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IO, IO, IO E... gli altri



Regia: Alessandro Blasetti
Lettura del film di: Nazareno Taddei sj
Titolo del film: IO, IO, IO E... GLI ALTRI
Titolo originale: IO, IO, IO E... GLI ALTRI
Cast: REG. Alessandro Blasetti - ASSISTENTE ALLA REG. Andrea Borghesio - AIUTO REG. Isa Bartalini - SOGG. Alessandro Blasetti, Carlo Romano - SCENEGG. Alessandro Blasetti, Carlo Romano - COLLAB. ALLA SCENEGG. Age, Furio Scarpelli, Adriano Baracco, Leo Benvenuti, Piero De Bernardi, Lianella Carrell, Suso Cecchi D’Amico, Ennio Flaiano, Giorgio Rossi, Libero Solaroli, Vincenzo Talarico - FOTOGR. (b. e n.) Aldo Giordani - OPERATORE ALLA MACCHINA Sergio Bergmanini - ASSISTENTE ALLA MACCHINA Franco Frazzi - SCENOGR. Ottavio Scotti - AIUTO SCENOGR. Carlo Agata - ARREDAMENTI Dario Cecchi, Renato Beer - AIUTO ARREDATORE Oreste Sabbatini - COST. Milena Bonomo (Tessuti e coperte del Lanificio di Somma; abiti maschili FACIS) - AIUTO COST. Angiolina Menichelli (C.S.C.) - TRUCCO Giannetto De Rossi - AIUTO TRUCCATORE. Massimo De Rossi - PARRUCCHIERA Maria Miccinelli - SEGRETARIA DI EDIZIONE Maria Grazia Baldanello FOTOGR. DI SCENA Angelo Pennoni - MONT. Tatiana Morigi - AIUTO MONT. Valentina Guerra - MUS. Carlo Rustichelli, diretta da Bruno Nicolai (ed. musicali CAM) - FONICO Pietro Vesperini - MICROFONISTA Giorgio Minoprio - MISSAGGIO Mario Morigi - INTERPR. Walter Chiari (Sandro), Gina Lollobrigida (Titta, sua moglie), Vittorio De Sica (il comm. Trepossi), Marcello Mastroianni (Peppino Marassi), Silvana Mangano (Silvia), Nino Manfredi (I’addetto al vagone letto), Elisa Cegani (governante in casa Marassi), Caterina Boratto (Luigia, cognata di Peppino), Grazia Maria Spina (nipote di Peppino), Vittorio Caprioli (il deputato), Franca Valeri (la segretaria di redazione), Mario Pisu (il vincitore del Capranica), Paolo Panelli (un fotoreporter), Lelio Luttazzi (un regista), Elio Pandolfi (un telecronista), Mario Valdemarin (cameriere del vagone-restaurant), Fanfulla (un portiere), Giustino Durano (un vigile urbano), Sylvia Koscina (una diva), Mario Scaccia (un giornalista), Andrea Checchi (un uomo che prega), Saro Urzí (id.), Umberto D’Orsi (un viaggiatore in treno), Carlo Croccolo (id.), Graziella Granata (una ragazza in treno), Salvo Randone (il viaggiatore col menú), Marisa Merlini (una signora al telefono), Luisa Rivelli (una signora che balla), Gianni Rizzo, Nerio Bernardi, Mimmo Poli, Marina Malfatti (una ragazza che balla), Piero Pastore, Silvio Bagolini, Francesco Baiolo, Renato Caizzi Terra (C.S.C.), Salvatore Campochiaro, Enzo Cerusico, Alberto Cevenini (C.S.C.), Solveig D’Assunta, Ermelinda De Felice, Rica Dialina, Rossana Di Rocco, Maria Rosaria Di Pietro, Alessandro Dori, Mario Ferrari (il viaggiatore del formaggio), Ettore Geri, Charles John Karlsen, Renato Malavasi, Gianni Manera, Geneviève Marck, Vittorio Mazza, Fabrizio Moroni (un ragazzo al telefono), Paul Muller, Lia Murano, Enzo Petito, Umberto Sascripante, Rosella Spinelli, Carlo Sposito, Daniela Surina (una monaca), Tellino Tellini, Giulio Tomassini, Elsa Vazzoler (una signora col ventaglio), Luigi Visconti, Leena von Martens, Antoinette Weynen - DIR. DI PROD Renato Panetuzzi, Piero Ghione - DIRETTORE AMMINISTRATIVO Fernanda Ventimiglia - SEGRETARIO DI PRODUZ. Alberto Rovere - PROD. Luigi Rovere per Cineluxor e Rizzoli Film - STABILIMENTO E MEZZI TECNICI Rizzoli Film, Safa Palatino - NEGATIVI, POSITIVI ed EFFETTI OTTICI SPES - ORIG. Italia, 1966 - DISTR. Cineriz - 116', 2900 m.
Sceneggiatura: Alessandro Blasetti, Carlo Romano
Nazione: ITALIA
Anno: 1966
Presentato: Il film è stato presentato fuori concorso al XIV Festival di San Sebastiano (1966).
Premi: Per questo film il regista ha ricevuto i premi: «Ciak d’oro» 1966 (Ischia); «David di Donatello» 1966 (ex aequo con P. Germi per SIGNORE E SIGNORI); «Salina d’oro» 1966 (Margherita di Savoia); «Scheda d’oro» 1966 del Centro Culturale San Fedele di Milano; e «Il grofo» 1967 (Montepulciano).
Chiavi tematiche: egoismo Il film può essere adatto per cicli sui film con particolari procedimenti narrativi sulla satira di costume, sui problemi morali e umani del matrimonio e della famiglia, sui problemi spirituali dell’esistenza.

