Corso di Lettura del film in una scuola media col film ALLA LUCE DEL SOLE
Regia: Roberto Faenza
Lettura del film di: Luciano Nicastro
Titolo del film: ALLA LUCE DEL SOLE
Titolo originale: ALLA LUCE DEL SOLE
Anno: 2004
È stato presentato al termine del Corso introduttivo alla Lettura del film secondo la Metodologia Taddei in una 3° classe della scuola di secondo grado “Andrea Guardi” di Piombino come seguito al Corso Leggere il Film per formare la Persona tenutosi nella scuola per numerosi anni e seguito da molti insegnanti di varie discipline. La metodica utilizzata prevede la “lettura durante” permettere in evidenza la Struttura narrativa, seguendo come criterio il tempo dei fatti essenziali; successivamente, in uno schema ora ridotto, far emergere le azioni dei personaggi con l’individuazione del Protagonista.
LETTURA STRUTTURALE secondo la metodologia Taddei
La Struttura narrativa del film (criterio: il tempo dei fatti essenziali narrati), preceduta in apertura da una dedica “ai bambini di Palermo”, presenta una Premessa (prima del Titolo), a cui fanno seguito Due grandi Parti: la Prima presenta il giorno 15 settembre 1993 posto all’inizio del film e che porta la vicenda alla Conclusione (agganciandosi con stesse inquadrature); la Seconda, rappresentata da un lungo flash back preceduto dalla didascalia “due anni prima”, è diviso in episodi che raccontano gli anni (dal 1990 al 1993) in cui don Giuseppe Puglisi fu parroco della chiesa San Gaetano del quartiere Brancaccio di Palermo.
La stessa Dedica porta da subito l’attenzione su “i bambini di Palermo”.
La Premessa rappresenta proprio dei ragazzini che mostrano una totale mancanza di sensibilità umana (episodio dei cani da combattimento) e sono incentivati in questo.
La Prima Parte rappresentasin dall’inizio il giorno 15 settembre 1993, si apre con l’incubo di don Puglisi e poi l’incontro con i suoi assassini ai quali dice “Vi aspettavo”.
La Seconda Parte, in flash back, si apre con l’episodio dell’arrivo di don Puglisi a Brancaccio, il primo incontro è ancora con dei ragazzini che giocano in strada, lo insultano e spintonano persino la sua vecchia auto; dopo la Messa, in una chiesa deserta, si ferma con altri due bambini soli che gli chiedono se sia uno “sbirro” e il piccolino vorrebbe una rivoltella per vendicare suo padre, don Puglisi li invita in parrocchia. Poi l’incontro con Domenico, il suo primo aiutante
Episodio successivo è la realizzazione del Campo di calcio che serve ad attrarre il primo gruppo di ragazzini, e dove incomincia la loro educazione; Domenico, nonostante le minacce del padre (Gaetano), prosegue nel suo ruolo di collaboratore, finché arriveranno anche le percosse. Don Pino chiede al Vescovo un aiuto per il suo progetto relativo ad un Centro per i ragazzi ma, sul momento, questi non può assegnargli un vice-parroco. Don Puglisi riesce ad avvicinare anche uno dei più riottosi ragazzini, il Saro.
Altro episodio, l’omelia in piazza nella quale il sacerdote presenta il suo sogno per Brancaccio, nonostante si cerchi di disturbare il suo discorso; c’è poi un tentativo di approccio “generoso” da parte di alcune “persone per bene” ma don Pino rifiuta.
L’aiuto del Vescovo si concretizza nelle tre suore inviate alla sua parrocchia.
Assieme a loro viene organizzata la Lotteria di san Gaetano per procurare i fondi per il Centro “Padre Nostro” con l’episodio tragicomico della ”rapina” collegiale dei fondi raccolti, ma la vita comunitaria alla parrocchia continua serena e si fanno nuovi allievi (Carmelo).
Anche nella sua attività di professore, don Pino porta i suoi valori e dà il suo insegnamento: “ricerca della verità” anche in questo mondo di mass media e “abituarsi a pensare con la propria testa” senza paura di “rompere le scatole”.
