L’ABC DEI GIOVANI
di ANDREA FAGIOLI
Edav N: 357 - 2008
L’articolo ampliato e completo di foto, schemi si trova in Edav n. 357 febbraio 2008
Nella riflessione sul disagio giovanile, può essere utile aggiungere anche alcuni elementi del linguaggio giovanile, che non vuol dire solo il modo di parlare, bensí il modo di esprimersi complessivamente. Quindi, se vogliamo, anche il modo di vestirsi, di rapportarsi con gli altri, con i genitori...
Vorrei partire da un elemento poco scientifico: un comico e una trasmissione televisiva: Pino Campagna e ZELIG. Quello che «slogheggia», quello del tormentone «Papy, ci sei? Ce la fai? Sei connesso?». Il personaggio si chiama Papy Ultras perché usa come metodo di comunicazione il linguaggio dei figli, lo «slogheggio» appunto mediato dagli slogan calcistici.
Al di là del valore, come detto, molto poco scientifico, questo personaggio mette in luce due problematiche reali: la difficoltà di comunicazione tra genitori e figli (ma anche viceversa) e i nuovi alfabeti giovanili (da qui anche il titolo di questo intervento: «L’abc dei giovani»).
I nuovi alfabeti passano dai nuovi modi di comunicare: telefonini e computer, sms ed e-mail, messaggini e posta elettronica.
Gli sms hanno di recente festeggiato i 15 anni. E pensare che erano nati per le comunicazioni tra gestori e utenti, scartando l’ipotesi che potessero diventare di uso comune. Oggi se ne mandano, solo in Italia, 40 milioni al giorno. Si utilizzano anche per informazioni di servizio (interruzioni idriche, ecc.) e per i pagamenti (parcheggio, ecc.). Però, la maggioranza continua a utilizzarli per i rapporti interpersonali, molto spesso per quelli sentimentali.
Uno studio tra i giovani coreani, che, si dice, anticipano le tendenze globali ha stabilito che le e-mail sono già vecchie e battute dagli sms. Due ragazzi su tre non le usano piú: troppo tempo per scriverle, troppa concentrazione, troppa formalità, troppa attesa per la replica. Vuoi mettere con il botta-e-risposta di un sms, o di una chiacchierata su Skype (il telefono attraverso internet). E dunque, dopo decenni di onorato servizio, addio posta elettronica. Il prepensionamento, come detto, è stato decretato molto lontano da qui, per la precisione in Corea del Sud, il Paese che è stato definito «la sfera di cristallo del nostro domani digitale». Su un campione di oltre 2.000 studenti, dalle scuole medie ai corsi universitari, piú di due terzi fanno uso della posta elettronica molto raramente, se non mai. È roba per vecchi, dichiarano.
L’sms, invece, garantisce (secondo gli intervistati) immediatezza, personalizzazione e maggiore privacy.
Immediatezza: una e-mail viene di norma letta entro 24 ore, la replica inviata entro 48 ore; l’sms viene letto in meno di 60 secondi, la risposta viene inviata entro 5 minuti.
Personalizzazione: il cellulare, a differenza del pc, non ti lascia mai solo.
Maggiore privacy: se si escludono colpi di mano scorretti da parte di fidanzati o fidanzate, genitori... il cellulare garantisce tutela assoluta della propria corrispondenza; e nessuno può transitare alle vostre spalle, buttando un occhio sullo schermo mentre state leggendo o spedendo: il display di un telefonino, anche di quelli piú avanzati, è troppo piccolo per essere spiato.
Quindi, il cellulare su tutto. In Italia, soprattutto, che con i suoi 124 abbonamenti di telefonia mobile ogni 100 persone si piazza al 4° posto nella classifica dei Paesi piú «cellular-dipendenti».
Sull’alfabeto vero e proprio degli sms, si rimanda al lavoro pubblicato sul numero di Edav di dicembre 2007, mentre qui merita riferire di una ricerca presentata a Firenze dal Centro studi minori e media proprio nel giorno del nostro convegno a La Spezia.
Ebbene, cellulari sempre accesi, anche in classe; apparecchi comprati senza esibire la carta d’identità; genitori spiazzati di fronte alla domanda su cosa sia You Tube.
Sono questi alcuni dei dati che emergono da questa indagine su «Minori e telefonia mobile» condotta nelle scuole elementari, medie e superiori di 20 città in dieci regioni italiane, intervistando circa 4 mila tra studenti e genitori.
I 2.264 ragazzi intervistati per la ricerca rappresentano un campione attendibile della cosiddetta sms generation, la generazione dei messaggini. Non è un caso che nell’uso del cellulare, il «mandare e ricevere sms» faccia pari con il «fare e ricevere chiamate». Entrambe le risposte superano il 90%.
Ma la ricerca va oltre lo studio sull’uso del cellulare da parte dei ragazzi: affronta, diciamo cosí, l’aspetto sociologico del fenomeno. Ed è anche per questo che, accanto agli alunni, sono stati intervistati, come detto, altrettanti genitori.
