THE PRESIDENT
Regia: Mohsen Makhmalbaf
Lettura del film di: Olinto Brugnoli
Titolo del film: THE PRESIDENT
Titolo originale: THE PRESIDENT
Cast: Regia: Mohsen Makhmalbaf scenegg.: Mohsen Makhmalbaf, Marziyeh Meshkiny fotogr.: Konstantin Mindia Esadze mont.: Hana Makhmalbaf, Marziyeh Meshkiny scenogr.: Mamuka Esadze mus.: Guja Burduli, Tajadar Junaid suono: Paata Godziashvili interpr. princ.: Misha Gomiashvili, Dachi Orvelashvili colore durata: 115 produz.: 20 Steps Production, Makhmalbaf Film House Production, Presdiente Fame origine: GEORGIA, FRANCIA, REGNO UNITO, GERMANIA, 2014 distrib. int.: Bac Films Distribution
Sceneggiatura: Mohsen Makhmalbaf, Marziyeh Meshkiny
Nazione: GEORGIA, FRANCIA, REGNO UNITO, GERMANIA
Anno: 2014
Presentato: 71. Mostra Internazionale D'arte Cinematografica di Venezia (2014) ORIZZONTI
È stato THE PRESIDENT del maestro del cinema iraniano Mohsen Makhmalbaf (autore di opere come PANE E FIORE e VIAGGIO A KANDAHAR) a inaugurare la Sezione Orizzonti della 71^ Mostra di Venezia, dedicata alle nuove tendenze del cinema mondiale.
La vicenda. Protagonista del film è il presidente di un immaginario paese caucasico. Il suo è un potere arbitrario e disumano che affama la popolazione e condanna a morte gli oppositori del regime, bollati come terroristi. In seguito ad una violenta rivoluzione, il presidente fa fuggire la sua famiglia all'estero. Lui rimane, con la speranza che le cose migliorino, e con lui resta anche il suo nipotino di cinque anni che non vuole lasciare la sua amichetta Maria. Ma le cose precipitano e l'anziano dittatore è costretto a travestirsi e a vagare, in compagnia del bambino, per il suo Paese, dove incontra quella gente che lui aveva sfruttato. Poco alla volta si rende conto del male che ha fatto, ma ad un certo punto viene scoperto. La gente vorrebbe uccidere lui e il bambino in modo atroce. Ma qualcuno insorge in difesa di due esseri indifesi. E se probabilmente lui viene ucciso, il bambino resta vivo, segno di speranza che certe atrocità non debbano più accadere.
Il racconto divide chiaramente la vicenda in tre grosse parti, con l'inserimento di alcuni brevi flashback che sottolineano il contrasto esistente tra la vita precedente e quella che il presidente e il suo nipotino sono costretti a vivere dopo la rivoluzione.
Nella prima parte viene sottolineato il potere tirannico e disumano che regna in questo «Paese sconosciuto». Le prime immagini mostrano una città piena di luci sfavillanti. Si sente il suono di un walzer e la voce dello speaker della radio di Stato che magnifica il benessere che regna nel Paese. È subito chiaro il tono un po' sopra le righe che caratterizza un'opera che vuole essere un favola sul potere e sulle possibili reazioni di fronte ad esso. Poi viene presentato il presidente (chiamato da tutti, compreso il nipotino, «Sua Maestà») che firma le condanne a morte per alcuni “terroristi”, tra cui anche un ragazzo ancora minorenne. Poi vediamo il nipotino che vuole mangiare un gelato e stare con la sua amichetta e non capisce quello che il nonno sta facendo e vive come un gioco il suo potere di accendere e spegnere le luci della città. Ma improvvisamente si sentono degli spari che fanno capire che è iniziata la rivoluzione. Dopodiché appare il titolo del film.
Nella seconda parte, dopo la partenza di alcuni membri della famiglia (si viene a sapere che il figlio e la nuora del presidente sono stati uccisi) e il tentativo di fuga, inizia quel viaggio, non solo fisico ma anche emblematico, che il presidente e il nipotino fanno a contatto con la gente. Si può dire che si tratta di una graduale presa di coscienza da parte del dittatore della disumanità del potere che finora aveva esercitato. Inoltre è molto significativo il contrasto tra il presidente, che inizialmente agisce con scaltrezza pur di salvarsi, e l'ingenuità del bambino che chiaramente rappresenta la priorità dei bisogni più elementari ed umani. Comunque, poco alla volta, anche il presidente si evolve. Travestito da musicista ambulante, diventa sempre più serio e pensoso a mano a mano che incontra persone che, senza riconoscerlo, imprecano contro di lui. Un chiaro valore simbolico possiede quella sequenza in cui fa a braccio di ferro col nipote: vince il nipote, naturalmente per gioco, ma serve a indicare che il bambino rappresenta la strada giusta per vivere in modo umano e dignitoso. Il presidente instaura un nuovo rapporto col nipote (per la prima volta si fa chiamare “nonno”) e arriverà perfino a caricarsi sulle spalle un uomo che era stato torturato e che viene a sapere esser stato colui che ha ucciso suo figlio.
La terza parte si svolge in riva al mare, dove il presidente aspetta qualcuno che dovrebbe venire a salvarlo. Qui il valore simbolico delle immagini è decisivo. Il presidente costruisce sulla battigia un palazzo di sabbia, segno di quel potere che vorrebbe restaurare, ma proprio in quel momento una folla inferocita si scaglia contro i lui. E qui l'autore, forse in modo un po' didascalico, affronta il grande tema della vendetta o della riconciliazione. Di fronte alle urla della gente che vorrebbe una vendetta crudele per tutto quello che ha patito, un uomo insorge per cercare di spezzare quel circolo vizioso di violenza cercando di risvegliare nei giustizieri un senso di responsabilità. Il bambino viene salvato perché innocente; il presidente sta per essere decapitato. Le immagini non mostrano quello che succede al presidente, ma sottolineano invece le onde del mare, che spazzano via il palazzo di sabbia, e il ballo del bambino, un ballo «per la democrazia».
Significazione. Come detto, il film può essere definito un apologo sul potere. Il potere, quando viene esercitato in modo dittatoriale, è disumano ed è destinato ad essere spazzato via dalla Storia. Solo un nuovo modo di rapportarsi con la gente, un modo rispettoso e democratico, può consentire la riconciliazione ed arrestare la violenza e il desiderio di vendetta. (Olinto Brugnoli)