Mentre il Centro sta prendendo forma con l’aiuto di tutti, compresi i ragazzi, c’è una prima defezione, Domenico avverte che non può più essere con loro altrimenti suo padre “l’ammazza”, don Pino gli regala la sua catenina con la crocetta.
L’episodio della Processione mette in evidenza la spaccatura tra il mondo della parrocchia e gran parte della società degli adulti del quartiere, alla processione solo i ragazzi e le suore mentre i “maggiorenti” festeggiano, secondo la loro “tradizione”, a tavola e con il cantante famoso e si fanno i primi commenti sul “parrino che “non porta rispetto”.
Nuovo aiuto insperato, arriva il diacono Gregorio, ex allievo di don Pino, al quale dà l’incarico di “vice parroco”, assieme raccolgono le firme per richiedere alla amministrazione i servizi essenziali per il quartiere, spaventando gli amministratori che pensano ad una azione politica.
Iniziano i comunicati sugli agguati di mafia, molti giovani festeggiano, don Pino reagisce con una omelia nella chiesa gremita, nella quale invita la popolazione a chiedere quello che spetta loro senza la mediazione e i “favori” di padrini, il suo discorso è accolto da un applauso convinto, ma gli amministratori e i politici sono visibilmente sconcertati e infastiditi. Alla successiva strage di mafia don Puglisi e i suoi sostenitori, anche cittadini, in piazza manifestano contro la mafia e il sacerdote denuncia in TV un deposito clandestino, precisa che sta solo chiedendo una scuola media per il quartiere ma i carabinieri vi trovano grande quantità di esplosivi.
Questo provoca la decisa reazione dei padrini della mafia e politici collusi, per non farlo diventare “il padrone di Brancaccio” viene fatto “il brindisi alla sua salute”, al quale tutti i presenti levano il bicchiere; viene poi attivato Gaspare (procura la rivoltella); successivamente iniziano le rappresaglie, il furgone incendiato, lo stesso don Puglisi aggredito e picchiato; la piccola comunità parrocchiale reagisce con l’intervento di Gregorio dall’altare, i cartelli e la gioiosa corsa di biciclette dei bambini. Anche don Pino parla invitando gli “uomini d’onore”, dice “fatevi vedere alla luce del sole, le porte di questa chiesa sono aperte per voi”, è pronto ad accoglierli ad incontrarli. Qualcuno dei ragazzi più grandi comincia a capire qualcosa sui traffici, condotti anche da parenti insospettabili, tra affari e mafia. C’è ancora tempo per una gita con i suoi ragazzi, momento di serenità, ma don Puglisi presagisce la propria fine.
Nella Conclusione il flash back ha termine e ci si riallaccia, con stesse inquadrature, all’inizio e alla Prima Parte : siamo al 15 settembre 1993, compleanno di don Pino, seguono l’anonima telefonata di “auguri”, Gaspare – con Domenico che lo osserva – procura la pistola, Domenico cerca disperatamente di avvertire-intimorire don Puglisi che però prosegue la sua strada, l’inseguimento e l’agguato, alternando immagini del Centro dei ragazzi con la partita in TV e suor Carolina che cuce; l’episodio del capo mafia che si informa da lontano sull’esito degli “auguri” e don Puglisi colpito, a terra, tra l’indifferenza di chi vede, mentre suor Carolina, quasi con intuito miracoloso, accorre gridando.
Ultima scena, l’omaggio dei ragazzi al feretro di don Pino nella sua chiesa con il surreale episodio della “visione” di Carmelo a chiudere il film.
Poi, a schermo nero, le parole di uno degli aggressori al giudice e la didascalia riassuntiva (sempre con sottofondo musica triste di fisarmonica), infine Titoli di coda.
Nella struttura semiologica (criterio: personaggi nella loro evoluzione), basata sulla figura di don Giuseppe Puglisi, protagonista cinematografico, considerato negli ultimi due-tre anni della sua vita come parroco di San Gaetano al quartiere Brancaccio di Palermo, sono messe in evidenza, rispetto alle azioni del parroco, le reazioni di due gruppi di personaggi:
- i bambini e ragazzi del quartiere, poi confluiti nel Centro “Padre Nostro” e
- gli “uomini d’onore” e politici collusi .