«L’enorme diffusione, soprattutto in Italia, della telefonia mobile anche fra bambini e adolescenti ha evidenziato, insieme alle opportunità, alcuni rischi. Ad uno sviluppo cosí dirompente del cellulare – scrivono i curatori della ricerca – non si è ancora affiancata una regolamentazione idonea a tutelare ancora una volta i soggetti piú deboli», ovvero «i bambini e gli adolescenti, che sempre piú numerosi e sempre piú in tenera età sono possessori, in esclusiva, di un telefonino».
Del campione intervistato, infatti, solo il 5,5% non possiede un apparecchio e non usa quello di un familiare. La maggior parte dei ragazzi ha almeno un telefonino proprio: la quasi totalità degli studenti delle superiori, ma anche l’80% dei bambini delle elementari.
Il costo medio sostenuto per l’acquisto è di 172 euro. Il costo del cellulare cresce con l’età dei ragazzi, ma è comunque molto elevato già per chi frequenta le scuole elementari: si va dai 135 euro spesi in media per i ragazzi piú piccoli ai quasi 200 euro dei telefonini degli alunni del triennio delle superiori.
L’età a cui si è avuto il primo cellulare si sta abbassando in modo evidente. Alcuni raccontano di averlo ricevuto addirittura a 4 anni. La media, comunque, si attesta intorno ai 10 anni e mezzo, ma scende a meno di 9 tra gli alunni delle elementari.
Per le ricariche, la maggioranza degli intervistati spende tra i 10 e i 20 euro al mese, ma un buon 15% ne spende piú di 50 (ovviamente si tratta dei ragazzi piú grandi).
In ogni caso, il costo della ricarica grava soprattutto sulla famiglia.
Il 44,9% degli intervistati passa almeno mezz’ora al giorno al cellulare, ma la maggioranza, il restante 55,1%, raggiunge e supera l’ora (il 14% supera addirittura le 2 ore). Interessante notare come invece i genitori sottostimino il tempo che i propri figli trascorrono usando il telefonino: il 70% degli intervistati è convinto che sia meno di un’ora.
Il numero medio delle chiamate è di 4 al giorno, quello degli sms un po’ superiore: il 35% degli intervistati ne invia piú di 5 al giorno e sono soprattutto le ragazze ad usare il proprio telefonino per «messaggiare».
Analizzando il comportamento dei ragazzi con il cellulare, si scopre che il 40% degli intervistati, in barba alla normativa vigente, lo tiene acceso in classe durante le lezioni, con la sola «accortezza» (nel 32,4% dei casi) di tenerlo silenzioso.
Ma la percentuale sale notevolmente al crescere dell’età. Nel triennio delle superiori, ben l’80% del campione tiene il cellulare acceso in classe.
Per quanto riguarda i genitori, la maggior parte dichiara di aver regalato un cellulare al proprio figlio per motivi di sicurezza o per poter comunicare con lui in qualsiasi momento. E piú sale l’età dei ragazzi, piú aumenta questo bisogno di «controllo».
L’ultima curiosità della ricerca riguarda sempre i genitori: la maggioranza assoluta non conosce You Tube, il sito internet sul quale molti ragazzi mettono i video girati con il telefonino. Loro, infatti, lo conoscono bene e il 15% degli intervistati dichiara di fare video o foto da mandare in rete.
Torniamo alla questione del linguaggio. Ripeto, l’alfabeto degli sms, lo si può trovare su Edav di dicembre 2007: basta scorrerlo per capire che è dettato dalla brevità, dalle contrazioni... Tutto per stare in quei 160 caratteri che sono il limite massimo di un sms anche se ora il limite è superato dalla concatenazione di diversi messaggi singoli (funzione automatica del telefonino).
Il linguaggio, che in quanto sintetico e compresso è anche approssimativo, incapace di esprimere realmente, ad esempio dei sentimenti (scrivere tvb non è la stessa cosa che dire «ti voglio bene», tat non è come dire «ti amo tanto»), questo linguaggio, cosí approssimativo (pensiamo che ci sono anche gli squilli e basta), tradisce l’approssimazione con la quale i giovani procedono.
I nuovi modi di comunicare dei giovani attraverso sms, e-mail, non assurgono a ulteriore nuova cultura, diceva Taddei (v. anche per questo il numero di Edav di dicembre 2007). Sono semplicemente, per un aspetto, nuove tecniche (non tecnologie) e soprattutto, per un altro aspetto, sono nuovi alfabeti, cioè nuovi linguaggi. Ma come cultura, essi fanno già parte della nuova cultura (sia pure con nuove modalità di linguaggio), che è la tipica cultura impostata sulla mentalità contornuale (dal concreto all’astratto) al posto di quella concettuale (dall’astratto al concreto). Nuova cultura, determinata dai mass media, che fa prendere la quantità per qualità, quello che appare per quello che è, il potere per servizio; il relativo per l’assoluto, il ciò che piace per il ciò che vale.
La causa dell’attuale disagio sociale e soprattutto giovanile sono i mass media, che hanno imposto stili di vita che di per sé stessi sono causa di disagio (si veda a questo proposito il testo di padre Taddei alla pagina seguente).