Da SCHEDARIO CINEMATOGRAFICO alla voce

 

È LA STORIA DI Sandro giornalista e scrittore, il quale, impegnato in una inchiesta sull’egoismo — nel corso della quale ne rileva acutamente la presenza in ogni aspetto della vita (il contatto con il prossimo il matrimonio, la politica , la religione, la morte, l'amicizia, il sesso, il successo), mentre egli stesso non comprende il pratico insegnamento antiegoista dell’amico Peppino (che lo porta a vedere nel bosco due vecchietti innamorati simbolo di una vita d’amore e di dedizione, e che morrà poi in un eroico ultimo gesto di altruismo) — costatando, in un casuale incontro, come Silvia (celebre diva che egli aveva avviato ad una deludente carriera cinematografica, sciupando cosí per leggerezza ed egoismo il profondo slancio affettivo di lei, e che aveva in effetti reso vuota di ogni soddisfazione interiore) sia umiliata dal fanatismo dei suoi ammiratori, prende coscienza dei valori rappresentati dai due vecchietti di Peppino.»

 

Come vicenda, il film è la storia di Sandro, giornalista incaricato di svolgere un’inchiesta sull’egoismo, e di alcuni personaggi che gli sono variamente legati: l’amico Peppino, l’amica Silvia, la moglie Titta, Trepossi, ecc..

Come racconto cinematografico, la parte narrativa è strutturata nell’arco di tempo compreso tra due viaggi che Sandro compie da Milano a Roma e durante il secondo dei quali egli ha occasione di vedere Silvia — attrice di successo, da lui stesso spinta verso quella carriera — umiliata profondamente, proprio dall’entusiasmo dei suoi fans.

Si possono cosí notare due filoni narrativi — il primo, la storia presente di Sandro; il secondo, costituito da una serie di piccoli e grandi episodi da lui rivissuti o immaginati nel contesto dell’inchiesta che sta conducendo — che si incontrano alla fine attraverso l’episodio dell’umiliazione di Silvia, permettendo cosí di ricostruire tutta la storia del rapporto Sandro-Silvia.

