innesca l’altro che ha per oggetto i rapporti più “intimi” di Antonio, siano essi di lavoro o di altro genere: abbiamo così il rapporto con Lucia, la ragazza che arriverà al suicidio e che probabilmente ha dentro di se un segreto che non riesce a metabolizzare; ma c’è anche il figlio, con cui ha un rapporto aperto: quanto il giovane va a trovarlo è quasi sempre per portargli dei regali (calzini), mentre quando è Antonio ad andare da lui, si parla soltanto.

Dalla sommatoria di questi due filoni si ha una grossa parte del film che ci presenta un personaggio come Antonio che, oltre a fare un lavoro anomalo, si comporta anche in modo anomalo in vari momenti della sua vita; è pensabile che questa sua “superficialità” sia all’origine della separazione con Adriana, la ex moglie.

Nell’ultima parte, c’è, la conclusione tematica del film, abbiamo Antonio che riesce ad assistere al concerto del figlio dopo avergli parlato e attraverso il suo esempio a farlo superare la crisi e farlo suonare.

Quindi, questo personaggio è mostrato come un uomo che vive una vita disagiata – ma ormai accettata – e che nonostante i tanti problemi, ha sempre una parola (o anche qualcosa di più) per coloro che forse giudica stare peggio di lui (Lucia), ma questo atteggiamento non comporta delle modifiche alle loro esistenze, in quanto sembra che la situazione sia immodificabile.

Di chi la colpa? Forse della crisi economica? Non sembra che ci sia un accenno preciso e specifico, ma nel sottofondo della narrazione si assapora il tanfo della precarietà e dell’impossibilità di realizzarsi pienamente; ma è un sottofondo, non una specifica presa di posizione.

Ed è per questa considerazione che ritengo il personaggio di Antonio troppo sfumato e per niente approfondito, circostanza che ne vanifica l’importanza nel contesto umano che lo circonda; insomma, parrebbe che questo signore – buono con tutti ma forse meno buono con se stesso – passi da un evento all’altro senza lasciare traccia  in chi lo incontra e neppure in se stesso.

Ecco perché considero il film di Amelio non propriamente riuscito, proprio perché carente nell’approfondimento del personaggio principale che sembra restare sospeso in aria ad assistere ai drammi dei suoi amici o congiunti. (Franco Sestini)

 


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