Particolarmente al primo gruppo si rivolge l’attenzione del regista (fin dalla Dedica) mostrando la loro evoluzione, singola e di gruppo, a partire da quella totale mancanza di sensibilità umana della Premessa, attraverso la loro graduale educazione (accettazione delle regole, rispetto per l’altro, collaborazione, rifiuto della violenza e della disonestà) in base ai valori e ai principi trasmessi dal sacerdote (in primo piano la ricerca della verità e il saper pensare con la propria testa), questa evoluzione è mostrata infine dalla loro reazione commossa al tragico attentato (ultimo omaggio al sacerdote) e anche dal rifiuto radicale di quella realtà compromessa con la mafia (da cui il gesto estremo di Domenico). Meno giustificabile, forse, se non da un intento spettacolare, il piccolo “colpo di teatro” presente nelle immagini finali (poco coerenti con il taglio “verista” del film).
Del secondo gruppo segue il crescendo di violenza con uno stile asciutto e senza fronzoli che mostra una ricostruzione quasi “cronachistica” dei fatti, dal tentativo iniziale di “corruzione” alla reazione estrema dell’omicidio per eliminare il sacerdote sentito come un pericolo al loro dominio del territorio; la “motivazione” del gesto è poi presentata con voce f.c. a schermo nero. Una didascalia riassume i dati di cronaca della vicenda criminosa.
In conclusione si può dire che il film E’ la Ricostruzione, in chiave “verista”, degli ultimi due-tre anni di vita di don Giuseppe Puglisi, parroco di San Gaetano nel quartiere Brancaccio di Palermo, uomo di grande rettitudine, dotato di coraggio fino all’eroismo e fervore apostolico rivolto soprattutto all’educazione dei giovani, e degli effetti della sua predicazione:
- la trasformazione dei ragazzi e la loro evoluzione umana, civile e di coscienza e
- la tragica reazione violenta dei boss mafiosi e dei politici collusi che, rifiutando l’offerta di accoglienza ed incontro, scelgono la brutale eliminazione fisica di chi non riescono a piegare.
L’evoluzione psicologica, verso quell’evoluzione umana che dicevamo, viene mostrata, quindi, solo in relazione al gruppo dei bambini e ragazzi del quartiere, dicendo di conseguenza, che una educazione basata su principi e valori universali, connaturati alla predicazione del cristianesimo, può produrre una crescita umana e civile anche in ambienti deprivati e persino dominati dalla criminalità organizzata.
LAVORO DIDATTICO ANALITICO
Premessa. Un motofurgone porta dei ragazzi con scatoloni pieni di gatti da gettare nelle gabbie dei cani da combattimento, un uomo li paga e i ragazzi ridono dicendo “buon appetito”. I cani vengono fatti combattere davanti a molti spettatori, anche giovanissimi, che gridano, il cane ferito è portato via ancora dai ragazzi col motofurgone e poi buttato da un palazzo in costruzione (sono passati i titoli di testa)
Didascalia: “Palermo 15 settembre 1993”, un motorino gira con frastuono, un ragazzino (poi vedremo: Domenico) dice “Lo sai che ti vogliono ammazzare” ( volto illuminato dal basso) Don Puglisi si sveglia da un incubo premonitore, al telefono qualcuno, che lo chiama “parrino”, gli fa gli auguri ridendo. Don Puglisi scende dalla sua auto ma è affrontato da un gruppo di giovani, dice “Vi aspettavo”.
Didascalia: “Due anni prima” la vecchia “127” rossa di don Puglisi passa attraverso un gruppo di bambini che giocano al pallone in strada e lo insultano, vestito dei paramenti entra nella chiesa e si genuflette all’altare, la chiesa è vuota, prega perché gli venga mostrato il cammino. Poi gira in bicicletta per il quartiere, apre un capannone peno di attrezzature fatiscenti, casse e bidoni; poi sulla strada incontra due bambini soli, dice loro che la mamma li può portare in parrocchia, i bambini gli chiedono se è uno “sbirro”, lui sorridendo dice di essere il parroco, il “parrino” e mostra ai bambini la casa dove era nato, viene a sapere che il padre dei bambini è stato arrestato, appunto, dagli “sbirri”. Si mette a tagliare l’erba di un prato e un ragazzo, Domenico, lo aiuta, gli chiede cosa è tornato a fare a Brancaccio e poi dice che “gli uomini d’onore sono quelli che camminano a testa alta”. Quando torna a casa Domenico è avvisato dal padre di non tornare più in parrocchia.