Sul treno Milano-Roma, Sandro ha vari incontri (i proletari del corridoio, la ragazza al finestrino) che lo portano a riflettere sull’oggetto della sua inchiesta (il discorso dal grattacielo, la donna sulla spiaggia). Nella notte un sogno angoscioso (si trova per la strada senza pantaloni) permette di introdurre, caratterizzandoli quelli che saranno i personaggi principali del film: la moglie, il commendatore Trepossi, il sensibile e altruista Peppino, suo buon amico. Appena giunto a Roma (scena del telefono), Sandro incontra Peppino che, promettendogli di mostrargli una cosa meravigliosa, lo conduce nel bosco a vedere due vecchietti che camminano sereni tenendosi affettuosamente per mano.

Anziché aderire all’ingenuo entusiasmo dell’amico, Sandro ne resta infastidito e seccato.

Rientrato a casa, la descrizione e l’evocazione della vita di Sandro con la moglie l’invito degli amici ed il gioco frivolo e possessivo di Titta, offrono occasione per una serie di annotazioni sul matrimonio (il primo incontro, Sandro e Titta a letto, Sandro che cerca di scrivere mentre la moglie lo disturba).

Il mattino seguente, osservando l’onorevole Filippi far ginnastica sul terrazzo, Sandro immagina gli intrallazzi politici di costui (la celebrazione dell’incarico ottenuto in seguito alla morte di un collega), indici di un egoismo che si manifesta nella tensione verso il potere, precisata successivamente ai vari livelli (individuale, di partito, di popolo) con annotazioni ora grottesche (il vigile tronfio sulla sua pedana, i tre gradini dell’ascesa politica), ora tragiche (il gioco delle cocuzze).

Segue poi un capitolo su alcuni aspetti dell’egoismo in rapporto alla religione (si va in chiesa per ripararsi, per farsi vedere, per cercare aiuto superno negli interessi materiali; questa parte si conclude con la sequenza di Sandro confessore).

E viene quindi affrontato il lungo e complesso capitolo relativo alla morte: i numeri del lotto, le vacanze per la morte del presidente, la lettera del suicida, su su fino alla morte di Peppino, con tutte le sue molteplici e acute componenti (p.e. il necrologio), col secondo viaggio di Sandro a Milano e relativi incontri vari (la bara, le donne della famiglia ecc.). Nel viaggio di ritorno, gli avvenimenti di cronaca portano a introdurre un capitolo sul sesso, visto sempre sotto il profilo dell’egoismo.

Ed ecco l’incontro col personaggio di Silvia. Senza farci sapere nulla di lei, l’autore l’aveva introdotta a poco a poco, dalla cover-girl dell’inizio, rivista sui tavolini della redazione, fino alle sue apparizioni ammonitrici (in una rievocazione dei due vecchietti, ma soprattutto nell’episodio della confessione). Ma è nella parte finale che il personaggio si rivela in tutta la sua storia: come avviata da Sandro alla carriera artistica, ora profondamente umiliata e impoverita proprio dal successo di cui è all’apice.

È cosí che i due annunciati filoni narrativi prendono consistenza strutturale secondo due ordini di perni gravitanti ambedue attorno al personaggio di Sandro: a) in senso per cosí dire orizzontale, si passano in rassegna tutte le principali circostanze caratterizzanti la vita (il contatto con il prossimo, la vita coniugale, la religione, la politica, l’amicizia, il sesso, ecc.). b) in senso per cosí dire verticale, troviamo la figura di Peppino, che contrasta con tutte le altre figure per il suo altruismo, e la figura di Silvia, che pure a suo modo contrasta con le altre figure del film, ma che si inserisce particolarmente nella storia di Sandro, non piú come contrasto esteriore, normativo, bensí come qualcosa che sgorga dall’interno della personalità di Sandro stesso, poiché è lui che in qualche modo ha creato il personaggio che ora lo rimprovera.

Pertanto nello sfondo di una vita in cui l’egoismo ha cosí gran parte, incuneandosene in tutti gli aspetti e sotto le piú svariate forme, la figura di Sandro è misurata in qualche modo dalle figure di Peppino e di Silvia, con la precisazione che quest’ultima è ora desolata proprio per aver seguito con umile fiducia i suoi consigli. Silvia cercava in Sandro qualcosa di bello e di personale, e questi— egoisticamente — ha creduto di offrirglielo, consigliandola verso la via di quel successo che ora la fa infelice.

