IDA, IL FILM GIUSTO PER UN ESERCIZIO DI RIFLESSIONE E DI LETTURA STRUTTURALE
Regia: Pawel Pawlikowski
Lettura del film di: Adelio Cola
Titolo del film: IDA
Titolo originale: IDA
Cast: regia: Pawel Pawlikowski – scenegg.: Pawel Pawlikowski, Rebecca Lenkiewicz – scenogr.: Katarzyna Sobanska, Marcel Slawinski – fotogr.: Lukasz Zal, Ryszard Lenczewski – mont.: Jaroslaw Kaminski – mus.: Kristian Eidnes Andersen – cost.: Aleksandra Staszko – interpr. princ.: Agata Kulesza (Wanda Gruz), Agata Trzebuchowska (Suor Anna/Ida Lebenstein), Dawid Ogrodnik (Lis), Jerzy Trela (Szymon Skiba), Adam Szyszkowski (Feliks Skiba), Halina Skoczynska (Madre Superiora), Joanna Kulig (Cantante), Dorota Kuduk (Kaska) – durata: 80' – colore – produz.: Opus Film, Phoenix Film Investments – origine: POLONIA / DANIMARCA, 2013 – distrib.: Parthénos (13.3.2014)
Sceneggiatura: Pawel Pawlikowski, Rebecca Lenkiewicz
Nazione: POLONIA / DANIMARCA
Anno: 2013
Presentato: Toronto International Film Festival 2013; Gdynia Film Festival 2013; Warsaw Film Festival 2013; London Film Festival 2013; Camerimage 2013
Premi: • Toronto International Film Festival 2013: Premio FIPRESCI sezione «Special Presentation» • Gdynia Film Festival 2013: Golden Lion miglior film, attrice (Kulesza), fotografia e scenografia • Warsaw Film Festival 2013: Grand Prix nella «International Competition» • London Film Festival 2013: Grand Prix miglior film • Camerimage 2013: Golden Frogue miglior fotografia
La giovane polacca, Anna-IDA, novizia in procinto di prendere i voti perpetui, negli anni sessanta, quando in patria imperversa il comunismo, non sa quasi nulla della sua storia personale; la verrà a conoscere un poco alla volta da sopravvissuti alla seconda guerra mondiale e alla persecuzione degli ebrei, che aveva coinvolto anche i suoi genitori.
È alla vigilia della professione dei voti religiosi. La visione della comunità in cui vive è desolante nel suo realismo. Come ha potuto una giovane scegliere di vivere là dentro? Le suore che cantano i salmi sono ‘manichini’ in coro, tutti identici. Le consorelle anziane e le giovani ‘novizie’ in refettorio aspettano pazientemente il colpetto sulla tavola della superiora che dà il permesso di iniziare a nutrirsi. Tutte alzano e portano simultaneamente i cucchiai di brodo alla bocca in assoluto silenzio.
La superiora del convento, dove si trova con altre candidate, le consiglia, prima di consacrarsi «per sempre», di recarsi a fare visita all’unica sua parente, una zia che non ha mai visto. Era stata negli anni 50-51, in cui trionfava il comunismo, «Procuratore. Ho mandato qualcuno alla morte!» Quando, dopo il lungo viaggio, la trova, viene accettata in casa con molta freddezza e distacco («Ti conosco!»). La zia era al corrente dell’esistenza della nipote, ma non ha mai voluto interessarsene. Si dimostra sempre triste e preoccupata. Con le poche persone che incontra è autoritaria e scostante. Ida coltiva un unico desiderio: vedere dove sono stati sepolti i suoi genitori che non ha conosciuto e recarsi a venerarne la tomba. La ricerca di qualcuno che ne abbia sentito parlare è lunga e difficile. Tutti rispondono alle domande di non averli conosciuti, (forse non ne vogliono parlare!). Partono insieme con la macchina della zia che si offre di farle da guida. È abbastanza strano il comportamento di quest’ultima! È passata improvvisamente dalla freddezza alla premura: «Ti accompagno io!». È evidente il rimorso che tormenta l’ex “Procuratore”, che forse non s’è mai perdonato i suoi “errori” (sentenze di morte contro i ‘nemici del popolo’!), durante gli anni di piombo. Ida intanto viene a conoscere la sua identità: è figlia di ebrei e quindi è ebrea, (come il fratello mai conosciuto, il quale era «riconoscibile perché circonciso!»). Zia e nipote trovano finalmente un uomo che ha conosciuto i genitori di Ida: le accompagna sul luogo dove egli stesso li ha sepolti in mezzo al bosco, dopo avere ucciso i genitori e il fratello salvando lei, perché piccolissima e non riconoscibile come ebrea. Le due donne raccolgono le ossa dei defunti e li seppelliscono con riverente pietà in un vecchio cimitero ebraico.