Don Pino si ferma con i ragazzini che giocavano a pallone in mezzo ad una strada e li invita al Campo di calcio della parrocchia, “perché non venite a vedere?”; tutto il terreno è stato sistemato e persino segnato con le righe per il gioco da Domenico. I ragazzi entusiasti si mettono a giocare ma presto nascono risse allora don Pino richiama l’importanza delle regole e Domenico fa battere la punizione; ad un episodio successivo espelle un ragazzo che reagisce e insulta, ma poi arrivano le auto dei carabinieri che cercano appunto Saro, il ragazzo espulso poco prima, che è sotto custodia cautelare. Successivamente arrivano degli uomini e reclutano alcuni ragazzini e chiamano anche Domenico, vanno a preparare cassette coperte di arance in superficie ma che nascondono candelotti (esplosivi?). Il padre rimprovera ancora Domenico poi lo picchia con la cinghia. Don Pino si è fatto affidare Saro, il ragazzo fermato, ma questo gli scappa subito. Don Pino è a colloquio con il Vescovo, gli prospetta la situazione dei ragazzi e chiede rinforzi ma il Vescovo non può assegnargli un vice parroco. In parrocchia ci sono i due bambini che aspettano la madre, Don Pino chiede aiuto anche a lei nonostante il suo “lavoro”. Mentre sta preparando un microfono torna Saro che lo aiuta e poi gli dice che non è come gli altri parroci. Don Pino pronuncia la sua omelia in piazza, col microfono, perché lo ascoltino, anche se sulle panche c’è solo una persona, parla del suo sogno per Brancaccio; da un bar mettono alta la musica a coprire le sue parole, in una bottega di barbiere lo scherniscono. Mentre sta lavando il calice un ragazzo viene a dirgli che “delle persone per bene” lo vorrebbero per la benedizione di un autosalone e gli inviano una busta con molti soldi ma don Pino rifiuta. I mandanti lo considerano poco malleabile, ma decidono di dargli il tempo di ambientarsi; poi, parlando tra di loro, dicono che devono compensare l’”ospitalità” del padrone di casa, magari facendo giocare il figlio in serie A.
Dall’autobus scendono tre suore che cercano il parroco, una è suor Carolina, suor Elena e suor Anna sono state inviate dal Vescovo per aiutarlo; le suore si sistemano in uno stanzone della parrocchia. Don Pino parla della costruzione di un Centro per i ragazzi, ma i fondi non ci sono, l’idea per raccoglierli è una Lotteria.
Per la Lotteria di san Gaetano i ragazzi della squadra sono in giro a vendere i biglietti con don Pino, passano per le strade sulla sua vecchia macchina ed un megafono (ogni biglietto è da mille lire, si mette in palio una macchina per cucire). Le suore nel dormitorio sentono dei rumori, suor Carolina vede un ragazzo che rovista, sta rubando i soldi. Don Pino fa ai ragazzi un discorso sul perdono e sul pentimento, decide di ascoltare il responsabile in confessione. Nel confessionale sente avvicinarsi qualcuno, ma sono tutti i ragazzi, allora se ne va; una suora gli chiede se è ancora arrabbiato poi parlano della loro vocazione, suor Carolina dice che l’ha spinta la voglia di verità, “avvicinare la realtà ai nostri sogni”, don Pino parla dei suoi genitori. In parrocchia Saro sta preparando il forno per le pizze che faranno i ragazzi, compare un nuovo bambino, Carmelo che sa scassinare le macchine.
