LA MAFIA UCCIDE SOLO D'ESTATE
Regia: Pif (Pierfrancesco Di Liberto)
Lettura del film di: Franco Sestini
Titolo del film: LA MAFIA UCCIDE SOLO D'ESTATE
Titolo originale: LA MAFIA UCCIDE SOLO D'ESTATE
Cast: regia: Pierfrancesco Diliberto Pif - sogg., scenegg.: Michele Astori, Pierfrancesco Diliberto, Marco Martani - scenogr.: Marcello Di Carlo - fotogr.: Roberto Forza - mont.: Cristiano Travaglioli - cost.: Cristiana Ricceri - suono: Luca Bertolin - mus.: Santi Pulvirenti - interpr. princ.: Cristiana Capotondi (Flora), Pierfrancesco Diliberto (Pif Arturo), Ginevra Antona (Flora bambina), Alex Bisconti (Arturo bambino), Claudio Gioe'(Francesco), Ninni Bruschetta (Fra Giacinto), Barbara Tabita (Maria Pia), Rosario Lisma (Lorenzo) - durata: 90' - colore - produz. : Mario Gianani e Lorenzo Mieli per Wildside Media con Rai Cinema - origine: ITALIA, 2013 - distrib.: 01 Distribution - (28-11-2013)
Sceneggiatura: Michele Astori, Pierfrancesco Diliberto, Marco Martani
Nazione: ITALIA
Anno: 2013
Presentato: TFF 31 TORINO FILM FESTIVAL 2013 - CONCORSO TORINO 31
Premi: PREMIO DEL PUBBLICO MIGLIORE FILM
È la storia di Arturo, un bambino palermitano che viene concepito proprio il giorno del massacro di Viale Lazio, quando la mafia uccise il boss Cavataio al quale successe la nuova mafia, con Toto Reina, Salvo Lima, Bernardo Provengano ed altri boss che presero il comando dell’organizzazione.
Il bambino cresce e alle elementari si innamora di una compagna di classe, Flora, amore che rimarrà intatto per tutta la vita, nonostante il divario sociale tra i due e la distanza che li separa quando il padre della bambina porta la famiglia in Svizzera.
A Palermo accadono colpi di mano della mafia e l’autore li sottolinea con qualcosa che accade al bambino; lui sembra l’unico che s’interessa alle cose del mondo criminale, tutti gli altri fanno finta di non vedere e, si arriva alla frase del padre di Arturo che, alla sua domanda se la Mafia sia pericolosa, risponde con la frase “è come i cani, se non li disturbi non mordono” e aggiunge che il bambino può stare tranquillo, perché “la mafia uccide solo d’estate” e dato che in quel momento siamo in inverno….
Arturo cresce in questa famiglia passiva e si crea un eroe positivo: il Presidente Giulio Andreotti, che diventa un beniamino per il modo in cui narra di aver conquistato la moglie (al cimitero); da quel momento non ci sarà verso di fargli cambiare opinione sull’uomo politico.
Gli anni passano, la Mafia cresce in arroganza e crudeltà e i paladini della giustizia vengono barbaramente abbattuti: tutti questi “eroi” incrociano la loro esistenza con quella di Arturo, come il commissario Boris Giuliano che gli offre una pasta al Bar o il Generale dalla Chiesa che gli rilascia la sua prima intervista nella quale viene fuori il primo momento in cui Andreotti è in discussione: il ragazzo dice al Generale che Andreotti ha dichiarato che la mafia esiste solo in Campania e Calabria e allora cosa ci fa in Sicilia? Dalla Chiesa non gli risponde ma gli fa capire che le cose non stanno come ha detto Andreotti. Ed in occasione del suo assassinio al giovanotto Arturo torna in mente il discorso di Andreotti e gli comincia a scemare la considerazione per il presidente.
Ma la vera e propria presa di coscienza dell’uomo Arturo, avviene con l’uccisione di Falcone e Borsellino; in quelle stragi comprenderà che la mafia uccide barbaramente tutti coloro che gli si pongono di fronte.
Ed arriviamo così alla fine del film: Arturo è riuscito a sposare Flora ed ha un bambino da lei; da ora in poi il film si svolge con il bimbo che viene portato dai genitori a visitare tutte le lapidi siciliane dove si ricordano le stragi o i delitti di mafia e gli viene parlato del fenomeno mafioso come una cosa pericolosa e profondamente deleteria per l’intera cittadinanza.
Insomma, un atteggiamento diverso a quello che i suoi genitori hanno avuto con lui, al quale veniva minimizzata la presenza della mafia e cosi il bambino ha dovuto scoprirlo tutto da solo attraverso le manifestazioni violente che si sono susseguite.
La struttura narrativa del film è come minimo “singolare” e proprio per questa sua singolarità ha una bella presa sul pubblico in sala che, mi è parso, esce con maggiore convinzione di quando assiste a tanti film “sulla mafia” nei quali non si sa bene a chi l’autore ha dato ragione, tanto i padrini venivano presentati come uomini “forti” e arcaici, nella loro sacralità di potenti e cattivi; in questo film sono tutti personaggi negativi, ma l’autore ci include anche la gente comune – come il padre di Arturo – che crede di poter assistere alle vicende violente della sua città senza prendere posizione.
Complessivamente direi che siamo in presenza di un film interessante che cerca – e ci riesce quasi sempre – di proporre il fenomeno della mafia in Sicilia con una compartecipazione della vita “normale” di una persona alla quale si è insegnato a non trinciare giudizi e seguire il motto: sono come i cani: se non li infastidisci non mordono”; ebbene, il film ci mostra chiaramente che sono cani rabbiosi che mordono anche se nessuno li disturba e quindi la presa di coscienza di Arturo è spontanea.
Il film, quindi, ci da una tematica molto positiva: la nuova generazione (Arturo e Flora) alleveranno i loro figli in modo “diverso” da quello che hanno fatto i loro predecessori e per la mafia sarà “dura”: verrà finalmente indicata ai giovani come quel cancro che ha invaso il corpo della Sicilia e potrà essere sconfitta; per lo meno ci saranno delle prese di posizione che porteranno ad una battaglia in cui la mafia potrà essere sconfitta.,