Durante il viaggio la zia aveva ogni tanto buttato là qualche battuta impertinente: «Hai avuto incontri carnali?» – No – “Dovresti provarli. Che sacrificio è il tuo senza averne fatto esperienza?» La giovane reagisce in silenzio, prega e resiste, ma ogni tanto riflette in silenzio. Durante il viaggio la zia aveva offerto un passaggio ad un giovane sassofonista diretto in città per partecipare a un concerto con i colleghi. Ida rifiuta di prendere parte al convegno mondano, ma in seguito ci andrà e rimarrà interiormente turbata. Arriva il momento in cui il peso dei rimorsi travolge la zia, che si butta dalla finestra. L’elogio funebre ne celebra i meriti di «attaccamento al suo dovere per amore del popolo!» Anche per Ida arriva la crisi. Un giorno occupa l’appartamento della zia, dopo il suo suicidio. Deposta da ogni incarico, quest’ultima era sopravvissuta nella sua desolata solitudine dedicandosi al sesso («Sono prostituta!») e all’alcol. Ida recupera nell’armadio della zia quel vestito elegante che già le era stato da lei offerto per partecipare alla festa in città, lo indossa, s’inebria di liquore e finisce per accettare le attenzioni del giovane musicista facendo esperienza sessuale con lui. S’intrattiene poi affettuosamente in un breve dialogo. – Vieni via con me –, azzarda lui; «Dove?» – Lontano, insieme! – «E poi?» – Poi avremo bambini! – «E poi?, e poi?...» – Poi avremo problemi! –. I due si separano bruscamente e il giorno dopo di buon mattino Ida abbandona il musicista mentre ancora sta dormendo. Si rimette in testa il velo di suora e con la valigia in mano riparte a piedi con passo deciso verso il lontano ‘suo’ convento. Adesso per lo spettatore tutto è chiaro.
È LA STORIA DI IDA, NOVIZIA ALLA VIGILIA DI EMETTERE I VOTI RELIGIOSI, LA QUALE, ancora in tenera età, dopo la morte dei genitori, affidata dai paesani al sacerdote del luogo, che l’aveva ‘depositata’ presso un ospitale convento solitario, dove era stata accolta come orfana sopravvissuta alla persecuzione nazista, dov’era cresciuta assieme con altre giovani novizie, ‘istintivamente’ orientata verso la vita religiosa, dopo aver scoperto la sua identità e aver realizzato il desiderio di ritrovare la tomba dei genitori e dopo avere fatto una breve esperienza della vita nel mondo, RITORNA al suo convento. FINE
Il film in Bianco e Nero è d’una essenzialità bressoniana, forse addirittura paragonabile a certi film di Dreyer. La recitazione dei personaggi è controllatissima dalla regia, lontana da tentazioni spettacolari d’ogni sorta, così nel linguaggio adottato che nella direzione degli interpreti.
La protagonista, apparentemente quasi ‘spenta’ nel volto, dimostra una religiosità forse convinta ma di maniera, formale. Per la strada, quando s’imbatte in un ‘capitello’ sacro, gli si inginocchia davanti a mani giunte. Prima dei silenziosissimi pasti le giovani e le suore anziane eseguono la cerimonia del segno della croce; celebrano con rito solenne la preghiera del mattino e della sera.
E IDA? Fermiamo l’osservazione sulla protagonista.