Don Pino si presenta in classe come nuovo insegnante di Religione, porta una grossa scatola e ci salta sopra , mostra che cosa è venuto a fare, poi presenta una copia del Manifesto col titolo sui licenziamenti a Termini Imerese ed un altro giornale (non specificato) che parla di “Piano per modernizzare”, don Pino pone il problema della conoscenza della verità e pone l’obiettivo di “abituarsi a pensare con la propria testa” e “non aver paura di rompere le scatole”. Una serie di motorini in gruppo, a bordo molti giochi per i più piccoli, molti studenti vanno al Centro di don Pino che li accoglie e tutti lavorano al suo allestimento; poi fanno festa e si divertono ma quando escono trovano i motorini danneggiati. Il giorno dopo Domenico incontra don Pino per dirgli che suo padre non vuole che torni alla parrocchia “se ci ritorno mi ammazza”, don Pino gli regala la sua catenina.
Il Comitato delle Feste si complimenta con don Pino per come ha trasformato la parrocchia e poi parlano del percorso della Processione che il sacerdote vuole cambiare, poi non vuole che passino di casa in casa a raccogliere offerte, non vuole che il quartiere, povero, sprechi soldi neanche per far venire il cantante, che però appartiene ad una “famiglia importante”, i membri del Comitato escono scontenti; don Pino ferma Gaspare che era stato uno dei suoi vecchi compagni (è il padre di Domenico), Gaspare non risponde alla sua richiesta di far tornare Domenico. Alla Processione ci sono solo i ragazzi e le suore,tra i pochissimi cittadini, la madre di Domenico (sua silenziosa rivolta) mentre Gregorio e molti del quartiere festeggiano il Patrono per proprio conto a tavoli imbanditi e con il cantante celebre: Red Malvin; si parla del “nuovo parrino” che “non porta rispetto” e vengono fatti esplodere fuochi d’artificio che spaventano i bambini della processione, i canti religiosi si confondono con le canzoni di Malvin.
A don Pino si presenta Gregorio ex allievo del Seminario Diocesano al quale il sacerdote dà il titolo di “vice parroco” e iniziano a raccogliere le firme (più di mille) per richiedere nel quartiere scuole, campi da gioco, presidio sanitario ecc e si presentano negli Uffici Comunali, il Sindaco consiglia “pazienza”, poi telefona a qualcuno preoccupandosi per le elezioni “mille e cento firme, quelli ci vogliono fottere”.
Anche in auto don Pino insegna catechismo ai suoi bambini ma poi alla radio ascolta il comunicato dell’ agguato di mafia a Giovanni Falcone; nella piazza della chiesa una manifestazione di ragazzi in motorino inneggia l’attentato e la mafia. Don Pino parla nella sua omelia, a chiesa gremita, della strage e chiede di reagire chiedendo quello che non hanno mai avuto per quanto riguarda i servizi essenziali del comune, c’è chi è d’accordo, parte un applauso, tutti in piedi, i membri della giunta comunale però sono in grave imbarazzo, un bambino costringe anche il Sindaco ad applaudire di malavoglia. Anche le suore si mettono ad educare la popolazione sui loro diritti. Carmelo, il piccolo scassinatore di macchine mostra a don Pino che rimette al posto una autoradio rubata e poi gli consegna il grimaldello. Via Mariano d’Amelio, altra strage di mafia, quella di Paolo Borsellino; al Centro lo seguono in TV, colpiti. Poi sono loro in TV con striscioni a protestare e denunciare un deposito clandestino della mafia, anche se don Pino precisa che si tratta solo di chiedere una scuola media per il quartiere ma le forze dell’ordine vi hanno trovato grande quantità di esplosivi (tra l’altro nelle stesse scatole di arance).