 

La significazione della «vicenda» nasce ovviamente da quella degli episodi mostranti i vari aspetti dell’egoismo della vita e si limita a questo. Ma la significazione del «racconto», pur sullo sfondo di questa realtà egoistica cosí universalmente diffusa, pone al centro Sandro, cioè colui che — proprio mentre fa un’inchiesta sull’egoismo, e la fa con notevole spirito di osservazione e intelligenza — resta vittima dell’egoismo stesso nella forma piú pacchiana. Blasetti sottolinea questa significazione fin dall’inizio del film (p.e. quando Sandro raggiunge il suo scompartimento attraverso i vagoni del treno) non abbandonandolo mai (p.e. il discorso sul sesso verso la fine del film) fino alla sequenza finale.

Una nota particolare merita l’apparizione di Silvia. Sandro aveva indirizzato Silvia al cinema prima di fare l’inchiesta, ma — ora che fa l’inchiesta — Silvia è per lui voce obiettiva della coscienza che lo dovrebbe richiamare in sé (le varie misteriose apparizioni), e infatti — di fronte all’umiliazione brutale della donna — Sandro finalmente penserà; e i due vecchietti di Peppino (simbolo di amore vero e quindi di antiegoismo) gli verranno alla mente, pensosa, come per contrappunto. Sandro cosí prenderà coscienza in qualche modo dell’egoismo che lo ha guidato nei rapporti con Silvia e dell’egoismo in genere.

In altre parole, la significazione immediata del racconto è la seguente: «Sandro, che pur sta scoprendo l’egoismo in tutti gli aspetti della vita, non si rende conto come anch’egli ne sia vittima al punto di non capire nulla della vera figura morale dell’amico (del quale peraltro seppe tessere un magnifico necrologio) e di non accorgersi nemmeno che per un atto di egoismo fatuo e leggero aveva rovinato l’esistenza a una donna che gli si era spiritualmente affidata; e ciò fino a quando, vedendo questa donna umiliata e avvilita proprio al culmine e per causa di quel successo al quale egli l’aveva avviata, si pone pensoso a riflettere sull’insegnamento che Peppino gli aveva lasciato.»

 

L’universalizzazione di questa significazione appare facilmente.

Anzitutto, il film si preoccupa di mostrare come l’egoismo sia un aspetto di tutta la realtà umana (la rassegna attraverso le situazioni-chiave della vita umana, come sopra accennato). In questo senso, Sandro è solo una situazione tipica o un caso in piú: l’egoismo c’è in tutta la vita, perfino in coloro che lo studiano e lo condannano.

In secondo luogo, il livello d’universalità a cui l’autore tratta i personaggi (Sandro - Peppino - Silvia) nei perni strutturali è quello della persona umana e non quello dell’individuo o della categoria o dell’età o della professione o altro: Peppino — che, come individuo, è certamente inusitato e quasi eccentrico (e lo consideriamo cosí, perché l’egoismo invade talmente tutti da considerare eccentrico chi non lo è) — diviene emblematico non nelle sue vicende personali, bensí attraverso i suoi due vecchietti. Questi sono, per cosí dire, l’emblema del suo spirito (non del suo comportamento: quindi livello di persona umana e non di individuo) sia perché Peppino guarda ad essi come a un miraggio, sia perché essi ne riflettono il vero fondo umano. Ed essi rappresentano l’amore vero al livello di persona umana normale: la dedizione religiosa fonte di serenità, la tenerezza anche sensibile al di là del sesso, ecc.. È questo «Peppino univer­salizzato» che agisce sul Sandro della ultima inquadratura. Analogo discorso per Silvia. All’autore, nella connessione strutturale del film, non interessa l’attrice che voleva qualcosa di serio nella vita; non interessa nemmeno la donna: interessa la persona umana, che — proprio come persona umana — è stata derubata dal successo dell’attrice (v. colloquio sulla terrazza dell’albergo veneziano). È la persona, non l’attrice o la donna, ad essere avvilita dal fanatismo degli ammiratori: divenuta «cosa», «sogno» «sesso» ecc. che ciascuno puó toccare e morsicare a pezzi senza riguardo per quello che c’è «dentro». Lo stesso dicasi per Sandro: non è il giornalista o lo scrittore o il maschio, bensí Sandro come persona umana che è vittima — e non si accorge di esserlo — di quell’egoismo che come scrittore sta fustigando.