Nell’incontro d’amore con il musicista la vedremo: comportarsi con improbabile disinvoltura: si sveste e si concede al giovane, che abbandonerà la mattina seguente dopo averlo ‘disturbato’ con le sue domande: “E poi?”. La decisione dell’esperienza sessuale di Ida sembra allo spettatore fuori contesto psicologico, perché tra il prima e il dopo dell’azione non viene presentata la motivazione. Nella vita reale succedono queste cose, ma il film non risponde alla domanda del perché succeda. La circostanza e il modo particolare della decisione di ritornare in convento, non appaiono ispirate da motivi di fede. Il convento non sembra una libera scelta vocazionale, ma motivata dalla fuga dal mondo che le incute paura e preoccupazione. Osserviamo che Ida condivide con la zia l’imperturbabilità del volto: nella donna è reazione ostinata al rimorso; nella giovane non è indice di modestia ma difesa da sorprese.
Le ambientazioni all’interno del convento sono riprese come invase dalla nebbia, con luce scarsa. Quelle nel bosco della sepoltura dei genitori sono tenebrose, mozzafiato.
La colonna sonora che accompagna la festa dell’anniversario della città dovrebbe rallegrare i pochi giovani che vi partecipano: le esecuzioni canore sono applaudite senza convinzione; il ballo e la musica che l’accompagna, (in particolare quella del solista di sassofono), sono faticose e tutt’altro che allegre.
Tutto considerato, il film come esperienza di prova d’una vocazione presenta le due facce della classica medaglia. È positivo nell’ammirazione dovuta alla generosità delle suore nell’affrontare il pericolo di ospitare orfanelli ebrei durante il nazismo; non certamente nel tollerare o sperare che essi si considerassero, per riconoscenza, involontariamente destinati dalle circostanze ad entrare nella vita religiosa. Altrettanto negativa risulta la decisione della protagonista di entrare in convento per motivo umano d’interesse.
Il film offre l’occasione di ripercorrere i passaggi necessari per farne la LETTURA STRTTURALE per ricavarne alla fine l’IDEA CENTRALE. Tale operazione viene riproposta ogni tanto in EDAV a coloro che la trovano interessante.
1. Come si scopre il/la protagonista del film?
Nel nostro caso è IDA per i motivi seguenti.
a) Tutti gli altri personaggi, (anche la zia, che inizialmente è stata particolarmente messa in evidenza dal regista); sono presenti nel film, dove parlano e agiscono sempre in funzione di Ida
b) Di quest’ultima è evidenziato lo stato d’animo che l’accompagna nel viaggio alla ricerca della tomba dei genitori.
c) È lei, in terzo luogo, che ad un certo punto del film evolve psicologicamente in modo definitivo. Si potrebbe osservare che l’evoluzione della zia, che arriva al suicidio, è più impressionante (‘importante’) di quella della nipote. Notiamo però che il film non termina con la zia che si getta dalla finestra; esso continua raccontando l’evoluzione psicologica di Ida e la decisione finale del film.
2. Per passare alla fase successiva della lettura strutturale, dobbiamo scoprire le parti strutturali non soltanto narrative ma semiologiche del film. La circostanza nella quale succede qualche cosa che, dopo aver provocato l’evoluzione psicologica finale della protagonista, le fa prendere la decisione
finale, è il punto di divisione delle parti del film. Nel nostro caso è le scelta di Ida di ritornare al convento.
Se noi concludessimo a questo punto il lavoro, dovemmo dire che il film «È la storia di Ida alla vigilia dei voti, che, dopo aver fatto esperienza sessuale, decide di entrare nella vita religiosa».
Se riflettiamo sui particolari del modo di Ida di prendere la sua decisione, ci accorgiamo che la formulazione proposta non corrisponde al film. Abbiamo avuto troppa fretta di arrivare alla fine!
A questo punto l’idea centrale del film, cioè l’idea del regista, sarebbe la seguente: «Prima di fare la scelta della vita religiosa con i voti sembra opportuna l’esperienza di ciò a cui si vuole rinunciare con i voti stessi». La deduzione non regge, perché ci illudiamo d’aver scoperto il punto di divisione delle parti strutturali del film fondandoci sui fatti senza considerare il modo con cui sono stati raccontati dal regista.