Ora i padrini della mafia e gli stessi rappresentanti dell’amministrazione sono pronti a prendere una decisione: “gli lasciamo fare il padrone di Brancaccio?” e fanno un brindisi “alla sua salute”. Viene avvertito Gaspare ( Domenico è presente e ascolta) che dice “Certo che lo posso fare”. Davanti alla chiesa di don Pino passano dei motorini e tre ragazzi lanciano un oggetto incendiario che fa prendere fuoco al furgone, don Pino denuncia il fatto ma i ragazzi interrogati negano in modo farsesco. Don Puglisi svegliato nella notte è aggredito e picchiato, alla mattina nega l’avvenuto ai suoi collaboratori, è sconvolto, da solo piange. Il diacono Gregorio dall’altare parla di “alta densità mafiosa” e dei tentativi fatti solo per rendere Brancaccio una società migliore, mentre molti ragazzini fanno una gara di corsa in bicicletta e una piccola manifestazione inalbera cartelli con “No alla mafia” e “Adesso Basta”. Anche don Pino attacca la violenza e agli “uomini d’onore” dice “Fatevi vedere alla luce del sole, io vi accolgo. Parliamoci”. Suor Carolina è preoccupata: “Chiediamo aiuto a qualcuno”, ma don Pino replica “A chi?”; suor Carolina sta preparando una gita. Anche Gregorio è affrontato da un mafioso che rivendica che solo loro danno alla gente del quartiere “pane e lavoro”. Rosario, uno dei ragazzi del Centro di don Pino, si rende conto degli affari che il nonno intrattiene con i mafiosi.
I ragazzi con don Puglisi, le suore e Gregorio sono in gita, attorno al falò guardano le stelle cadenti, don Pino chiede a Gregorio se resterà lui a Brancaccio “qualora non dovesse più esserci”. Rosario partendo scrive una lettera a don Pino parlandogli degli affari del nonno e ringraziandolo per la lezione cha ha ricevuto da lui.
Qualcuno al telefono augura “Buon compleanno, parrino” (e si riprende la sequenza iniziale del 15 settembre); poi siamo alla casa di Gaspare (con Domenico che osserva), questo consegna una scatola, poi ordina al figlio di non andare a scuola nel pomeriggio. Don Puglisi esce dalla chiesa e un ragazzo in motorino compie dei giri intorno a lui quasi investendolo, è Domenico che lo urta e se ne va dopo avergli reso la sua catenina, poi torna a casa parla col padre e si butta, col motorino, da una scarpata sui sottostanti binari del treno. Due macchine stanno aspettando don Puglisi nella piazza (mentre i due boss mafiosi di Brancaccio si trovano in macchina presso Forte dei Marmi). Le suore preparano la torta per il compleanno, mentre i ragazzi guardano le partite alla TV. Don Pino sale sulla sua auto ed è seguito, poi scende e le due macchine lo bloccano, scendono quattro giovani, don Pino dice “Vi aspettavo” (scena iniziale). Uno dei sicari apre il pacco di Gaspare. PP alternati di don Pino e suor Carolina al Centro che cuce ma sembra “sentire” qualcosa. Uno dei capi mafia sta acquistando una villa Forte dei Marmi ma telefona per sentire l’esito degli “auguri”, poi si segna e fa il gesto della bocca chiusa a cerniera. Le due macchine fuggono mentre nel pacco viene riposta la pistola; don Puglisi è a terra, passa un motorino e non si ferma, nel quartiere continua a risuonare la telecronaca della partita di calcio, una finestra si chiude, passa una macchina e non si ferma, don Puglisi è ancora vivo, arriva correndo e urlando suor Carolina.
Tutti i bambini in chiesa, mesti, guidati da Gregorio rendono omaggio al feretro di don Puglisi davanti all’altare mettendoci sopra i propri giochi (musica triste di fisarmonica), mentre tutti se ne vanno Carmelo si sente chiamare “Signor Carmelo” e su una panca della chiesa vuota, sullo sfondo una porta con luce intensa, vede don Puglisi sorridente, piangendo anche lui sorride e lo saluta con la mano, poi al rallenti si gira e se ne va.
Su schermo nero e voce f.c. le parole di uno degli aggressori al giudice “quel prete prendeva i ragazzi dalla strada, ci martellava con la sua parola, ci rompeva le scatole”;
poi la didascalia: “Don Puglisi è stato assassinato il 15 settembre 1993, giorno del suo 56° compleanno. A sparare Salvatore Grigoli, 28 anni, 13 omicidi alle spalle. Mandanti i fratelli Graviano, boss di Brancaccio, complici negli attentati ai giudici Falcone e Borsellino, e nelle stragi di Firenze, Roma e Milano del 1992 e 1993.” (sottofondo musica triste di fisarmonica).
Titoli di coda, in questi si precisa che la sceneggiatura ha usufruito della testimonianza di Suor Carolina Iavazzo e Gregorio Porcaro. FINE