Pertanto, la significazione del racconto assume l’universalità del livello di persona umana e potrebbe cosí esprimersi: «l’egoismo è qualcosa che invade e penetra tutti, in ogni circostanza, al punto di farci perfino considerare bene il male che facciamo (per il fatto che lo facciamo noi) e da impedirci di cogliere, quand’esso è in gioco, i veri valori della vita».

Tematicamente il film è notevolmente positivo sia per la profondità dell’assunto (è uno dei problemi radicali dell’esistenza umana, quello del peccato originale [cfr. Conc. Trid. Sess. V]), sia per l’efficacia espressiva con la quale lo dimostra. Da notare che la validità espressiva è ottenuta non solo sul piano rigoroso della struttura linguistica, bensí anche su quello spettacolare, cosicché essa viene colta di fatto anche da chi non compie una «lettura» vera e propria, ma si limiti alla significazione della vicenda. Ne è prova la reazione del grosso pubblico in sala: prima ride, ma alla fine se ne va pensoso.

Cinematograficamente a una certa narratività spettacolare (alla cui finalità tematica si è peraltro accennato), il film mostra una struttura solida ed interessante, che ha ben poco da invidiare alle piú azzardate esperienze linguistiche e di montaggio recenti. Per questa novità linguistica, forse c’è stato chi — non cogliendo l’intima forza strutturale e distratto dalla spettacolarità dei singoli episodi—ha ritenuto di riscontrare una frammentarietà che non esiste affatto.

Esteticamente, il film si presenta come opera spettacolarmente fruibile, e attraverso lo spettacolo, comunicante un preciso messaggio tematico. È dunque difficile parlare di «contemplabilitas» in senso stretto. Ma se non si può parlare di arte come «contemplabilitas», si può parlare molto bene di arte come «factio», sia per i pregi già notati della cinematograficità e della stessa struttura, sia per la sicura adesione degli interpreti, sia soprattutto per il ritmo delle immagini. L’autore non si è posto — né quindi ha raggiunto — mete espressive in senso poetico, bensí si è proposto di fare un film-conferenza, un film cioè che il grosso pubblico fosse attratto a vedere, cosí tuttavia da trarne insegnamento.

Moralmente,  il film, che a prima vista pare qua e là indulgere eccessivamente ad attrattive spettacolari, a visione piú mediata rivela la giustificazione di certe scelte, le quali, sotto l’apparente disinvoltura d’immagine, mostrano con precisione il nascondersi dell’egoismo in determinate situazioni. È il caso di certe scollacciature che a prima vista parrebbero messe lí come puro pretesto, mentre di fatto nascondono l’unghiata contro chi si comporta a quel modo. Da tener presente inoltre che il film è destinato al grosso pubblico smaliziato e dai sapori grevi, difficilmente sensibile alle consuete forme di richiamo spirituale; non è indirizzato a persone abituate a ricevere richiami da altri pulpiti piú tradizionali. A parte questi aspetti esteriori dell’immagine, la bontà altissima della tematica e la validità della sua espressione a ogni livello di lettura depongono per l'alto valore morale di quest' opera originale e profondamente umana. Da notare poi — cosa rara per l’epoca in cui il film è uscito — la bella figura che vi fa il sacerdote in tutte le circostanze: figura di uno che è nel mondo pur non essendo del mondo, sempre pronto a fare del bene, pure con i suoi difetti e con i suoi limiti.

 


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