3. Ci chiediamo, allora: qual è il punto del film nel quale Ida va in crisi e si trova, per così dire, di fronte a un bivio, da una parte il mondo e dall’altra la vita religiosa con i suoi impegni? È la circostanza nella quale Ida, dopo l’esperienza sessuale con il giovane musicista, dialogando con lui, affettuosamente abbracciata all’amico, reagisce all’ultima risposta delle domande che le ha rivolto.
Ella si troverà di fronte al bivio: scelgo la vita del mondo o la vita religiosa in convento? Quando l’amico le confida la previsione dell’arrivo dei problemi con i figli del progettato matrimonio al quale la invita, Ida decide. Mentre l’amico dorme, si riveste da suora, lo abbandona e con determinazione si avvia a piedi verso il “suo” convento.
Il film, dunque, si divide in due parti strutturali: LA PRIMA racconta la vita di Ida in convento alla vigilia di emettere i voti religiosi e la sua ricerca della tomba dei genitori; LA SECONDA esprime la sua decisione dopo essere entrata in crisi all’ultima risposta alla sua domanda da parte del giovane con il quale aveva avuto un rapporto amoroso.
4. Riflettendo sulle vicende di Ida abbiamo distinto i fatti (“contorni uno”) dal modo con cui sono raccontati dal film (“contorni due”)- la distinzione nostra è soltanto in funzione della Lettura Strutturale.
I “contorni due” corrispondono ai primi piani, dettagli e particolari espressivi dello stato d’animo di Ida e ci fanno capire il motivo della scelta finale di Ida. Sono detti perciò semiologici.
5. La domanda finale, che spesso non si pone lo spettatore frettoloso, è la seguente: Il regista a quale LIVELLO ha presentato il/la protagonista?
- Livello di GENERE, maschio o femmina, cioè riferirsi a tutti gli uomini o a tutte le donne?
- Livello di CATEGORIA, nel caso nostro di tutte le persone mature alla vigilia della professione religiosa?
- Livello di PERSONA, intendendo parlare di tutti?
Ancora una volta, se siamo stati attenti all’uso dei sottocodici cinematografici usati dal regista e in particolare alle varie espressioni mimiche dei personaggi, in particolare durante il dialogo conclusivo del film, oltre che negli incontri della protagonista con i personaggi incontrati nel viaggio di ricerca della tomba dei genitori, durante le feste in città, negli sguardi verso il giovane musicista in concerto, nella vera o finta partecipazione personale all’incontro sessuale…), concludiamo che l’autore del film evidenzia lo stato d’animo della protagonista come quella d’una persona messa in crisi di fronte alla scelta di vita nel mondo che non conosce, che gli viene descritto come difficile e con un “problematico!” futuro, che non vuole incontrare, per cui ne preferisce un altro che giudica meno impegnativo.
Se abbiamo eseguito bene la lettura strutturale del film, l’IDEA CENTRALE, si può esprimere nel modo seguente: NELLA VITA ARRIVA PER TUTTI PRIMA O POI UN COMPLESSO DI CIRCOSTANZE CHE FANNO LORO SCOPRIRE LA PROPRIA IDENTITÁ PSICOLOGICA, LI METTONO IN CRISI E LI CONVINCONO A SCEGLIERE, FRA OPZIONI DIVERSE O ADDIRITTURA OPPOSTE, QUELLA CHE LORO CONVIENE E GIUDICANO ESSERE LA MIGLIORE.
Per la formazione personale del giovane spettatore il film IDA si presta come esercizio di addestramento alla riflessione su un film alieno da lusinghe spettacolari, ma che merita attenzione per gli autentici problemi di vita che affronta. La distinzione tra le “varie facce della medaglia” è opportuna aiutare lo spettatore a fare con pazienza la lettura strutturale, a prima vista di qualcuno “inutile perché si capisce subito, senza lettura strutturale, che cosa vuol dire il regista del film!”. (Adelio Cola, Torino 28 marzo 2014)