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BASTA CHE NON SI SAPPIA IN GIRO – film a episodi



Regia: Nanny Loy MACCHINA D'AMORE, Luigi Magni IL SUPERIORE, Luigi Comencini L'EQUIVOCO
Lettura del film di: Nazareno Taddei
Edav N: 45 - 1977
Titolo del film: BASTA CHE NON SI SAPPIA IN GIRO
Titolo originale: BASTA CHE NON SI SAPPIA IN GIRO
Cast: A episodi: «Macchina d'amore» di Nanny Loy con Johnny Dorelli e Monica Vitti; «Il superiore» di Luigi Magni (regia, sogg., scenegg.) con Nino Manfredi; «L'equivoco» di Luigi Comencini con Nino Manfredi e Monica Vitti – scenegg. di Age-Scarpelli-Magni – musiche di Armando Trovaioli – colore – produz.: ITALIA, 1976 – m. 2800 – VM 14 – distribuz.: Medusa
Sceneggiatura: Age-Scarpelli-Magni
Nazione: ITALIA
Anno: 1976

«Macchina d'amore» è il primo episodio, affidato più alla recitazione della Vitti che alla regia o al soggetto.

 

La vicenda è estremamente semplice: mentre uno sceneggiatore detta in copisteria una sua sceneggiatura, la dattilografa - velocissima ma nuova a questo genere di lavoro - vive nella sua immaginazione quanto sta scrivendo, delusa solo del finale non a lieto fine; e benché preoccupata di un marito malaticcio e figli, si abbandona per un momento all'evasione, baciando lo sceneggiatore, ma riprendendosi subito e avviandosi al suo impegno familiare.

Il racconto realizza la vicenda nel modo più semplice (per non dire semplicistico) e diretto, ma vorrei dire anche un po' stucchevole, inserendo i flashes di quello che la dattilografa immagina e sostenendosi con qualche gags a presa immediata. La recitazione della Vitti sostiene magnificamente la situazione; non contribuendo molto, tuttavia, a dar corpo alla tematica che nelle intenzioni del regista e dei soggettisti doveva sottostare all'episodio. Infatti, il tema dell'imbambolamento provocato dai mass media (cinema, fumetti, ecc.) con le loro storie romantiche ed evasive, che incidono sul comportamento ma urtano contro la realtà, resta appena sfiorato e - per di più - affrontato piuttosto qualunquisticamente. Come in un chiasma, lo sceneggiatore si accorge della donna solo a mano a mano che il lavoro procede, mentre la donna parte subito per il suo sogno rosa; e il bacio scarica lei e carica lui: lei se ne va all'improvviso e furtiva e lui, in fondo, si accontenta di guardarla (se pur la guarda) dalla finestra.

E solo un piccolo fuoco d'artificio, che sarebbe un pezzo di bravura cinematografica se lo fosse, ma che non riesce ad andare molto oltre la superficie vuoi psicologica dei personaggi, vuoi antropologico-culturale delle situazioni, vuoi narrativa della struttura. Se ne resta dunque li, con il qualche sorriso che sollecita e con la sua patina di moralismo senza mordente.

 

«Il superiore» è la vicenda di un appuntato carcerario che viene sequestrato da un gruppo di detenuti che minacciano di sodomizzarlo se non verrà da Roma il ministro in persona a garantire l'attuazione della riforma. Alla fine, rientrato il sequestro senza che la minaccia si attui, tutti – compresa la moglie – nonostante le sue protestazioni, lo copriranno di benevola comprensione per un atto che ritengono si sia compiuto.

Il racconto ha una certa grinta narrativa e spazia a toccare, senza peraltro alcun approfondimento, vari aspetti che una situazione del genere può interessare (attualità carceraria e politica, scontri di mentalità, diffondersi di tematiche politicizzate, ecc.), sulle quali tuttavia predomina quella della mentalità arcaica circa certi aspetti del sesso.

L'ottima recitazione di Manfredi non riesce - analogamente al primo episodio - a dare spessore tematico a una sceneggiatura troppo preoccupata di divertire senza toccare nessuno o senza scalfire il vero volto dei problemi.

 

«L'equivoco» di cui tratta il terzo episodio è dato dal fatto che un ragioniere, aeromodellista amatore, il quale, mentre è in attesa di una ragazza richiesta a una casa d'appuntamenti, è visitato dall'incaricata di una biblioteca con prestiti a pagamento, allergica agli uomini per inibizione dall'infanzia, e la scambia per quella. Più o meno ovvii i giochetti che ne possono seguire, con prefinalino a letto, fino a quando arriva la vera… inviata con finale di decisa gelosia. Scontatuccio anzichenò, l'episodio s'avvale di un Manfredi e di una Vitti, ben ripresi e ben sistemati in montaggio, che riescono a rendere abbastanza gustosa una sceneggiatura altrimenti non eccessivamente carica di fantasia e di smalto.

 

Il titolo del film pare attagliarsi solo al secondo episodio e non svela comunque alcun elemento d'unità. Tre episodi distinti, insomma, per circa cento minuti d'evasione leggera fin troppo.

Dopo il film, visto in una sala quasi piena, ho ripensato alle facce che avevo osservato al bar del cinema prima dello spettacolo: gente soprattutto giovane che sembrava attendesse d'andare ad un funerale o a pagar le tasse: silenziosa, tesa, occhi smarriti, come timorosa d'essere al mondo e in quel posto. Questa è la gente che va a questo tipo di cinema - ed è tanta - senza voglia di pensare, senza voglia d'esser presa per lo stomaco né dalla violenza, né dalla pornografia, né dalle tematiche impegnate, con la voglia però di sorridere su quella vita cotidiana in cui è immersa.

A questo punto, come valutare moralmente tanto un film del genere, pur pieno di stereotipi e di disimpegno, di modelli di comportamento fasulli e di sollecitazioni mentali equivoche, quanto un pubblico che vi occorre per trovare in ciò istintivo aiuto ad andare avanti?

In teoria, la risposta potrebbe anche essere semplice; ma in pratica non lo è altrettanto. Mi pare comunque chiara una cosa: il fatto accennato può essere affrontato li per lì, come l'iniezione a effetto immediato che si dà a uno còlto da improvviso malore; ma se lo si vuol veramente risolvere, come il togliere la causa di quel malore, deve essere affrontato più a monte.

E a monte, nel nostro caso, ci sono due settori di problemi: l'uno, sfruttamento legato al fatto cinematografico, che si può risolvere solo con una vera educazione all'immagine, avviata fin dalla fanciullezza per immettere una mentalità conforme al fenomeno; l'altro, che in parte - ma solo in parte - esula dal nostro specifico campo di azione, quello d'una situazione sociale e politica che va affrontata dalla base, cioè dall'uomo della strada che ha pur diritto a un voto; con criteri e con mentalità ben diversi da quelli che sono stati portati avanti negli ultimi lustri, servendosi molto dei mass media, sia da destra sia da sinistra, sia dal centro. Non è più possibile illudere la gente, se non si vuole che scoppi tutto, cercando privilegi e interessi solo personalistici pur variamente ammantati. (NAZARENO TADDEI)

 


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